“Permette Ministro mi piacerebbe fare l’insegnante ma…”
Prof. Angela Maria Spina – Storie di Ordinaria Ignominia Sociale: Precarietà di Vite e Carriere Professionali nel Sistema Scolastico Italiano.
Prof. Angela Maria Spina – Storie di Ordinaria Ignominia Sociale: Precarietà di Vite e Carriere Professionali nel Sistema Scolastico Italiano.
Ministro,
Giacché rappresento un tassello del travagliato sistema scolastico italiano, con rispettosa licenza mi permetto di porgerle questa mia, a testimonianza degli effetti prodotti dalle iniziative del suo dicastero:
drammi umani oltre che professionali, di tempi grevi che la vedono (forse suo malgrado) parte in causa.
Il suo piglio scostante e distaccato assunto circa la questione Precari della scuola italiana, non si legittima né con l’arroganza del legislatore, né con quella del politico. La inviterei pertanto a predisporsi all’ascolto dei precari italiani del sistema scolastico italiano, e a non rifiutare approcci con tutte le parti in causa di quella che con grande protervia considera vera e propria <<emergenza sociale>> perché sono certa, la aiuterà a meglio affrontare le asperità di certe funzioni, Evitandole magari di perpetrare in commensurata sofferenza e disagio, disperazione e rabbia, a tanti dignitosissimi lavoratori e cittadini, attraverso l’uso del buon senso, che le offrirebbe indubbi benefici semplicemente per calibrare interventi adeguati e più giusti, in una parola Equi.
Che i Docenti del sistema scolastico Italiano fossero le braccia “poco Nobili” del sistema economico del paese lo sospettavo già da tempo. Ma non per questo ho rinunciato a svolgere questa professione.
Che la legittimazione del discredito avvenisse però con lucida violenza e Crudeltà calcolata, programmata con estrema superficialità a danno anche del futuro stesso dell’intero paese, – francamente- non lo trovavo possibile. Se non come deriva del baratro finale dell’intero settore.
Non già per i drammi umani, oltre che professionali, e la sofferenza acuta prodotta da tempi grevi come questi, a una quantità considerevole di professionisti della scuola; ma anche per il potente calibro di violenza che la crisi conclamata del settore ha in nuce nell’intera società italiana.
Dopo il baratro, il salto nell’abisso del nulla è breve. In questi recenti anni scolastici, sono stati sbattuti fuori dal sistema scolastico pubblico italiano, con provvedimenti ciechi e sconsiderati, Migliaia di Professori, – tanti come me – dal “disonorevole” status di Docente “Precario Storico” <<Vil razza dannata>>. Docenti, che pur attraverso l’espletamento di concorsi pubblici, abilitazioni plurime, specializzazioni e numerosi anni di “anzianità di servizio” tutti prestati nel sistema scolastico pubblico del paese, nella secondaria di primo e di secondo grado, e magari come nel mio caso, anche nelle carceri o in scuole considerate ad altissimo rischio, si ritrovano – già dallo scorso anno – nella prostrazione più cupa per via delle <<innovazioni>> della sua cosiddetta riforma. I provvedimenti del suo dicastero che Ella ha inteso fin anche chiamare non so se eufemisticamente Salva-Precari, hanno prodotto effetti devastanti dei quali la invito a prendere coscienza anche attraverso questa mia testimonianza.
Migliaia di Docenti, polverizzati dissolti in un girone infernale senza fine. Io come loro, dopo anni da incaricata dagli uffici scolastici provinciali, sono stata chiamata fuori dalla scuola perché privata dell’ incarico a tempo determinato, che svolgevo in genere fino alla fine delle attività scolastiche, che tanto rappresentava, a causa dei reiterati tagli di cattedre. Tutto questo mi ha messa nella condizione di pormi all’indietro il mio tempo biologico ritornando dignitosamente la <<supplente>> delle mie primissime esperienze in scuole pubbliche diverse, portando a termine onorevolmente e faticosamente il mio anno scolastico non in un’unica sede di servizio, ma percorrendo centinaia di chilometri, per raggiungere scuole diverse, e non per questo smettendo di essere funzionale al sistema scolastico a sostegno, collaborazione, partecipazione dell’impianto pubblico, ambito che mi è più caro.
Mi sono guadagnata perciò sul campo l’appellativo socialmente “disonorevole” di Precaria Storica diventato il marchio della mia/ Nostra infamia, ma non la rappresentazione dell’immagine immorale, di
combattente per una giusta causa: quella di lottare per il sostegno alla scuola pubblica. Una battaglia animata da grande passione civile, che non esige per sé privilegi, di nessuna risma, né tantomeno di quelli assunti con il beneficio delle “sanatorie per anzianità” che riconosco come iniqui privilegi di casta.
