Pensioni: come regolarizzare la propria posizione nel caso di omissione contributi Inps

WhatsApp
Telegram

Quando ci si accorge che mancano contributi nell’estratto conto si può intervenire, perché l’Inps è garante della regolarità contributiva. Ma come si fa in questi casi a mettere a posto la propria posizone?

Non è raro trovarsi di fronte a lavoratori che dal loro estratto conto dei contributi versati, si ritrovano con periodi lavorati ma di cui non vi è traccia tra i periodi contributivi riportati nel conto.

Si parla in questi casi di contributi omessi per i quali è necessario, ove possibile, andare ad effettuare quella che si chiama regolarizzazione contributiva.

L’Inps in quanto Istituto Previdenziale in questo è garante della regolarità contributiva ed in alcuni casi è proprio l’Istituto che deve provvedere alla regolarizzazione della posizione assicurativa dei lavoratori dipendenti che si imbattono in un datore di lavoro inadempiente.

AL riguardo infatti non sono poche le pronunce dei Tribunali in questo senso. Anche la Cassazione con una ordinanza del 2021 ha affrontato questo tema che è più frequente di quello che si pensa, soprattutto in lavoratori che hanno versamenti previdenziali in più casse e che si trovano ad accorgersi dell’ammanco solo nel momento in cui chiedono una ricongiunzione o nel momento in cui cercano di andare in pensione.

Cosa ha in mano il lavoratore per non perdere il diritto ai contributi omessi

Naturalmente parliamo di contribuzione omessa da parte di un datore di lavoro che si riferisce ad un rapporto di lavoro regolarmente costituito. Infatti se la contribuzione mancante si riferisce ad un rapporto di lavoro mai instaurato, nulla potrà essere fatto. Anche questa ennesima situazione infatti non è rara, soprattutto per periodi di lavoro lontani indietro nel tempo.

Ci sono segnalazioni di contribuzione mancante nei confronti dei lavoratori, per periodi di lavoro alle dipendenze di datori di lavoro che facevano credere di assumere gli operai ma che effettivamente non lo facevano. In questo caso il datore di lavoro ha commesso illecito ma per il lavoratore nulla potrà essere fatto.

Diverso il caso in cui invece, il rapporto di lavoro era stato regolarmente instaurato, ma erano mancati i versamenti di contributi del datore di lavoro, a nome del lavoratore dipendente. È in questi casi che l’Inps funge da garante, perché è l’Istituto che deve, tramite solleciti ed iniziative di questo tipo, chiedere al datore di lavoro di regolarizzare i versamenti.

Infatti non è raro che i lavoratori citino in giudizio l’Inps in casi del genere, ed è frequente che i Tribunali diano ragione al lavoratore costringendo l’Inps ad erogare una rendita.

Ottenere la regolarizzazione della propria posizione assicurativa, con accredito dei contributi non pagati da un datore di lavoro può essere reputato un diritto del lavoratore. L’importante è che il rapporto di lavoro sia effettivamente in essere.

La prova deve darla il lavoratore

Ricapitolando, se il datore di lavoro che ha promesso di assumere il suo lavoratore, non lo fa, compiendo un atto illecito e potenzialmente pericoloso (si può immaginare cosa potrebbe accadere in caso di infortunio sul lavoro o malattia professionale), non essendoci assunzione e quindi rapporto di lavoro, i contributi non versati sono praticamente perduti.

In questo caso infatti ciò che manca è proprio il rapporto di lavoro. Diverso il caso del datore di lavoro che, per crisi o per qualsiasi altra motivazione, non versa i contributi per il suo lavoratore subordinato. In questo caso l’Inps deve coprire questa situazione garantendo il lavoratore vittima di tutta la situazione.

Va comunque provata la sussistenza del rapporto di lavoro nel periodo contestato. È il Codice Civile all’articolo n° 2116 a prevedere proprio questo e gli orientamenti della giurisprudenza seguono esattamente questa linea.

Come detto prima, l’Inps è “garante della regolarità della posizione contributiva della lavoratrice in base al cosiddetto  principio di automaticità delle prestazioni (ex articolo n° 2116 del Codice Civile).

Pertanto, ogni qualvolta trova applicazione il principio dell’automaticità delle prestazioni previdenziali, il lavoratore è nel suo pieno diritto di essere tutelato, se non dal datore di lavoro, quanto meno dall’Inps. Sarà poi l’Inps a dover chiamare in causa il datore di lavoro che ha omesso i versamenti.

Occorre sottolineare che in linea di massima, in casi del genere il lavoratore è la parte lesa a cui viene arrecato il danno che può riguardare o la fruizione di un trattamento pensionistico inferiore a quello spettante, oppure addirittura, l’impossibilità ad accedere alla quiescenza perché non ha completato il periodo di contribuzione richiesta da una determinata misura previdenziale.

Il lavoratore però, non può chiedere all’Inps di sostituire il datore di lavoro che ha omesso il versamento, chiedendo allo stesso Istituto di pagare i contributi omessi, ma nel caso di omissione contributiva, lo stesso lavoratore può chiedere all’Istituto Previdenziale la costituzione della rendita vitalizia nel caso in cui i contributi omessi siano prescritti.

WhatsApp
Telegram

“Apprendimento innovativo”, un nuovo ambiente che permette al docente di creare un’aula virtuale a partire da una biblioteca didattica di contenuti immersivi. Cosa significa?