1. Unione Economica Monetaria e Pandemia
1. Unione Economica Monetaria e Pandemia
Il 2020, già annus memorabilis per l’Unione Europea ed alle prese con due sfide di rilevante incidenza per la sua tenuta e i suoi sviluppi, quella posta dalla Brexit e quella del grande dibattito pubblico che dovrebbe svolgersi in seno alla “Conferenza sul futuro dell’Europa” con i suoi possibili esiti di riforma, è diventato, drammaticamente, un annus horribilis, per via della sfida della pandemia.
Un evento che non ha precedenti nella storia europea, e che è legato da un filo rosso a tutte le altre sfide anche nel 2021. Inoltre, l’aspetto economico della crisi non è meno importante di quello sanitario, per via degli effetti a catena in campo monetario (finanza pubblica, banche e accesso al credito), produttivo (imprese), occupazionale e del consumo di tutti i Paesi dell’Eurozona.
Cosa è l’Unione Economica e Monetaria e quali sono i paesi dell’Eurozona
Il Trattato di Maastricht e i parametri di convergenza
Per comprendere meglio le odierne decisioni economiche, andiamo un po’ indietro e precisamente al 1992 e al Trattato di Maastricht.
Il percorso per giungere alla realizzazione dell’UEM (Unione Monetaria Europea) – che significa avere un’unica moneta valida in tutto il territorio dell’Unione e un’unica Banca centrale responsabile della politica monetaria comune – è stato disegnato nel Trattato di Maastricht. Era opportuno che aderissero alla moneta comune soltanto i Paesi che presentavano condizioni strutturali simili, per trasmettere ai mercati il segnale che l’area di riferimento stava preparandosi a creare un ambiente adatto all’investimento estero.
A tale scopo, il Trattato ha definito i c.d. parametri di convergenza, il cui rispetto permette ai singoli
Stati di far parte dell’UEM:
- rapporto deficit pubblico/PIL contenuto entro il 3%
- rapporto debito pubblico/ PIL contenuto entro il 60%.
Differenza c’è tra deficit pubblico e debito pubblico
Sinteticamente, il deficit pubblico (o disavanzo) è la differenza fra le entrate e le spese di uno Stato, mentre debito pubblico è l’ammontare complessivo del debito che uno Stato contrae per colmare il deficit. Dunque, il debito pubblico è la somma dei deficit degli anni precedenti.
Per diminuire il deficit pubblico è possibile:
- diminuire le uscite statali ovvero effettuare tagli alle spese pubbliche eliminando inefficienze (spending review). La spending review è appunto una “revisione della spesa” pubblica, un taglio degli acquisti, delle spese superflue, un po’ come fanno le famiglie quando si accorgono di stare spendendo più delle entrate. Lo scopo della spending review è quindi quello di gestire in maniera più efficiente il denaro pubblico. Essa però è una misura impopolare e può generare polemiche perché tagliare le spese per uno Stato significa rallentare la crescita economica, assumere meno personale nella Pubblica amministrazione, tagliare all’interno della sanità, delle scuole, con ripercussioni quindi sul mercato del lavoro e in altri ambiti, a seconda di quale voce di spesa si decide di
- aumentare le entrate statali con emissione e vendita di titoli di Stato con conseguente aumento del debito pubblico
- aumentare la pressione fiscale
- diminuire l’evasione fiscale
- effettuare la vendita di beni pubblici sotto forma di privatizzazioni
Tra tutte queste soluzioni, la via maggiormente percorribile per finanziare il deficit, è quella della vendita di titoli di Stato. Ogni mese, dunque, per colmare gli squilibri, lo Stato chiede prestiti e lo fa emettendo titoli di Stato.
Qui la videolezione su questo tema della prof.ssa Loredana Rosso.