Permessi retribuiti docenti e ATA, cosa bisogna scrivere nell’autocertificazione? Alcuni chiarimenti e commenti sindacali

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Permessi retribuiti docenti, la recente ordinanza n. 12991 del 13 maggio 2024 della Corte di Cassazione fa discutere. In sintesi il docente ha richiesto un permesso retribuito allegando autocertificazione ma il Dirigente Scolastico non lo ha concesso per “motivazione carente”. I Giudici hanno dato ragione al Dirigente scolastico. Cosa bisogna scrivere allora nell’autocertificazione?

Il CCNL 2019/21 prevede all’art. 35 comma 12

Il personale docente, educativo ed ATA assunto con contratto a tempo determinato per l’intero anno scolastico (31 agosto) o fino al termine delle attività didattiche (30 giugno), ivi compreso quello di cui al comma 5, ha diritto, a domanda, a tre giorni di permesso retribuito nell’anno scolastico, per motivi personali o familiaridocumentati anche mediante autocertificazione. Per il personale ATA tali permessi possono anche essere fruiti ad ore, con le modalità di cui all’art. 67 (permessi orari retribuiti per motivi personali o familiari).

Alcuni chiarimenti sui 3 giorni

I 3 giorni sono da intendersi per anno scolastico – possono quindi essere fruiti dal 1° settembre o dal giorno di assunzione di ciascun anno scolastico e nel limite della durata del contratto, 31 agosto o 30 giugno. Il CCNL 2019/21 ha esteso infatti la possibilità di fruizione anche ai docenti con contratto al 31 agosto o 30 giugno.

I 3 giorni possono essere richiesti singolarmente o in unica soluzione, dipende dalla situazione.

I 3 giorni sono tali per tutti i lavoratori, indipendentemente dal numero di ore della supplenza, non c’è proporzione da fare.

Quanti giorni prima deve essere presentata la domanda

Di norma i giorni di preavviso sono cinque, ma questi sono stabiliti nel Contratto integrativo interno alla scuola che deve fornire indicazioni anche per eventuali urgenze non preventivabili.

Cosa scrivere nell’autocertificazione? Quali possono essere i motivi personali e familiari

Il Contratto è generico. Certamente vanno considerate tutte quelle situazioni che hanno ricadute sul benessere fisico/psichico/sociale del dipendente e della sua famiglia e di cui non è possibile occuparsi al di fuori dell’orario di lavoro.

L’importante è che la richiesta sia accompagnata da autocertificazione e che il lavoratore sia pienamente consapevole dell’importanza che, una volta prodotta, essa assume.

Il Dirigente può negare il permesso?

Il Contratto dice “il personale …. ha diritto” per cui non c’è una valutazione di merito sulla tipologia di richiesta, purché la domanda sia formalmente corretta. Non è sufficiente infatti inserire “motivi personali o familiari” ma dovrà essere inserita una indicazione giustificativa.

La negazione del permesso potrebbe intervenire quando si verificano quelle situazioni per cui non sia possibile garantire l’attività scolastica così ad es. alcune scuole regolamentano il numero massimo di richieste accoglibili in una giornata. Il Dirigente Scolastico infatti ha il dovere di organizzare l’attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formative.

L’ordinanza della Cassazione

La recente Ordinanza della Cassazione muove dalla considerazione per cui la disciplina contrattuale data dall’art. 15, comma 2, del CCNL di comparto è formulata in termini tali da richiedere che il diritto a tre giorni di permesso retribuito riconosciuto al dipendente, a domanda, nell’anno scolastico, sia subordinato alla ricorrenza di motivi personali o familiari che il dipendente è tenuto a documentare anche mediante autocertificazione, rifletta l’esigenza che si tratti pur sempre di un motivo idoneo a giustificare l’indisponibilità a rendere la prestazione, il che comporta che quel motivo sia adeguatamente specificato e che il dirigente al quale è rimessa la concessione abbia il potere di valutarne l’opportunità sulla base di un giudizio di bilanciamento delle contrapposte esigenze, condizione nella specie non riscontrabile, non risultando dalla motivazione addotta a giustificazione della richiesta (dover accompagnare la moglie fuori Milano) specificata e documentata, anche sulla base di una mera autocertificazione, l’esigenza dell’assenza dal lavoro. Ne parliamo in

I commenti sindacali

Per la FLC CGIL la recente ordinanza della Cassazione non fa altro che confermare il diritto del dipendente al permesso.” In essa, infatti, si rigetta il ricorso di un lavoratore sottolineando che il motivo della richiesta di permesso deve “essere adeguatamente specificato” e che il dirigente deve deciderne la concessione valutandone l’opportunità sulla base “di un giudizio di bilanciamento delle contrapposte esigenze”.

Evidentemente in quel contesto scolastico, in quella giornata, vi era una situazione di eccezionalità; altrimenti la decisione del dirigente scolastico si sarebbe configurata come negazione di un diritto.”

Per l’ANP l’Ordinanza della Cassazione “segna una svolta” e così motiva la soddisfazione per il procedimento

“La Suprema Corte ha statuito la ferrea necessità di motivare, adeguatamente e specificatamente, le richieste di permesso; in assenza di motivazione o se la motivazione non è adeguata a giustificare l’indisponibilità del lavoratore a rendere la prestazione, il permesso non va concesso. 

È importante sottolineare che il lavoratore è tenuto a fornire la motivazione perché solo così il dirigente è posto in grado di esercitare le sue funzioni che, nella fattispecie, consistono nel bilanciare l’interesse del richiedente con la contrapposta esigenza di regolarità del servizio nonché nel decidere se concedere o no il permesso. 

Non si tratta, in altri termini, di conculcare un diritto del dipendente ma di contemperarlo non già con astratte esigenze organizzative ma con l’effettività del diritto all’istruzione, costituzionalmente garantito.

Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ha detto che “durante la prossima tornata contrattuale, chiederemo che la questione venga chiarita una volta per tutte, nel rispetto degli orientamenti ARAN. Nel frattempo, come sindacato, monitoreremo l’evolversi degli eventi e invitiamo tutto il personale a segnalarci eventuali abusi da parte dei dirigenti scolastici”.

Secondo il sindacato Gilda degli Insegnanti “L’ordinanza della Cassazione non introduce novità rispetto a quanto già stabilito dal contratto collettivo e dalle interpretazioni giurisprudenziali precedenti. La Gilda precisa che, in caso di negazione del permesso, il dirigente è tenuto a fornire spiegazioni scritte al lavoratore.”

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