PI e PAI, un coacervo di acronimi: in allegato alcuni esempi da scaricare

WhatsApp
Telegram

Nella scuola delle sigle e delle denominazioni, nonché del prosperare della normativa di questi ultimi anni, sono frequenti gli errori nei quali incorrono, anche involontariamente, gli operatori scolastici. Errori basati, talvolta, sulla presunzione che facendo leva sulla prassi si possa davvero rispondere alla nuova mission e alla nuova vision della scuola italiana, nonché alla nuova riorganizzazione e alla compilazione dei nuovi documenti.

Prima di disquisire sui tre acronimi è il caso di ricordare che la Costituzione e le leggi della Repubblica tutelano il diritto allo studio di tutti i bambini e ragazzi, senza alcuna eccezione e che non sono previsti casi (sarebbe impossibile prevederli) di discriminazioni, esclusioni e marginalizzazioni praticati dalle scuole pubbliche italiane. Tale affermazione è espressa compiutamente all’art. 24 della Convenzione sui Diritti del Disabili del 2006, che è stata ratificata dall’Italia nel 2009 e che è utile ricordare qui: “Gli Stati riconoscono il diritto all’istruzione delle persone con disabilità. Allo scopo di realizzare tale diritto senza discriminazioni e su base di pari opportunità, gli Stati Parti garantiscono un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli ed un apprendimento continuo lungo tutto l’arco della vita”.

Il riferimento del nostro articolo, stavolta, va agli acronimi PAI e PI.

Il Piano per l’inclusione (PI)

Il Piano per l’inclusione (PI), di cui abbiamo parlato affonda le sue radici nel Decreto Legislativo 7 agosto 2019, n. 96 che contiene “Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66, recante: «Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera c), della legge 13 luglio 2015, n. 107».

Come afferma Massimo Rolla, giurista scolastico, “il decreto Inclusione (decreto legislativo n. 96 del 7 agosto 2019 recante Disposizioni integrative e correttive al Decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66, recante: «Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera c), della Legge 13 luglio 2015, n. 107») è stato pubblicato lo scorso 28 agosto nella Gazzetta Ufficiale ed è entrato in vigore il 12 settembre 2019”.

Ai fini della programmazione di un percorso formativo ed educativo e della progettazione, il decreto n. 66/2017 (art.8) prevede che ciascuna scuola predisponga il PI (Piano per l’Inclusione), ossia il principale documento programmatico in materia, con il quale sono definite le modalità per l’utilizzo delle risorse e gli interventi di miglioramento della qualità dell’inclusione scolastica. Analizzare il contesto ove si opera permette la progettazione di percorsi e di azioni educative attente al singolo e, valorizzandone attitudini e stili cognitivi, l’aumento del capitale umano, sociale e culturale individuale e collettivo. Con il D.Lgs. n. 66/2017 trovano riconoscimento legislativo le anticipazioni contenute nella C.M. n. 8 del 6 marzo 2013 avente ad oggetto “Direttiva Ministeriale 27 dicembre 2012 “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”, la quale introduceva nelle scuole le categorie dell’inclusività, invitando i collegi dei docenti alla costruzione del Piano annuale per l’inclusività.

La legge 13 luglio 2015, n. 107

La legge 13 luglio 2015, n. 107 proprio facendo leva sulla variegata giurisprudenza e sulle molteplici sovrapposizioni ha previsto (cosa poi attuata dal nel Decreto Legislativo 7 agosto 2019, n. 96) un riordino e una semplificazione della normativa esistente, servendosi del dispositivo dell’art. 15 del C.C., ovvero “Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore”. Ciò si base sul principio giuridico del “lex posterior derogat legi priori” quale criterio di risoluzione delle antinomie che possono eventualmente verificarsi tra disposizioni normative successive. Anche nel caso in cui non fosse sufficientemente chiaro cosa fare.

