2. Rapporti di lavoro
2. Rapporti di lavoro
Il rapporto di lavoro, quello tradizionalmente considerato subordinato, ha iniziato ad avere una compiuta regolamentazione dopo la rivoluzione industriale, quando è sorta la questione sociale è iniziata la presa di coscienza delle classi lavoratrici della propria importanza nella società, nonché del riconoscimento dei loro legittimi diritti e l’aspirazione ad un miglioramento delle condizioni di lavoro. Altro passaggio fondamentale è stata la incorporazione del diritto del lavoro nel diritto privato con il nuovo Codice Civile (quello del 1942) per poi giungere al momento più alto con la costituzionalizzazione del diritto del lavoro, attraverso i principi inseriti nel testo della Costituzione repubblicana.
I princìpi sanciti nel testo traevano origine da un assunto: quello che il lavoratore dipendente, subordinato al datore di lavoro sia tra le due parti contraenti – l’imprenditore e il lavoratore – sicuramente il più debole, e quindi meritevole di particolare tutela. Vi è qui un aspetto molto importante perché il contratto di lavoro è un atto posto in essere tra due parti ed ha natura privatistica, ma tutto il rapporto deve svolgersi seguendo determinate tutele nei confronti del lavoratore in modo che venga rispettata la sua libertà quale individuo, la sua dignità e tutelata la sua salute. Questi aspetti interessano lo Stato nei confronti degli appartenenti al gruppo sociale ed in questo senso hanno natura pubblicistica.
Nel Codice Civile non è presente una definizione di contratto di lavoro subordinato, né una nozione di subordinazione, ma nell’art. 2094 è contenuta quella di prestatore di lavoro subordinato cioè di “colui che si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”. La definizione codicistica si riferisce ad un modello di rapporto di lavoro che all’epoca era prevalente, un lavoro a tempo indeterminato e pieno in una impresa di dimensioni medie o grandi.
Questo modello con il modificarsi del mercato del lavoro, che è stato interessato da notevolissime trasformazioni, ha perso priorità ed è stato affiancato da innumerevoli forme contrattuali, in quanto, per consentire la tenuta delle imprese nel mercato, è stato necessario introdurre forme di flessibilità che, che, se da un lato hanno giovato all’impresa, dall’altro hanno reso sempre più precaria la posizione del lavoratore. Qui è necessario individuare seppur brevemente gli elementi essenziali del contratto di lavoro.

Obblighi e doveri del lavoratore
Secondo l’art. 2094 del Codice Civile, il lavoratore subordinato mette a disposizione “il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”. Da questa definizione si comprende che il lavoratore “deve tenere un determinato comportamento” per “raggiungere” un determinato risultato.
Tra gli obblighi del lavoratore si evidenzia:
- La diligenza
Il Codice Civile all’art. 2104 prevede l’obbligo di diligenza. Il lavoratore dovrà eseguire cioè la prestazione adottando l’insieme di cure, cautele ed attenzioni per il corretto svolgimento della specifica attività prestata. - L’obbedienza
Sempre l’art. 2104 c.c al secondo comma, inserisce tra i doveri del lavoratore subordinato quello dell’obbedienza. Il lavoratore nell’ambito dell’attività svolta è tenuto ad “osservare le disposizioni per l’esecuzione e la disciplina del lavoro”. Dovrà quindi attenersi a quanto gli viene richiesto dall’imprenditore o da suoi collaboratori delegati al fine di fornire una prestazione utile alle esigenze dell’impresa. Il dovere di obbedienza è strettamente collegato ad uno dei poteri del datore di lavoro che è quello direttivo. Il datore di lavoro impartisce le disposizioni riguardanti l’esecuzione dell’attività ed il prestatore è tenuto ad osservale. - La fedeltà
A tutela dell’impresa e soprattutto nell’interesse dell’imprenditore il lavoratore ha un obbligo di fedeltà che si concretizza in due obblighi di “non fare”: il divieto di concorrenza e l’obbligo di riservatezza. Durante il rapporto di lavoro il lavoratore non può trattare affari per sé o per terzi in concorrenza con il datore di lavoro (divieto di concorrenza art. 2105) L’obbligo di riservatezza prevede invece il divieto di utilizzare a proprio vantaggio o a vantaggio di terzi notizie attinenti all’organizzazione, e ai metodi di produzione dell’azienda in modo da arrecare ad essa pregiudizio.
Caratteristiche generali della prestazione:
- lecita, cioè non essere una attività vietata dalla legge;
- possibile, non può essere chiesto al lavoratore di toccare il cielo con un dito;
- determinata o determinabile;
- personale, cioè che deve essere prestata dal contraente, che non può farsi sostituire;
- patrimoniale, deve essere valutata economicamente.
Le mansioni
Per comprendere in concreto cosa è chiamato a fare il lavoratore subordinato, cioè quale tipo di attività deve svolgere, si fa riferimento alle mansioni (art. 2103 c.c.), contenute nel contratto e riferite alla qualifica professionale.
