Percorsi abilitanti, la protesta dei precari: “Più che un corso sembra una prova di Hunger Games. Non ci si può ammalare perché senza la frequenza si perdono soldi e posto”
L’anno scolastico si preannuncia un incubo per oltre 250mila docenti precari. La riforma voluta dal precedente governo Draghi, che introduce l’obbligo di 60 crediti formativi universitari per accedere ai concorsi e alle graduatorie, si sta rivelando una vera e propria beffa.
Corsi a pagamento, spesso costosi e difficili da conciliare con il lavoro, si trasformano in un ostacolo insormontabile per molti insegnanti, costretti a barcamenarsi tra lavoro, famiglia e formazione.
“Come migliaia di colleghi precari lavoro da anni senza i crediti, adesso mi dicono che non basta la mia preparazione e che devo fare dei corsi”, denuncia a Il Manifesto, Marta, docente a Bologna. “Obbligheranno anche chi è di ruolo?”.
La situazione è aggravata dal fatto che il conseguimento dei 60 crediti non garantisce affatto l’accesso al ruolo. I concorsi sono bloccati, le graduatorie ferme e i posti disponibili insufficienti a coprire il reale fabbisogno delle scuole.
“Avremo un nuovo record di supplenti”, prevede Gianna Fracassi, segretaria della Flc Cgil. “Precari sono almeno un terzo dei docenti totali”.
A denunciare l’assurdità della situazione è anche Giuseppe D’Aprile, segretario della Uil Scuola, che punta il dito contro la decisione del Ministero di accantonare 20mila posti per il concorso di ottobre, “mentre ancora non si è concluso il concorso 2023 e ci sono idonei nel concorso 2020”.