L’articolo 1, comma 180 prevede, infatti, che, il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi al fine di provvedere al riordino, alla semplificazione e alla codificazione delle disposizioni legislative in materia di istruzione, anche in coordinamento con le disposizioni di cui alla presente legge.

Il comma 181 dello stesso articolo prevede che i decreti legislativi di cui al comma 180 sono adottati nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui all’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, nonché, nel caso che ci riguarda, del seguente principio “c) promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità e riconoscimento delle differenti modalità di comunicazione” attraverso:

1) la ridefinizione del ruolo del personale docente di sostegno al fine di favorire l’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, anche attraverso l’istituzione di appositi percorsi di formazione universitaria;

2) la revisione dei criteri di inserimento nei ruoli per il sostegno didattico, al fine di garantire la continuità del diritto allo studio degli alunni con disabilità, in modo da rendere possibile allo studente di fruire dello stesso insegnante di sostegno per l’intero ordine o grado di istruzione;

3) l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni scolastiche, sanitarie e sociali, tenuto conto dei diversi livelli di competenza istituzionale;

4) la previsione di indicatori per l’autovalutazione e la valutazione dell’inclusione scolastica;

5) la revisione delle modalità e dei criteri relativi alla certificazione, che deve essere volta a individuare le abilità residue al fine di poterle sviluppare attraverso percorsi individuati di concerto con tutti gli specialisti di strutture pubbliche, private o convenzionate che seguono gli alunni riconosciuti disabili ai sensi degli articoli 3 e 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e della legge 8 ottobre 2010, n. 170, che partecipano ai gruppi di lavoro per l’integrazione e l’inclusione o agli incontri informali;

6) la revisione e la razionalizzazione degli organismi operanti a livello territoriale per il supporto all’inclusione;

7) la previsione dell’obbligo di formazione iniziale e in servizio per i dirigenti scolastici e per i docenti sugli aspetti pedagogico‐didattici e organizzativi dell’integrazione scolastica;

8) la previsione dell’obbligo di formazione in servizio per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario, rispetto alle specifiche competenze, sull’assistenza di base e sugli aspetti organizzativi ed educativo‐relazionali relativi al processo di integrazione scolastica;

9) la previsione della garanzia dell’istruzione domiciliare per gli alunni che si trovano nelle condizioni di cui all’articolo 12, comma 9, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

PI, Decreto Legislativo 13 aprile 2017, n. 66 e Decreto Legislativo 7 agosto 2019, N. 96

Il Decreto Legislativo 7 agosto 2019, N. 96 fonda le su radici sulla legge 13 luglio 2015, n. 107, recante «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti», e in particolare l’articolo 1, commi 180, 181, lettera c), 182 e 184; e sul decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66, recante «Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera c), della legge 13 luglio 2015, n. 107»; Ritenuto di dover procedere ad adottare disposizioni integrative e correttive del predetto decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66. Ricordiamo che l’articolo 8 del Decreto Legislativo 13 aprile 2017, n. 66 ha introdotto all’articolo 8 il Piano per l’inclusione affermando al comma 1 che “Ciascuna istituzione scolastica, nell’ambito della definizione del Piano triennale dell’offerta formativa, predispone il Piano per l’inclusione che definisce le modalità per l’utilizzo coordinato delle risorse, compresi il superamento delle barriere e l’individuazione dei facilitatori del contesto di riferimento nonché per progettare e programmare gli interventi di miglioramento della qualità dell’inclusione scolastica”; e al comma 2 che “Il Piano per l’inclusione è attuato nei limiti delle risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili”. sottolineiamo che il fatto che sia inserito nel PTOF non significa che non segua lo sviluppo annuale della scuola, considerato che il PTOF è aggiornato annualmente (docenti, orario, vincoli, potenziamento, progetti, inclusione, etc). La stessa legge prevede, all’articolo 9 (ai commi 8 e 9), che il GLI ha il compito di supportare il collegio dei docenti nella definizione e realizzazione del Piano per l’inclusione nonché i docenti contitolari e i consigli di classe nell’attuazione dei PEI; e che in sede di definizione e attuazione del Piano di inclusione, il GLI si avvale della consulenza e del supporto degli studenti, dei genitori e delle associazioni delle persone con disabilità maggiormente rappresentative del territorio nel campo dell’inclusione scolastica. Al fine di realizzare il Piano di inclusione e il PEI, il GLI collabora con le istituzioni pubbliche e private presenti sul territorio.

