Elezioni 2013. Programma di Rivoluzione Civile per la Conoscenza e la Cultura. 25 alunni per classe, formazione e reclutamento docenti trasparenti
red – Pubblichiamo il programma dettagliato di Rivoluzione Civile: stop a finanziamento scuole non statali, stop a privatizzazione e a scuola fino a 18 anni
red – Pubblichiamo il programma dettagliato di Rivoluzione Civile: stop a finanziamento scuole non statali, stop a privatizzazione e a scuola fino a 18 anni
La conoscenza, la cultura e l’informazione sono beni comuni, patrimonio di tutti, non privatizzabili e non mercificabili: sono diritti fondamentali e inalienabili. A tutti va garantito il diritto all’istruzione, il diritto di accesso all’informazione, alla produzione e alla fruizione della cultura.
Solo l’intervento pubblico può garantire un reale pluralismo e una reale indipendenza della produzione e dell’offerta di cultura e di informazione. Anche su questo si misurano oggi disuguaglianza e deficit di democrazia in Italia: non solo tra chi ha e chi non ha, ma anche tra chi sa e chi non sa.
SCUOLA: TORNARE ALLA COSTITUZIONE
Le controriforme varate dal ministro Gelmini a partire dal 2008 hanno rappresentato il più profondo ed organico attacco alla scuola pubblica, disegnando un sistema scolastico impoverito – nelle risorse, nel tempo e nella qualità – di ispirazione apertamente classista. Esse si iscrivono in un disegno, che viene da lontano, di frantumazione del sistema scolastico e di distruzione dei suoi fondamenti costituzionali portato avanti anche dal governo Monti, con il concorso delle forze politiche che lo hanno sostenuto. Non è un caso che l’Italia sia uno dei Paesi europei che spende sempre meno per l’istruzione in rapporto alla ricchezza prodotta. Sul versante parlamentare, la maggioranza PD-PDL- UDC si è resa responsabile, con l’approvazione alla Camera del disegno di legge ex-Aprea, di una ulteriore spinta verso la privatizzazione del sistema scolastico, la sua frammentazione e la negazione della democrazia scolastica.
Un nuovo inizio
Vogliamo invertire questa tendenza. Nell’immediato, devono essere recuperati i pesanti tagli operati dai governi Berlusconi e Monti, mentre vanno eliminati i finanziamenti pubblici, diretti ed indiretti, alle scuole private.
Vanno ritirate le riforme Gelmini e il blocco degli organici imposto dalle ultime leggi finanziarie, diminuito il numero di alunni per classe, restituito alla scuola primaria quanto le è stato sottratto a partire dal tempo pieno e dalla eliminazione del maestro unico, accrescendo contemporaneamente l’offerta formativa.
Occorre fermare definitivamente qualsiasi progetto di privatizzazione del sistema di istruzione, come era stato tentato dal governo Monti. La scolarizzazione fino al 18° anno di età è condizione imprescindibile per garantire a tutte e a tutti un livello di formazione adeguato per essere cittadini consapevoli.
Vogliamo riportare subito il Fondo nazionale per il diritto allo studio ai livelli precedenti al 2008 e incrementarlo progressivamente per estendere la platea dei beneficiari.
Vogliamo che sia rispettato il limite di 25 alunni per classe, 20 in presenza di alunni con disabilità, e che si torni indietro dalla costituzione di mega-istituti scolastici, ingovernabili e didatticamente inadeguati. È indispensabile garantire alle nostre scuole stabilità degli organici per contrastare la discontinuità didattica e la conseguente dispersione scolastica, partendo dalla stabilizzazione del personale precario che, a pieno titolo, da anni, garantisce il funzionamento delle nostre scuole, e valorizzare la professionalità dei docenti e del personale ATA.
Vogliamo, perciò, introdurre l’organico funzionale. Occorre, inoltre, istituire percorsi di formazione e reclutamento, trasparenti e strettamente connessi tra loro, in modo da evitare la formazione del nuovo precariato scolastico e fornire a nuove generazioni di insegnanti la garanzia di un impiego stabile nella scuola.
La libertà di insegnamento, garantita dalla Costituzione, è sempre più esposta al rischio di interferenze esterne ed ai condizionamenti di valutazioni come i test INVALSI. Essa deve, invece, potersi esplicare pienamente, nell’ambito e nei limiti delle scelte didattiche adottate collegialmente. La scuola pubblica deve rimanere luogo di incontro e di confronto tra le diverse culture. Vogliamo perciò che recuperi fino in fondo la sua ispirazione pluralista, contro ogni ingerenza confessionale e qualsiasi forma di discriminazione.
