Precaria storica: alla fine non conta essere sopravvissuti ogni anno, pandemia e DAD incluse. Lettera

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Inviata da Laura Monno – “Sto sperimentando questa, per me nuova, condizione di totale AFONIA. Non parlo e se parlo non sento nulla di quello che dico. Una condizione di totale beatitudine per chi abita la mia casa. Dicevano che si smette di parlare quando non si ha più voce per urlare, come se la repressione di tutti i pensieri fosse stata così violenta da implodere in un dolore sordo e invalidante, tale da ammutolirmi definitivamente.

E a pensarci bene qualcosa da dire io l’avrei, non a caso in questi giorni. Ho bisogno forse di chiudere il cerchio su anni di lavoro, sminuiti sempre ed in ogni modo da chiunque. Per le poche ore effettive e per le infinite vacanze. A giudicare dalla stupidità dei concorsi, questo sogno può diventare anche la vostra realtà. Prego, avanti, c’è posto davvero per tutti. Nessuno escluso. Garantisco che una perizia psichiatrica, un test antipedofilia non li fanno a nessuno, andiamo bene tutti. Meglio se abili nelle crocette, senza carta, senza penna e con tantissima frustrazione alle spalle. Venghino siori, venghino!
Poi però in classe ci devi stare.

Devi imparare i nomi e cognomi di almeno un centinaio di ragazzini ogni anno, e devi distinguerli fin da subito, perchè per loro è importante. Per loro sei solo una, non sanno che tu ne hai almeno cento. Alla storia del “vivila con distacco” ci puoi credere, ma per una migliore riuscita della performance garantisco che nelle loro vite ci devi stare. Ed in ognuna in modo diverso dall’altra. A gamba tesa, in punta di piedi, restando in disparte, ma sei sempre lì, sai che da tutto quello che ruota nella vita di quell’essere, dipenderà la riuscita o no della sua equazione o del suo problema di fisica.

Io ho speso gli ultimi sette anni della mia vita così, ho deciso di farlo. Dopo la laurea, il dottorato, il master, e vari ping-pong aziendali, ho deciso IO di insegnare. Non come ripiego, non come estrema ratio, no. Come vera e propria scelta, anteponendo la speranza dell’utilità del riscontro umano, allo sporadico eccitamento nerd da “no syntax error”, ma a tempo indeterminato. E mi ci sono buttata, senza pensare al poi. L’idea era che se mi fosse davvero piaciuto, come immaginavo, tutto si sarebbe aggiustato. Ed in questo devo dire che sono stata accontentata. Dopo lunghi sette anni, degni di tutta la gavetta che nessuna delle peggiori aziende ti obbligherebbe mai, anche in italia, qualcosa si concretizza. L’aver tappato buchi per anni, preso i mal di pancia di malattie altrui, doppie scuole, orari improponibili, punteggi negati, algoritmi impazziti e il cambiare scuola ogni anno, trova finalmente il suo lieto fine. Dopo anni di pura incertezza, finalmente I supremi Power Rangers del Merito mettono in scena una mega “stabilizzazione a pagamento” dei precari storici.
-Quando?
-Entro Luglio, ma si è fatto Novembre inoltrato, che faccio lascio?
-E lasci, tanto son scemi, vuoi che se ne accorgano?
No, non può essere rinviata, deve avvenire adesso. E quindi come nel momento peggiore del gioco Macedonia, qualcuno sta per urlare proprio “Macedonia” e ci dobbiamo spostare tutti! Ad ormai DICEMBRE!

Ad anno scolastico avviato, cassetto avuto con fatica ma ormai arredato, orario fatto e congelato, nomi e cognomi imparati a memoria, disagi emotivi ipotizzati e confermati, disagi mentali verificati e molti altri supposti ma da verificare, grafie codificate, animali domestici associati, stati ansiosi catalogati, posologia dei farmaci principali registrata, diatribe familiari acquisite al netto di nuovi episodi non ancora doppiati… e niente ciao, io vado, domani verrà qualcun altro.
-Perché? Eh, perché?

Perché alla fine non conta essere sopravvissuti ogni anno, pandemia e DAD incluse, di aver servito e di essere serviti al Ministero del Merito quali esperti autodidatti della materia e istrionici improvvisatori della qualunque.

Dopo tutto questo tempo, quello che conta è poter avere la certezza di essere meritevoli del nostro posto da occupare a vita.
E se una logica spicciola vorrebbe che questa decisione sarebbe il caso di lasciarla semplicemente all’utenza; in un mondo figlio dei feedback sarebbe un attimo essere dentro o fuori, incoronabili o bannati per sempre. E invece la slogica dei soldoni vuole che dovremmo versare entro Gennaio 2023 una tassa alle Università dall’importo sconosciuto. Forse 150-500 euro da infilare nel porcellino smunto del Ministero cugino del Merito, perché accertino effettivamente che la storia delle isole Trobriand noi, l’abbiamo capita. Tutto questo vale un rimescolare i posti, ricominciare daccapo e dover dire nei prossimi giorni ai miei studenti: “ e voi che vi siete pure fidati di me, cretini!”.

E niente, allora io la voce per questa ennesima farsa proprio non ce l’ho!”

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