Assegnazione delle risorse per il sostegno didattico

Che sia il Piano per l’Inclusione il punto nevralgico di tutto, lo si evince dall’articolo 10 del Decreto Legislativo 13 aprile 2017, n. 66 prevede che sia il dirigente scolastico, sentito il GLI e sulla base dei singoli PEI, a proporre al GIT la quantificazione dell’organico relativo ai posti di sostegno, diviso per ciascun grado di istruzione, inclusa la scuola dell’infanzia; e che sia il GIT, in qualità di organo tecnico, a verificare la quantificazione delle risorse di sostegno didattico effettuata da ciascuna scuola e formula una proposta all’USR, proprio sulla base del Piano per l’inclusione, dei Profili di funzionamento, dei Piani educativi individualizzati, dei Progetti individuali ove esistenti, trasmessi dai singoli dirigenti scolastici.

Continuità del progetto educativo e didattico

L’articolo 14 del Decreto Legislativo 13 aprile 2017, n. 66 prevede che la continuità educativa e didattica per le bambine e i bambini, le alunne e gli alunni, le studentesse e gli studenti con disabilità certificata è garantita dal personale della scuola, dal Piano per l’inclusione e dal PEI. Per valorizzare le competenze professionali e garantire la piena attuazione del Piano annuale di inclusione, il dirigente scolastico propone ai docenti dell’organico dell’autonomia di svolgere anche attività di sostegno didattico, purché in possesso della specializzazione, in coerenza con quanto previsto dall’articolo 1, commi 5 e 79, della legge 13 luglio del 2015, n. 107.

Valutazione della qualità dell’inclusione scolastica

L’articolo 4 del Decreto Legislativo 13 aprile 2017, n. 66 prevede che la valutazione della qualità dell’inclusione scolastica è parte integrante del procedimento di valutazione delle istituzioni scolastiche previsto dall’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 2013, n. 80.

L’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI), in fase di predisposizione dei protocolli di valutazione e dei quadri di riferimento dei rapporti di autovalutazione, sentito l’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica di cui all’articolo 15 del presente decreto, definisce gli indicatori per la valutazione della qualità dell’inclusione scolastica sulla base dei seguenti criteri:

a) livello di inclusività del Piano triennale dell’offerta formativa come concretizzato nel Piano per l’inclusione scolastica;

b) realizzazione di percorsi per la personalizzazione, individualizzazione e differenziazione dei processi di educazione, istruzione e formazione, definiti ed attivati dalla scuola, in funzione delle caratteristiche specifiche delle bambine e dei bambini, delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti;

c) livello di coinvolgimento dei diversi soggetti nell’elaborazione del Piano per l’inclusione e nell’attuazione dei processi di inclusione.

