Per non dare la Carta del docente ai precari hanno calpestato la Costituzione, a Padova il giudice condanna il Ministero a rimborsare una supplente con 2.500 euro: Anief invita tutti i supplenti a rivolgersi al giudice per recuperare il maltolto
Sulla Carta del docente da dare anche i precari arriva l’ennesima condanna dei giudici ai danni dell’amministrazione scolastica e il rimborso per l’insegnante che ha fatto ricorso con Anief.
A stabilirlo questa volta è stato il Tribunale del lavoro di Padova, che ha condannato senza indugi il Ministero dell’Istruzione e del Merito a risarcire con 2.500 euro una docente supplente a cui non era stato assegnato il bonus annuale per la formazione e l’aggiornamento professionale per ben cinque annualità scolastiche, sottoscritte tra il 2017 e il 2022.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “è bene a questo punto che tutti i supplenti con servizi annuali di almeno 150 giorni presentino con noi ricorso gratuito per recuperare la Carta del docente: oltre 10 mila supplenti ed ex precari hanno avuto o si apprestano ad avere soddisfazione, recuperando l’intera somma. È bene che, in mancanza di una norma riparatoria, tutti si riprendano il maltolto. Ancora di più ora che la Corte di Cassazione ha allargato l’accesso alla card da 500 euro annui anche ai supplenti con scadenza del contratto al 30 giugno. Ha sbagliato il Governo ad aprire, con la Legge 103 del 10 agosto 2023, solo ai supplenti annuali con scadenza contrattuale 31 agosto. Adesso – conclude Pacifico – per l’erario si prospetta un’altra stagione non facile e non certo per colpa di chi rivendica che i diritti vengano rispettati”.
I MOTIVI DEL GIUDICE DEL TRIBUNALE VENETO
Nella sentenza, il giudice del tribunale veneto ricorda che la Corte di giustizia europea, con un’Ordinanza esemplare, l’anno scorso ha bacchettato l’amministrazione italiana per la mancata equiparazione del lavoro svolto dal personale docente supplente rispetto a quello immesso in ruolo. Inoltre, si sofferma sulla decisione del Consiglio di Stato, che “nella pronuncia n. 1842 del 16.03.2022 ha ritenuto che la scelta ministeriale forgi un sistema di formazione “a doppia trazione”: quella dei docenti di ruolo, la cui formazione è obbligatoria, permanente e strutturale, e quindi sostenuta sotto il profilo economico con l’erogazione della Carta, e quella dei docenti non di ruolo, per i quali non vi sarebbe alcuna obbligatorietà e, dunque, alcun sostegno economico”.
Nella fattispecie, il giudice ha ricordato che secondo il C.d.S., “un tale sistema collide con i precetti costituzionali degli artt. 3, 35 e 97 Cost., sia per la discriminazione che introduce a danno dei docenti non di ruolo (resa palese dalla mancata erogazione di uno strumento che possa supportare le attività volte alla loro formazione e dargli pari chances rispetto agli altri docenti di aggiornare la loro preparazione), sia, ancor di più, per la lesione del principio di buon andamento della P.A. […] è evidente la non conformità ai canoni di buona amministrazione di un sistema che, ponendo un obbligo di formazione a carico di una sola parte del personale docente (e dandogli gli strumenti per ottemperarvi), continua nondimeno a servirsi, per la fornitura del servizio scolastico, anche di un’altra aliquota di personale docente, la quale è tuttavia programmaticamente esclusa dalla formazione e dagli strumenti di ausilio per conseguirla”.