Pensioni, 62 anni o 41 anni di contributi: così i sindacati vogliono scongiurare il ritorno alla legge Fornero
I sindacati conferendali aprono la stagione della riforma del sistema pensionistico in previsione del superamento di quota 100 (62 anni con almeno 38 di contributi) e del rischio di ritorno alla riforma Fornero (67 anni per la vecchiaia o 42 e 10 mesi di contributi, 41 e 10 mesi per le donne).
Le sigle dei lavoratori hanno sintetizzato in una nota unitaria i cardini della piattaforma: maggiore flessibilità per andare in pensione a partire dai 62 anni di età o con 41 anni di contributi; pensione di garanzia per giovani, lavoratori discontinui e con basse retribuzioni; tutela delle donne che sono state le maggiori vittime dell’inasprimento dei requisiti pensionistici degli ultimi anni; tutela dei lavori di cura, di chi svolge lavori usuranti e gravosi; sostegno del reddito dei pensionati; rilancio della previdenza complementare e trasparenza sui dati della spesa previdenziale e assistenziale.
Occorre, sottolineano i sindacati, modificare l’attuale meccanismo automatico di adeguamento delle condizioni pensionistiche alla speranza di vita, doppiamente penalizzante perché agisce sia sui requisiti anagrafici e contributivi di accesso alla pensione sia sul calcolo dei coefficienti di trasformazione. Vanno garantite strutturalmente condizioni più favorevoli per accedere alla pensione alle categorie più deboli, ad iniziare da quelle che rientrano nell’Ape sociale (disoccupati, invalidi, coloro che assistono un familiare con disabilità e chi ha svolto lavori gravosi o usuranti).
Nel PNRR addio a quota 100
Nel PNRR il governo ha deciso di abbandonare definitivamente la quota 100, il meccanismo di pensionamento anticipato introdotto dal governo Conte I nel 2019. La misura era valida per tre anni e consentiva l’uscita anticipata dal mondo del lavoro per chi vanta almeno 38 anni di contributi con un’età anagrafica minima di 62 anni.
Dal 1° gennaio 2022 verrà ripristinata la legge Fornero che prevede l’uscita da lavoro a 67 anni. Rimarranno in carica due sistemi già esistenti: l’Ape sociale e Opzione Donna. Il governo, comunque, prevede una Quota 102 con 64 anni di età e 38 anni di contributi di cui non più di 2 anni figurativi (esclusi dal computo maternità, servizio militare, riscatti volontari).
La pensione anticipata dovrebbe essere resa stabile con 42 anni e 10 mesi per gli uomini (1 anno in meno per e donne), svincolata dalla aspettativa di vita ed eliminando qualsiasi divieto di cumulo tra lavoro e pensione e prevedendo agevolazioni per le donne madri (ad esempio 8 mesi ogni figlio fino a massimo 24 mesi), per i caregiver (un anno) e per i precoci (maggiorando del 25% gli anni lavorati tra i 17 e i 19 anni di età).
Cosa prevede la Legge Fornero
Pensioni, Fornero: “L’Europa non ci chiede la riforma previdenziale perché Quota 100 ha funzionato”
La Legge Fornero prende il nome dall’ex ministro Elsa Fornero e fa parte del decreto legge Salva Italia varato dal governo Monti nel 2011. Si tratta di una riforma che prevede un sistema di calcolo contributivo nella costruzione della pensione, anche per quei lavoratori che – stando a quanto stabiliva la riforma Dini del 1995 – erano già certi di poter lasciare il lavoro con il vecchio sistema retributivo.
Con la legge Fornero, la pensione è calcolata in base a quanto versato dal lavoratore e non agli ultimi stipendi percepiti.
Uno dei punti maggiormente contestati della riforma Fornero è il conseguente innalzamento dell’età pensionistica di uomini e donne. La legge, infatti, ha modificato anche i requisiti per la cosiddetta “pensione di vecchiaia”, ovvero quella calcolata in base all’età anagrafica: minimo 20 anni di contributi e 66 anni di età per donne con contratti nella pubblica amministrazione e per tutti gli uomini impegnati nel pubblico e nel privato; 62 anni per donne del settore privato, che diventano 66 anni e 3 mesi nel 2018; 63 anni e 6 mesi per donne lavoratrici autonome che diventano gradualmente 66 anni e 3 mesi nel 2018.