Pensioni quota 100, Anief: deve rientrare anche la scuola
comunicato Anief – Dopo la beffa dei quota 96 nel 2012, con quota 100 si sta concretizzando un’altra umiliazione per i lavoratori della scuola: per loro l’anticipo pensionistico sarebbe attuato, infatti, solo a settembre 2020, un anno e mezzo dopo i dipendenti privati con gli stessi requisiti.
Ad ogni modo, per Marcello Pacifico (Anief-Cisal), è inutile pensare di smontare la Fornero se poi con quota 100 si andrà in pensione a 64 anni e con un assegno ridotto del 10-15%. Mentre in Europa si va in quiescenza all’età di 63 anni e col massimo dei contributi. A questo deve puntare il Governo. Ci hanno detto che a metà gennaio un decreto stabilirà come e quando si potrà andare in pensione con quota 100, e che con lo stesso si tornerà agli attuali parametri di uscita dal lavoro: è bene che in quel decreto si prevedano pure delle disposizioni per evitare la beffa per chi lavora nella scuola dove si viene assunti per anno scolastico e non solare.
Chi lavora a scuola continua a subire norme ingiuste, a partire da chi vorrebbe andare in pensione ma non potrà farlo prima di 20 mesi. A spiegare i motivi della proroga dei pensionamenti per docenti e personale Ata è la rivista Orizzonte Scuola, la quale dice che “per uscire dal mondo del lavoro con quota 100 sono previste finestre trimestrali per i lavoratori privati, quindi le prime uscite saranno il 1° aprile. Per i lavoratori pubblici, sono previste finestre semestrali, con la prima uscita nel mese di ottobre. Tale finestra non permetterà il pensionamento con quota 100 da parte dei docenti, a meno che non ci siano appositi interventi, considerato che gli stessi possono andare in pensione solo il 1° settembre di ciascun anno”.
Era indispensabile, invece, attuare delle deroghe alle politiche pensionistiche per salvaguardare chi svolge, nella scuola, una professione ad alto rischio burnout, come confermato dai più recenti studi sullo stress da lavoro correlato. Senza dimenticare che rimangono indispensabili delle norme per svecchiare il corpo insegnante italiano, che in otto casi su dieci ha oltre 50 anni di età e già oggi risulta in media quello più anziano al mondo. In caso contrario, anche il turn over sarà sempre più contenuto: già quest’anno, tra i docenti sono state presentate appena 15.190 richieste d’uscita, mentre tra gli amministrativi, tecnici, collaboratori scolastici e Dsga solo 4.448 domande, a cui se ne aggiungono 34 tra il personale educativo e 131 tra gli insegnanti di religione cattolica.
Proprio per evitare di penalizzare il comparto con una norma beffarda, Anief aveva chiesto di emendare la legge di bilancio, intervenendo con emendamenti specifici, incentrati sul carattere peculiare della professione docente rispetto agli altri lavoratori pubblici per il diffuso e gravoso stress psicofisico, unito al sempre maggiore gap generazionale tra docenti e discenti con il personale insegnante più vecchio del mondo, attraverso un’apposita ‘finestra’. Invece quella finestra si aprirà, salvo accorgimenti, con un anno e mezzo di ritardo. Gli emendamenti Anief prevedevano, inoltre, l’adozione “ai fini del diritto all’accesso e alla decorrenza del trattamento pensionistico di vecchiaia o di anzianità”, delle “disposizioni normative previgenti all’approvazione dell’articolo 24, della legge 22 dicembre 2011, n. 214 e successive modificazioni”.
“Invece – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal –, al di là delle dichiarazioni pubbliche, si è deciso di non smontare la tanto vituperata legge Fornero. Perché nel frattempo dal 1° gennaio 2019, a causa dell’innalzamento dell’aspettativa di vita, alla pensione di vecchiaia si potrà accedere cinque mesi dopo, a 67 anni. Anche la pensione di anzianità subirà un incremento: serviranno almeno 42 anni e tre mesi le donne e 43 anni e tre mesi di contributi per gli uomini, mentre saranno appena scadute le norme sull’Ape sociale, ovvero sulla possibilità per chi ha 63 anni di età e almeno 30 anni di contributi (36 nel caso delle attività gravose) di avere un sussidio in attesa della pensione”.
“Ci è stato detto che a metà gennaio – continua il sindacalista Anief-Cisal – un apposito decreto stabilirà come e quando si potrà andare in pensione con quota 100. E con lo stesso, si tornerà agli attuali parametri di uscita dal lavoro. È bene, allora che in quel decreto si prevedano pure delle disposizioni utili a non far attendere il personale dalla scuola sino alla fine dell’estate del 2020 per permettergli di fruire di un diritto che i lavoratori privati potranno assolvere con un anno e mezzo di anticipo. Altrimenti, ancora una volta ci troveremo dinanzi ad una legge iniqua e discriminante”.
Il sindacato ricorda che non si può continuare a pensare che il lavoro svolto dai maestri della scuola dell’infanzia, inseriti nell’Ape social, sia più gravoso di quello svolto negli altri ordini e gradi di scuola. Bisogna riconoscere che la professione docente tutta è usurante. Per fare ciò, Anief ha anche inoltrato una specifica richiesta di accesso agli atti al Mef, così da sapere quanti sono stati i casi di stress correlato al lavoro e poter disciplinare la materia, con la consulenza del dottor Vittorio Lodolo d’Oria, tra i massimi esperti del settore.