Pensioni, lo scenario da incubo: i giovani saranno costretti a lavorare fino a 74 anni. Gli esperti: “A rischio la sostenibilità del nostro sistema”

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I giovani italiani entrati nel mercato del lavoro nel 2020 affrontano una realtà preoccupante: raggiungeranno l’età pensionabile a 71 anni, il dato più alto tra i principali paesi europei.

Un’ulteriore difficoltà è rappresentata dall’importo modesto delle pensioni, risultato di carriere discontinue e salari bassi. In termini concreti, nel 2021, i lavoratori sotto i 25 anni hanno guadagnato in media 8.824 euro annui, solo il 40% della retribuzione media, mentre quelli tra 25 e 34 anni hanno ricevuto 17.076 euro, l’78% della media.

A La Stampa, Maria Cristina Pisani, presidente del Consiglio nazionale giovani, evidenzia l’impatto della crescente precarizzazione e discontinuità lavorativa, in particolare su giovani e donne. Questa situazione complica l’ingresso nel mercato del lavoro e riduce la stabilità contrattuale e i livelli retributivi. La transizione al sistema contributivo puro e la demografia sfavorevole aggravano ulteriormente la situazione, spingendo i cittadini a lavorare più a lungo per pensioni meno generose.

Secondo le proiezioni di Eures, i lavoratori dipendenti oggi sotto i 35 anni potrebbero ritirarsi quasi a 74 anni, con assegni pensionistici di circa 1.577 euro lordi mensili. Per i lavoratori autonomi, l’importo previsto è di 1.650 euro lordi mensili, se ritirati alla stessa età. Alessandro Fortuna, consigliere di presidenza con delega alle politiche occupazionali e previdenziali, sottolinea come il sistema pensionistico attuale non solo perpetui le disuguaglianze di reddito, ma penalizzi anche i lavoratori a basso reddito.

Il Consiglio nazionale dei giovani chiede l’introduzione di una pensione di garanzia per i giovani, con misure di sostegno per periodi di formazione, discontinuità e fragilità salariale.

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