Il tempo
La durata della prestazione viene stabilita attraverso l’orario di lavoro che viene determinato su base giornaliera settimanale ed annuale. La Costituzione (art. 36) fissa un altro principio basilare del rapporto di lavoro: il diritto alla retribuzione, che deve essere commisurata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, ma non dà definizioni sull’orario di lavoro e si limita a rimandare alla legge la fissazione della durata giornaliera. Sempre nello stesso articolo vengono anche declinati altri due diritti del lavoratore, il riposo settimanale e le ferie annuali retribuite ed irrinunciabili. Anche l’art. 2107 del Codice Civile rimanda a leggi speciali ed alla contrattazione collettiva il compito di determinare la durata giornaliera e settimanale di lavoro.
La principale legge speciale sulla disciplina dell’orario di lavoro è il Decreto Legislativo n. 66 del 2003, che rispetto alle norme precedentemente in vigore introduce un nuovo concetto: si passa infatti da normative precedenti che fissavano prima in 8 ore giornaliere e 48 settimanali, poi divenute 8 giornaliere e 40 settimanali, quello dell’orario medio, prendendo a riferimento un periodo di 4 mesi. La nuova disciplina, che ha anche recepito alcune indicazioni derivanti da Direttive europee, prende in considerazione l’orario massimo settimanale limitato alle 48 ore ogni sette giorni, comprendendo anche il lavoro straordinario.
Il lavoro straordinario è il lavoro eccedente l’orario normale stabilito, che viene remunerato in misura superiore a quello ordinario e che il lavoratore non è obbligato a svolgere. L’orario giornaliero non è più prefissato dalla legge; pertanto, per stabilirne il suo limite massimo, è necessario fare riferimento al concetto di “riposo”, determinato dalla legge n. 66/2003. Essa riconosce infatti che il lavoratore abbia diritto ad un periodo di riposo riconducibile a 11 ore, a fronte di un periodo lavorativo di 24 ore. Durante la giornata lavorativa superiore a 6 ore il lavoratore ha diritto ad una pausa, per il recupero delle energie psicofisiche.
Il lavoro notturno o quello festivo vengono regolati in modo specifico e diversamente e maggiormente remunerati in considerazione del maggior disagio che sostiene il lavoratore. Sull’orario di lavoro, sui limiti temporali entro i quali svolgere la prestazione di lavoro è opportuno muovere qualche riflessione. Oltre alla propria abilità nello svolgimento dell’attività lavorativa, sia manuale che intellettuale, il lavoratore mette a disposizione del datore di lavoro il tempo. Il tempo della sua vita. D’altra parte ci sono le esigenze dell’impresa, i fattori relativi all’organizzazione tecnico produttiva dell’azienda, la sua tenuta sul mercato.
Obblighi del datore di lavoro
Anche il datore di lavoro ha nei confronti del lavoratore degli obblighi che possono così sintetizzarsi:
- obbligo a versare la retribuzione che è il compenso in danaro per il lavoro svolto. La Costituzione all’art.36 specifica anche che questa deve essere sufficiente a garantire al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa, ed anche proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto. La retribuzione è dovuta anche nei periodi nei quali il lavoratore non può svolgere l’attività, per ragioni meritevoli di questa garanzia e sicurezza rispetto alla sua esistenza, per esempio in caso di malattia, infortunio, ferie, gravidanza. Nella determinazione della retribuzione è esplicito il divieto di discriminare per motivi relativi al genere – maschio o femmina – oppure all’età -adulti o minori -, ed anche questo aspetto non è scontato sia perché è il frutto di conquiste raggiunte dopo anni di lotta sociale e di evoluzione culturale, sia perché malgrado la normativa lo preveda espressamente e probabilmente non vi sono plateali discriminazioni in tal senso, purtroppo di fatto nel nostro paese le donne continuano a guadagnare meno degli uomini, a fare meno carriera, ancora non sostenute da servizi adeguati e vincolate agli obblighi di accudimento familiare. Alla conclusione del rapporto di lavoro il datore ha anche l’obbligo di corrispondere il cosiddetto “trattamento di fine rapporto”, che è parte della retribuzione, accantonata dal datore di lavoro nel corso degli anni di attività lavorativa del proprio dipendente e corrisposta al lavoratore alla cessazione del rapporto;
- obbligo di tutelare la salute e la sicurezza del lavoratore nel luogo di lavoro;
- obbligo di garantire al lavoratore la tutela assicurativa e previdenziale, attraverso il versamento periodico di contributi previdenziali ad enti appositamente costituiti come l’INPS, ed al fine di garantire al lavoratore, al termine della vita lavorativa, il trattamento pensionistico.
Testo di Elena Rendina
tratto dal libro per studenti “Educazione civica a scuola” pubblicato da