Condividendo perciò nel tempo insieme a migliaia di altri docenti, sentimenti contrastanti di rabbia e rassegnazione, sdegno e vergogna, ho da quest’anno preso il coraggio a piene mani per fare forse la cosa forse più giusta: smettere di incancrenire il mio stato di semi occupazione, per un cambiamento che non potrà esserci nel sistema scolastico di questo paese. Né intendendo rappresentare la parte
ignobile di quella che è considerata una sorta di <<piaga sociale>> che ci fa piangere inconsolabilmente noi stessi e le nostre famiglie, con sempre maggiore rabbia e frustrazione, in una dignitosa solitudine lontana dal rispetto delle istituzioni e forse dalla considerazione dell’intera società civile, fuori dal salva-precari, abbandono la barca, o piuttosto ne vengo poco gentilmente scaraventata fuori.
Le nostre vite, sbattute da anni, sui crinali scivolosi di una strada sempre solo in salita, di maturi uomini lavoratori e consunte donne lavoratrici, trasformate in metafore del non-senso sociale ed economico. Noi generazioni di ultra quarantenni, ai quali cancellate il presente e il futuro, noi generazioni negate, trasformati in liste di nomi interminabili nomenclature impossibili, a noi chiedete di rinunciare a dignità e diritti attraverso <<salvataggi>> impossibili, falsi iniqui offensivi, lesivi. Noi possiamo solo sperare di salvarci da noi stessi, concedendoci il coraggio, la forza e la volontà di <<smettere>> questo lavoro “sbagliato” troppo spesso unica ragione di vita professionale.
Insegnare non è semplicemente esporre saperi dei manuali; l’insegnante, professionista della mediazione didattica, non è ormai più il semplice trasmettitore di saperi codificati, che all’occorrenza è possibile sempre rimpiazzare. L’insegnante è un Intellettuale Complesso, parte integrante di qualsivoglia sviluppo, potenzialmente sfruttato al di sotto delle proprie capacità e competenze; è colui che ama profondamente la Cultura le Civiltà gli Individui, la propria Scuola, il proprio Territorio, conosce dinamiche innescate con misurabilità scientifica quando si mediano e trasferiscono conoscenze disciplinari e si colgono effetti e i risultati desiderati, del proprio sudato lavoro. Educazione e Istruzione, coniugati antinomicamente al femminile, binomio consunto talvolta obsoleto, che rende questa professione la più straordinaria e complessa, al mondo.
Professione inqualificabile retoricamente ambigua, <<vocazione laica>> sessuata per tradizione al femminile, e in grado anche per questo di parare i colpi della tragedia che da tempo sta consumando la
scuola, semplicemente continuando ad alimentare desideri e sogni, attraverso cure e premure che si disarticolano, quando si fiutano nell’aria le calamità programmate di disastri imminenti nell’intera scuola pubblica, con giovani vittime: “intellettuali modelli” e “filosofe modelle”, che imparano ad affrontare le sfide della mobilità sociale, agognando inconsapevolmente una formazione di prima qualità, riservata solo a pochi, nei non – luoghi della libertà a tempo, nell’anfratto spesso vergognoso di un’Edilizia pubblica rischiosissima, che pur tra condizioni disagiatissime e difficoltà, mette sempre in campo la coscienza di sé, del reale, della storia, della vita.
Insegnare ai miei alunni a ragionare con la loro testa, a imparare ad apprendere in una società complessa e multiforme come la nostra, l’ho trovato in lunghi anni Esaltante e al tempo stesso Complicatissimo: era il compito che mi permetteva di rispondere prima di tutto al bisogno di sicurezza e di disciplina dei miei allievi. Faticoso perché sapevo tra le altre cose, di dover insegnare a riformare i pensieri a cambiare i punti di vista, aprendo la prospettiva al mondo, mettendo in discussione prima me stessa, poi, loro gli altri, il reale il presente, il passato e poi il futuro, anche quello mio incerto che non rappresenta stabilità alcuna nella formazione dei miei tanti alunni. Mi sono con il tempo adattata sempre al peggio, pensando di rendere un sacrificio all’intera società civile del
mio paese: Professionista Laureata, specializzata abilitata, “precarizzata” e resa a “tempo,” ora messa in scadenza; malgrado tutto pronta sempre a progettare, costruire, elaborare e far progredire la propria storia professionale, in durissimi e spesso lunghi anni di sacrifici, con prezzi alti da pagare per me e la mia famiglia, sperando prima o dopo di riuscire ad applicare alla scuola le sempre più nuove e considerevoli competenze e peculiarità disciplinari acquisite, al mio amatissimo lavoro.