Vogliamo ridare ruolo e poteri agli organi collegiali a tutti i livelli per un governo democratico e partecipato delle scuole e dell’intero sistema.
UNIVERSITÀ E RICERCA
L’università pubblica, disegnata dalla Costituzione, è un presidio insostituibile di democrazia. Allo stesso modo il carattere pubblico della ricerca deve essere garantito in quanto asse strategico di sviluppo. Vogliamo una radicale inversione di tendenza, politiche costruite sulle proposte dei soggetti che nell’università lavorano e studiano e che in questi anni si sono mobilitati contro i tagli.
Gelmini-Profumo: la continuità nella distruzione
La “riforma Gelmini” dell’università – avversata da un grande movimento di studenti, precarie e precari, ricercatori – ha introdotto nuovi e pesantissimi elementi di precarizzazione, e privatizzazione. Il ruolo dell’Anvur, e una discutibile interpretazione della valutazione, rischia di essere, assieme alla precarizzazione, un altro grimaldello per disciplinare e subordinare la ricerca a criteri di mercato. Monti ha solo aggravato la politica dei tagli e della sudditanza al mercato e oggi siamo al rischio default per molte università.
Un’altra università è possibile
Occorre un’altra idea di università, fondata sul sapere bene comune e sull’investimento di risorse sulla conoscenza. L’Italia ha bisogno di buone università, non di poche università "eccellenti" e magari private: occorre un piano pluriennale di investimenti, che adegui il FFO alla media OCSE e lo ripartisca equamente, garantendo una periodicità almeno triennale dei finanziamenti ordinari e sospendendo l’applicazione della quota premiale del fondo di finanziamento che negli scorsi anni ha coperto la politica dei tagli e penalizzato non le università peggiori, ma le università più povere, invertendo l’impianto neoliberista del Processo di Bologna e della strategia di Lisbona.
Proponiamo la difesa del valore legale del titolo di studio; l’istituzione di un ruolo unico della docenza; lo sblocco del turn- over; un piano straordinario per il reclutamento; l’elevamento del fondo per il diritto allo studio, per coprire tutti gli aventi diritto e l’abolizione del prestito d’onore; l’introduzione di una sola tipologia contrattuale a tempo determinato; la radicale riforma degli organismi di autogoverno universitario, escludendo qualsiasi presenza di privati; il blocco immediato dei finanziamenti alle università private.
Vogliamo il ripensamento radicale dell’ANVUR e delle politiche di valutazione: ossia un sistema di valutazione, partecipato e condiviso, che serva a orientare gli investimenti e migliorare il sistema.
Vogliamo soprattutto riaprire le porte dell’università ai nuovi docenti, oggi costretti a un precariato senza fine o addirittura al lavoro gratuito (bisogna eliminare i dottorati senza borsa e le assistenze gratuite di cattedra), avviando procedure di selezione del corpo docente trasparenti, comparabili e fondate sulla legalità, eliminando ogni conflitto di interesse.
Sugli enti pubblici di ricerca
Occorre, inoltre, tornare a investire sulla ricerca pubblica e sugli enti pubblici di ricerca, salvaguardando in primo luogo la committenza sociale della ricerca stessa, la ricerca libera, quella fondamentale. La ricerca degli enti ha, infatti, la funzione di monitorare e fornire elementi per rendere più efficaci le politiche istituzionali sul territorio.
È essenziale la stabilizzazione dei precari e una riforma della governance degli enti pubblici di ricerca.
PER LA CULTURA E UN’INFORMAZIONE LIBERA
I governi Berlusconi hanno portato un attacco di inaudita violenza alla cultura e all’informazione, perché la cultura e l’informazione servono a rendere le persone “cittadini consapevoli”.
Il Fondo unico dello spettacolo è stato ridotto alla metà circa: da 500 milioni di euro in totale – cifra che in Francia serve a finanziare il solo cinema – è stato portato a poco più di 200 milioni.
Si sono messe pesantemente “le mani” sul servizio pubblico radiotelevisivo portandolo verso una lenta privatizzazione e accentrando enormemente i poteri nelle sole mani del direttore generale.
In Italia la spesa per la cultura è di 1 miliardo e ottocentomilioni di euro, pari allo 0,2 % del Pil, mentre la Francia stanzia 12 miliardi di euro l’anno, la Germania 8,6 miliardi, la Gran Bretagna 5,3.
