Pittoni (Lega): le nostre linee guida sulla scuola. Tra le novità: domicilio professionale per evitare mobilità forzosa e costo standard per le scuole

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comunicato Pittoni (Lega) – «La nostra rivoluzione nella scuola? Semplicemente che ogni scelta sarà dettata dal buon senso, nel rispetto delle categorie interessate».

Parole di Mario Pittoni, già capogruppo della Lega Nord in commissione Istruzione del Senato, cui Matteo Salvini ha affidato la responsabilità “federale” per quanto riguarda Scuola e Università.

«Come anticipato alla convention di Piacenza – spiega Pittoni -, dopo una fase transitoria per risolvere le criticità sedimentatesi in questi anni (rispettando le peculiarità delle singole categorie), punteremo al superamento dei trasferimenti più o meno forzosi di insegnanti da una parte all’altra della Penisola. Vi sono realtà dove le famiglie minacciano il trasferimento dei figli in altro istituto per i troppi avvicendamenti di docenti. Con la “Buona scuola” il valzer delle cattedre è triplicato. Nel 2016 250 mila insegnanti, quasi un terzo dell’intero corpo docente, si sono spostati, mettendo in difficoltà 2 milioni e mezzo di studenti (meno continuità didattica si traduce in più fallimenti scolastici).

Il “domicilio professionale” consentirà di scegliere in totale libertà la regione dove proporsi, visto che gli stipendi attuali non consentono più di gestire trasferte di centinaia di chilometri da dove si hanno affetti e interessi. Una volta chiarito che in ambito regionale il confronto sarà a pari condizioni, il candidato orienterà la valutazione di dove concorrere, anche sulla base del proprio grado di preparazione in rapporto alla qualità media degli altri iscritti e dei posti disponibili, innescando un meccanismo virtuoso ispirato ai principi del federalismo.

Stiamo poi lavorando al “costo standard di sostenibilità” delle scuole che, stando ad alcuni studi, potrebbe liberare parecchi miliardi da reinvestire in qualità. Operazione, peraltro, da noi già avviata nel 2010 per l’università e attualmente a circa due terzi del percorso, con buoni risultati recentemente anche al Sud.

Una volta a regime, l’intero Fondo di finanziamento ordinario degli atenei (circa 7 miliardi) sarà distribuito con criteri per il 70% oggettivi (costi standard) e per il 30% premiali, come nei Paesi più avanzati.

Intendiamo pure rivedere l’accesso ai corsi universitari a numero programmato, che oggi avviene tramite test tutt’altro che affidabili. Riteniamo vada garantita una chance a tutti i candidati, scremandoli dopo un certo periodo (un anno?) in base a un adeguato numero di esami da superare. I migliori dovranno poter scegliere il corso di laurea d’interesse, fino all’esaurimento dei posti. In altre nazioni come la Francia è già così: la selezione per Medicina avviene dopo il primo anno di università e un breve tirocinio in ospedale».

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