Gli esempi strutturati di PI

Numerosi sono gli esempi assai lapalissiani del fatto che il Piano per l’Inclusione sia la scelta più inclusiva che la scuola possa compiere. Uno tra questi merita d’essere citato come esempio di “Buona scuola”, quello dell’IIS-ITC n°2 “Beccaria” di Carbonia (Istituto Tecnico Settore Economico (Carbonia), Istituto Professionale Settore Servizi per l’Agricoltura (Santadi e Villamassargia)) diretto con particolare attenzione e competenza dal dirigente scolastico prof.ssa Anna Dessì. PI che parte dall’analisi proprio dalla rilevazione dei BES presenti: con attenzione alla loro classificazione: disabilità certificate (Legge 104/92 art. 3, commi 1 e 3), DSA, ADHD/DOP, Borderline cognitivo, altro; svantaggio (Socio-economico, Linguistico-culturale, Disagio comportamentale/relazionale). Errata, quindi, l’interpretazione arbitraria operata da qualche avventuriero della normativa scolastica secondo la quale il PI si riferisca solo alla disabilità. Altro ottimo esempio quello dell’Istituto Comprensivo Statale “C. Ederle” Scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado ad indirizzo musicale di Villa Bartolomea (VR) diretto con attenzione particolare alla didattica e alla sfera organizzativa dalla Prof.ssa Cristina Ferrazza. Anche in questo caso il documento evidenzia che “Con il D.Lgs. n. 66/2017 trovano riconoscimento legislativo le anticipazioni contenute nella C.M. n. 8 del 6 marzo 2013 avente ad oggetto “Direttiva Ministeriale 27 dicembre 2012 “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”, la quale introduceva nelle scuole le categorie dell’inclusività, invitando i collegi dei docenti alla costruzione del Piano annuale per l’inclusività”. Infatti, si evince dal documento ottimamente strutturato che “ai fini della programmazione e della progettazione, il decreto n. 66/2017 (art.8) prevede che ciascuna scuola predisponga il PI (Piano per l’Inclusione), ossia il principale documento programmatico in materia, con il quale sono definite le modalità per l’utilizzo delle risorse e gli interventi di miglioramento della qualità dell’inclusione scolastica. Analizzare il contesto ove si opera permette la progettazione di percorsi e di azioni educative attente al singolo e, valorizzandone attitudini e stili cognitivi, l’aumento del capitale umano, sociale e culturale individuale e collettivo”. Altro esempio che rappresentiamo per chi volesse confrontarsi con eccellenti realtà è quello dell’istituto Comprensivo N. 7 di Bologna, diretto da un dirigente scolastico davvero esemplare la professoressa Federica Roux, anch’essa icona di professionalità. Anche in questo caso il Piano per l’Inclusione va leva, prima della sua strutturazione e stesura, sull’analisi dei punti di forza e di criticità (relativa all’anno scolastico precedente), ovvero, su: Disabilità certificate (Legge 104/92 art. 3, commi 1 e 3), Minorati visivi, Minorati udito, Psicofisici; Disturbi evolutivi specifici, DSA (Legge 170/2010), ADHD/DOP, Altro; Svantaggio, Socioeconomico, Linguistico e Culturale. Ultimo valido esempio quello dell’Istituto Comprensivo “San Giovanni Bosco” di Manfredonia (FG) diretto in maniera superlativa dal professore Filippo Quitadamo.

PAI nel POF: Direttiva sui BES del 27/12/12 e dalla circolare ministeriale del 6/03/13

Il PAI (erroneamente a come sostengono alcuni) era inserito nel Piano dell’Offerta Formativa, è stato introdotto nell’ordinamento scolastico italiano dalla direttiva sui BES del 27/12/12 e dalla circolare ministeriale del 6/03/13 “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica – Indicazioni operative”. Si tratta di un documento che “fotografa” lo stato dei bisogni educativi /formativi della scuola e le azioni che si intende attivare per fornire delle risposte adeguate.

