Pensioni, il governo scopre le carte. Dal 2022 a 67 anni l’uscita da lavoro. Torna la riforma Fornero

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Il governo scopre le carte sulla questione delle pensioni. Il Recovery Plan formalizza l’addio a Quota 100. Si legge nel testo: “In tema di pensioni, la fase transitoria di applicazione della cosiddetta Quota 100 terminerà a fine anno e sarà sostituita da misure mirate a categorie con mansioni logoranti”. 

Dal 1° gennaio 2022, finita Quota 100, si torna al regime Fornero: fuori a 67 anni di età, limite che ricomincia a crescere con l’aspettativa di vita, o con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 per le donne). Unica eccezione: “Misure mirate a categorie con mansioni logoranti”.

Brutte notizie per i sindacati che da giorni chiedevano al ministro del Lavoro, Andrea Orlando, di convocare un tavolo sulla previdenza.

Domenico Proietti (Uil), a La Repubblica, è allarmato dal silenzio del governo: “Nel Def nulla si dice sulle pensioni, ma la scadenza di Quota 100 si avvicina e dobbiamo decidere. Il peso poi della spesa previdenziale sul Pil è sbagliato: non è il 16%, ma il 12% perché dentro ha pure l’assistenza“.

Il leader della Lega, Matteo Salvini, è stato chiaro: “Inaccettabile un ritorno alla legge Fornero, bisogna andare verso “quota 41” per garantire quel ricambio generazionale e quelle opportunità di futuro si giovani che altrimenti sarebbero negate”.

La soluzione, prospettata a sorpresa nel Pnrr, rischia però di far deflagrare il tema prima del previsto.

Ecco cosa il governo prevede secondo le ultime indiscrezioni

Lavori usuranti

Uscita anticipata prevista per tutti i lavoratori impegnati in attività considerate gravose e usuranti. I classici canali di pensionamento anticipato potrebbero essere estesi e resi ancora più “flessibili”.

Ape sociale

Tra le opzioni di uscita resterebbe l’Ape sociale, alla quale possono accedere (con almeno 63 anni d’età) alcune categorie di lavoratori in difficoltà. Fra questi i disoccupati di lungo corso o i disabili. La misura, che è attualmente in vigore dopo la proroga per il 2021, potrebbe essere riconfermata.

Opzione donna

Opzione donna potrebbe diventare un elemento cardine del nuovo sistema pensionistico. L’ultima legge di bilancio prevede che le lavoratrici possano andare in pensione con 58 anni d’età e 35 di contributi ma con il calcolo interamente contributivo dell’assegno.

Lavoratori “fragili”

C’è poi la categoria dei lavoratori fragili, quelli con particolari patologie. Anche per loro si profila il pensionamento anticipato e anche flessibile.

Quota 41

Spunta Quota 41, misura sostenuta da tempo dai sindacati e anche dalla Lega, che consenta l’uscita ai lavoratori al raggiungimento del quarantunesimo anno di contribuzione a prescindere dall’età anagrafica.

Quota 102

Tra le opzioni in campo, almeno fino ai mesi scorsi, c’era anche la cosiddetta “Quota 1o2”,  misura che consentirebbe l’uscita anticipata con almeno 63-64 anni d’età e 39-38 anni di versamenti. Il sistema però si porterebbe dietro una sorta di penalità per ogni anno d’anticipo rispetto alla soglia di vecchiaia (67 anni). Questa misura, molto sostenuta lo scorso anno, è ora di nuovo in campo per il dopo Quota 100.

Contratti d’espansione

Il governo sta valutando l’ipotesi di rafforzare i contratti d’espansione per venire incontro alle aziende, ai lavoratori ma anche ai giovani. Questi contratti consentono di mandare in pensione fino a 5 anni prima della soglia di vecchiaia (67 anni) i più anziani ma contemporaneamente assumendo giovani.

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