Un nuovo inizio per la cultura e il sistema delle comunicazioni
– Dobbiamo portare l’investimento nella cultura almeno all’1% del Pil. I settori della produzione culturale devono essere finanziati tramite la fiscalità generale e la fiscalità di scopo.
– Per tutti i settori culturali (teatro, cinema, musica, spettacolo viaggiante, artisti di strada, editoria libraria e carta stampata) vogliamo leggi di sistema che garantiscano risorse certe e pluralismo dell’offerta culturale e delle strutture produttive, sostegno alla produzione e distribuzione indipendente, normative antitrust, formazione professionale e del pubblico, sostegno all’associazionismo culturale, rilancio delle istituzioni culturali pubbliche.
– Vogliamo leggi che garantiscano finalmente ai lavoratori della cultura i diritti di tutti i lavoratori: ammortizzatori sociali, malattie professionali, infortuni sul lavoro, maternità, diritto alla pensione, e riconoscano il carattere “intermittente” del loro lavoro.
– Vogliamo la defiscalizzazione degli investimenti in cultura e l’Iva al 4% per tutte le opere e alle attività culturali.
– Proponiamo leggi di tutela, conservazione e valorizzazione dei beni culturali ed artistici da parte dello Stato e delle strutture pubbliche, che garantiscano tra l’altro investimenti certi per la riconversione del nostro territorio e la sua messa in sicurezza.
E nell’immediato un piano straordinario di manutenzione ordinaria del patrimonio culturale con lo sblocco delle assunzioni per le sovraintendenze e il riconoscimento di tutte le professionalità del settore del restauro e dell’archeologia.
– Leggi che tutelino da un lato la possibilità di scaricare opere audiovisive o musicali dalla rete ad uso personale e dall’altro il diritto d’autore come compenso economico del lavoro creativo ed artistico e come diritto morale a difesa dell’integrità e del destino della propria opera.
– Per quanto riguarda il sistema delle comunicazioni vogliamo innanzitutto la legge sul conflitto di interessi e una legge antitrust che rompa gli attuali oligopoli, riapra il mercato della pubblicità e impedisca la nascita di nuove posizioni dominanti lesive della concorrenza e del pluralismo. Una riforma che ribadisca la centralità del servizio pubblico radiotelevisivo e che garantisca una gestione democratica e partecipata, pluralista e decentrata della Rai. Eliminare l’ingerenza dei partiti nominando i membri del cda su curricula e progetti editoriali scelti tra personalità della cultura, del lavoro, dell’informazione, della produzione culturale. Assunzioni per concorso pubblico sia nelle reti che nelle testate.
IN SINTESI
1. Riaffermare che conoscenza, cultura, informazione sono beni comuni, diritti fondamentali non privatizzabili e mercificabili;
2. Difendere la libertà di insegnamento minacciata da procedure arbitrarie di valutazione (Invalsi, Anvur).
3. Abrogare le controriforme Gelmini di scuola e università. Aumentare i finanziamenti a scuola, università, ricerca pubbliche, recuperando i tagli operati da Berlusconi e Monti, eliminare i finanziamenti agli istituti privati. Bloccare ogni tentativo di privatizzazione e frammentazione del sistema scolastico-universitario e riaffermare la democrazia interna.
4. Innalzare l’obbligo scolastico a 18 anni.
5. Introdurre l’organico funzionale, stabilizzare il personale precario nelle scuole di ogni ordine e grado, nelle università e negli enti pubblici di ricerca.
6. Portare l’investimento nella cultura almeno all’1% del Pil, sostenere la produzione e distribuzione indipendente e le istituzioni culturali pubbliche, varare un piano straordinario di manutenzione del patrimonio culturale con lo sblocco delle assunzioni.
7. Garantire ai lavoratori della cultura i diritti di tutti i lavoratori, dagli ammortizzatori sociali alle malattie professionali, dagli infortuni sul lavoro al diritto a maternità e pensione. Riconoscere il carattere “intermittente” del loro lavoro.
8. Rompere gli oligopoli nel sistema della comunicazione, varando la legge sul conflitto di interessi e una legge antitrust. Ribadire la centralità del servizio pubblico radiotelevisivo, eliminando l’ingerenza dei partiti, e garantendo una gestione democratica e partecipata della Rai. Assunzioni per concorso pubblico.