Pittoni (Lega): PAS cancellati, concorsi sono terno al lotto. Migliaia di precari rischiano di restare a casa

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Intervento del Senatore Mario Pittoni (Lega) per l’audizione del Ministro dell’istruzione Lucia Azzolina.

Mi rifaccio a cose che ho ricordato in occasione della dichiarazione di voto sul decreto Scuola. Qualche anno fa, la spallata principale al governo Renzi arrivò dal mondo della scuola.

L’allora segretario del Pd aveva promosso la cosiddetta “Buona scuola”, costruita facendo parlare tutti, ma senza ascoltare nessuno. Esattamente ciò a cui stiamo assistendo con l’attuale gestione del ministero dell’Istruzione.

Dopo quell’esperienza disastrosa, ci illudevamo che il centrosinistra avesse preso coscienza dell’effetto moltiplicatore del consenso, o del dissenso, caratteristico del settore. Ma a giudicare dalle scelte del governo M5S, PD, IV, LEU per quanto riguarda il decreto Scuola, pare proprio di no.

Com’è nato quel decreto? Le prime cinque forze sindacali si erano compattate su due precise richieste (in aggiunta ovviamente all’adeguamento degli stipendi): concorsi riservati per stabilizzare il precariato storico, che per alcune categorie è in lista d’attesa addirittura da un quarto di secolo (poi ci chiediamo perché le famiglie non mettono al mondo figli!), e percorsi abilitanti formativi e selettivi regolari (come chiede l’Europa, altrimenti si rischia il mancato riconoscimento all’estero), senza i quali – per esempio – è preclusa la carriera nelle scuole paritarie, mettendo a rischio la stessa sopravvivenza di tali strutture.

Il governo Conte 1 trattò, con successo, la rinuncia allo sciopero generale annunciato per la vigilia delle elezioni Europee, in cambio del via libera ai concorsi riservati (impegno peraltro già presente al punto 22 del contratto di governo M5S/Lega, dove si parlava di “fase transitoria” per il superamento del precariato cronico) e ai percorsi abilitanti (i cosiddetti PAS, già collaudati nel 2013).

Non solo: in fase di conversione del decreto, eravamo già pronti ad aggiungere una serie di interventi risolutivi per una serie di altre criticità, abbondantemente anticipati sulla stampa specializzata.
Inspiegabilmente, però, il M5S si mise di traverso imponendo la formula del “salvo intese” e il provvedimento non vide mai la luce.

E il nuovo intervento varato dal Conte 2, invece di tendere la mano ai precari esperti, sfruttati da una vita, cancella di fatto i Percorsi abilitanti e rende i concorsi riservati un terno al lotto, che rischia di lasciare a casa – cosa che in Italia a una certa età equivale alla morte civile per la difficoltà di trovare un’altra occupazione – decine di migliaia di precari storici.

Coloro, cioè, per i quali tali concorsi erano stati pensati, convincendo – come detto – i sindacati ad accettare la rinuncia allo sciopero generale.
In risposta alle conseguenti accese proteste delle categorie interessate oltre che dei sindacati, il Governo aveva ancora la possibilità di limitare i danni di quanto approvato alla Camera.
Al Senato avevamo infatti presentato una serie di proposte correttive, che almeno in parte avrebbero riportato il decreto sulla linea concordata con le forze sindacali.

Ma pare che il rispetto degli impegni con organizzazioni che rappresentano oltre il 90% dei tesserati in un settore che è il più sindacalizzato in assoluto con due iscritti su tre, non sia tra le priorità dell’attuale maggioranza M5S, PD, IV e LEU.
Dalla maggioranza in commissione è arrivato il no secco a qualsiasi correzione al testo approvato alla Camera. Fatto che dal nostro punto di vista rappresenta il suicidio politico del M5S nel mondo dei precari della scuola, ai quali in campagna elettorale aveva invece fatto promesse di ogni genere.
Ma soprattutto rappresenta la perdita definitiva di credibilità in questo settore del PD, pronto ormai ad appiattirsi su qualsiasi scelta grillina, pur di non ridare la parola ai cittadini per il terrore dei suoi parlamentari di non tornare in Parlamento. Invece che investire sul futuro, ci si incolla cioè alle poltrone.

Mostrando di non aver imparato nulla dalle esperienze precedenti (l’ultimo governo Prodi, che pretendeva di reggersi sul margine di un solo voto, fu pesantemente punito nell’elezione successiva).
Certo, gioirà il mercato dei corsi e delle pubblicazioni preparatorie ai concorsi. Ma dove sono gli interventi da tempo attesi da decine di migliaia di precari e “ingabbiati” della scuola?

Non si intravvede alcun percorso specifico per il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento dedicato a docenti in possesso di adeguata esperienza professionale.

Non c’è traccia del corso di specializzazione per l’insegnamento di sostegno nelle scuole di ogni ordine e grado dedicato specificamente a coloro che sono in servizio, a qualunque titolo e legittimamente, su posti di sostegno della scuola primaria, secondaria e dell’infanzia senza essere in possesso del titolo di specializzazione.

Non c’è traccia della programmazione del percorso accademico ordinario per conseguire l’abilitazione, strumento indispensabile per l’insegnamento previsto dalla normativa comunitaria oltre che da quella nazionale.

Non c’è traccia di un vero concorso riservato per gli insegnanti di religione, in attesa di entrare in ruolo anche da più di vent’anni. Non c’è traccia delle nostre proposte per limitare i danni dei ritardi nel concorso transitorio della secondaria.

Non c’è traccia dei posti da assegnare al concorso ordinario. Non viene affrontata in modo adeguato l’emergenza delle scuole prive di DSGA e non si corrisponde agli impegni presi in merito ai cosiddetti “DSGA facenti funzione”.

Non c’è infine alcuna disposizione che risolva il problema dei docenti di scuola primaria diplomati magistrale ante 2001/2002 licenziati a seguito di giudizi definitivi, ma non ricompresi nel novero dei partecipanti al concorso straordinario indetto nel 2018 in forza delle disposizioni contenute nel decreto Dignità.

Caro Ministro, il rifiuto dell’ascolto, la superficialità, l’arroganza di legiferare senza aver trovato il tempo di approfondire le singole tematiche nella convinzione di sapere già tutto, sono errori che in un settore articolato come l’istruzione si pagano e si pagano cari.

Che vi presentiate come eredi (falsi) della vecchia tradizione di sinistra a difesa delle classi deboli e in generale dei ceti popolari, o facendovi chiamare “cittadini” per confondere le idee, state perdendo probabilmente l’ultima occasione per mostrare attenzione al grido disperato di chi chiede solo di non finire ai margini della società dopo aver dato alla scuola i propri anni migliori, con ampie dimostrazioni di essere all’altezza del compito. E in tempi di coronavirus, senza un’inversione di marcia, l’incubo è destinato ad amplificarsi oltre misura.

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