Circolare 27 giugno 2013 numero 1551

La circolare 1551 del 2013 che nessuno cita e che invece è assolutamente chiarificatrice in merito, evidenzia che scopo del Piano annuale per l’Inclusività (P.A.I.) è fornire un elemento di riflessione nella predisposizione del POF (declinazione annuale del PTOF), di cui il P.A.I. è parte integrante. Il P.A.I., infatti, non è stato mai inteso come un ulteriore adempimento burocratico, bensì come uno strumento che possa contribuire ad accrescere la consapevolezza dell’intera comunità educante sulla centralità e la trasversalità dei processi inclusivi in relazione alla qualità dei “risultati” educativi, per creare un contesto educante dove realizzare concretamente la scuola “per tutti e per ciascuno”. Esso è prima di tutto un atto interno della scuola autonoma, finalizzato all’auto-conoscenza e alla pianificazione, da sviluppare in un processo responsabile e attivo di crescita e partecipazione. In questa ottica di sviluppo e monitoraggio delle capacità inclusive della scuola – nel rispetto delle prerogative dell’autonomia scolastica – il P.A.I. non va dunque interpretato come un “piano formativo per gli alunni con bisogni educativi speciali”, ad integrazione del P.O.F. (in questo caso più che di un “piano per l’inclusione” si tratterebbe di un “piano per gli inclusi”). Il P.A.I. non è quindi un “documento” per chi ha bisogni educativi speciali, ma è lo strumento per una progettazione della propria offerta formativa in senso inclusivo, è lo sfondo ed il fondamento sul quale sviluppare una didattica attenta ai bisogni di ciascuno nel realizzare gli obiettivi comuni, le linee guida per un concreto impegno programmatico per l’inclusione, basato su una attenta lettura del grado di inclusività della scuola e su obiettivi di miglioramento, da perseguire nel senso della trasversalità delle prassi di inclusione negli ambiti dell’insegnamento curricolare, della gestione delle classi, dell’organizzazione dei tempi e degli spazi scolastici, delle relazioni tra docenti, alunni e famiglie.

Le didattiche inclusive

La circolare 1551 del 2013 va ancora oltre e specifica che tali complessi e delicati passaggi – proprio affinché l’elaborazione del P.A.I. non si risolva in un processo compilativo, di natura meramente burocratica anziché pedagogica – richiedono un percorso partecipato e condiviso da parte di tutte le componenti della comunità educante, facilitando processi di riflessione e approfondimento, dando modo e tempo per approfondire i temi delle didattiche inclusive, della gestione della classe, dei percorsi individualizzati, nella prospettiva di un miglioramento della qualità dell’integrazione scolastica, il cui modello – è bene ricordarlo – è assunto a punto di riferimento per le politiche inclusive in Europa e non solo.

Circolare 22 novembre 2013. n. 2563

La Circolare 22 novembre 2013. n. 2563 del Ministero dell’Istruzione sottolinea che il Piano annuale per l’inclusività deve essere inteso come un momento di riflessione di tutta la comunità educante per realizzare la cultura dell’inclusione, lo sfondo ed il fondamento sul quale sviluppare una didattica attenta ai bisogni di ciascuno nel realizzare gli obiettivi comuni, non dunque come un ulteriore adempimento burocratico, ma quale integrazione del Piano dell’offerta formativa, di cui è parte sostanziale (nota prot. 1551 del 27 giugno 2013). Scopo del piano è anche quello di far emergere criticità e punti di forza, rilevando le tipologie dei diversi bisogni educativi speciali e le risorse impiegabili, l’insieme delle difficoltà e dei disturbi riscontrati, dando consapevolezza alla comunità scolastica – in forma di quadro sintetico – di quanto sia consistente e variegato lo spettro delle criticità all’interno della scuola. Tale rilevazione sarà utile per orientare l’azione dell’Amministrazione a favore delle scuole che presentino particolari situazioni di complessità e difficoltà. Ed inoltre stabilisce che la personalizzazione non è mera questione procedurale, che riduce la relazione educativa a formule, acronimi, adempimenti burocratici; un corretto approccio, pertanto, si salda con quanto deliberato in termini generali nel Piano dell’offerta formativa rispetto alle tematiche dell’inclusione e del riconoscimento delle diversità, alla valorizzazione di ogni individuo nella comunità educante, alla capacità della scuola stessa di “individuare” soluzioni adeguate ai diversi problemi.

Paia.s.2020_21

Piano-Annuale-Inclusione-Aggiornato-2020_21

Pi-Pai-2020

P.I.-2020_2021_IC-SGB_FGIC872002

WhatsApp
Telegram

“La dichiarazione IRAP e 770. Guida alla compilazione”: oggi webinar gratuito Eurosofia. Posti limitati