I frutti di investimenti intellettuali, di studi rigorosi, svolti con serietà, impegno etico morale, di intensa passione civile, che mi spingevano ad essere sicura che tutti i cambiamenti possibili non avrebbero ridotto all’invisibilità questa categoria di professionisti, rendendoli sempre più “evanescenti”, tanto da indurli all’allontanamento forzoso, perché non graditi e anzi fastidiosissimi.
Per questo Attendo ancora fiduciosa i risultati della sua “azione pragmatica” nella scuola, non già come docente incerta del proprio avvenire ma come genitore e matura professionista meridionale, continuando a considerare il mio lavoro di lunghi anni da precaria, nelle emarginate e disastrate “trincee” scolastiche della provincia cosentina, come un “servizio civile”, – chissà se degno di valore al merito dai massimi organi dello stato – ma utile anzi indispensabile ai miei tanti alunni che attraverso loro ho reso allo Stato e al mio Paese per il senso stesso delle istituzioni che ho rappresentato; che accresceva il suo significato soprattutto perché vivo e ho scelto di lavorare al sud in quel lembo di paese martoriato dove una scuola pubblica di prima qualità assume un valore profondo, autentico e considerevole per noi stessi e per l’intera società civile italiana. Ed io a quella definizione di senso mi sento chiamata, prima di tutto come donna, poi come professionista, ma soprattutto come cittadina.
Non pretendo che questo spunto personale, possa trovare in Ella interesse o comprensione, ma solo un riguardevole rispetto mio e per l’intera categoria che rappresento, tradotto se possibile non in incerte e titubanti scelte, francamente per nulla convincenti.
Sperando di poter far appello anche sulla sua sensibilità di genere, la sollecito a intraprendere azioni valorose e coraggiose, di cui le donne sanno farsi artefici, applicate a un maggiore rigore scientifico del settore di sua competenza; non parchi di soluzioni dignitose che non ledano la scuola né il paese.
Permetta dunque ai docenti di appropriarsi della loro voce, renda giustizia all’accesso al lavoro, garantisca visibilità e stabilità. Governi il presente delle nostre scuole con audacia e coraggio senza
propagandismi.
Abbia coraggio e Non disdegni gli insegnanti: solleciti soluzioni ragionevoli, utili al paese, ritrovi il senso stesso del suo dicastero nell’ immagine che intendo regalarle del volto smarrito di un alunno
disperato che senza la scuola perderebbe se stesso e probabilmente la vita. Il diritto – dovere a quella istruzione sancito dalla costituzione, non lo applichi come proclama elettorale ma come realtà effettuale. Segni una traccia di spessore politico, cancellando disinteresse e colpevolezze, allontani pregiudizievoli sospetti di alimentare nuove povertà e disperazioni. Renda visibilità e considerazione, a tutti gli insegnanti di questo paese saldando squilibri, risanando vergogne. Non la gratuità del loro merito renderà orgogliosi di loro stessi i docenti, non il coraggio di essere insegnanti non più derisi e sviliti nel valore e nella funzione. Riscattare l’offesa del disprezzo sopito, con la certezza che gli uomini e le donne di questa istituzione, hanno bisogno di vedere riconosciuti non privilegi ma Dignità e pari opportunità. Sarà allora che volti e menti attente, intelligenze fervide, trasformeranno il paese accanto ai loro insegnanti migliori. Argineranno gli sperperi del tempo,
le risorse e le nostre energie asfissiate.
A noi insegnanti dovete qualcosa, anche se degli spettatori contriti ci immaginano nell’Eldorado dei furbi e dei fannulloni. Ministro questo nuovo anno scolastico, segnerà per me la data del mio
14° anno di precariato; sono fuori! Pensare ad altri – sette, dieci anni ancora da precaria, tanti ne occorrono per integrarmi (secondo le sue dichiarazioni), proprio non lo ritengo onesto né eticamente possibile, verso me stessa e la società del mio paese! Scelgo di proibirmi sia speranze che attese non riuscendo a scacciare il pensiero che insegnare non è forse la mia strada giusta.
Che dice Ministro, continuerò a Sognarla questa Nuova Scuola Riformata, con spazio per i professori che la scuola la fanno?
Distinti Saluti