Pensioni 2023: cosa accadrà alla pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi?

Quali sono i reali rischi che la legge Fornero possa venire stravolta e possa essere modificata/abolita la pensione anticipata ordinaria?
La riforma pensioni che dovrebbe essere varata dopo il tavolo di confronto tra governo e parti sociali preoccupa i lavoratori. Soprattutto quelli che sono molto vicini ai requisiti di accesso e che stanno per cogliere, quindi, il pensionamento anticipato previsto dalla legge Fornero. Sarà ancora possibile approfittarne o verrà meno? Sarà imposto un calcolo interamente contributivo anche per chi non anticipa rispetto alla Fornero? Interrogativi come questo pesano sulle spalle di chi, per pochi mesi, si troverà costretto ad accedere alla pensione solo nel 2023.
A questo proposito rispondiamo agli interrogativi di un nostro lettore che ci scrive:
Buongiorno,
Sto seguendo sulla stampa online (che a differenza della Vostra, trovo spesso alquanto allarmistica) la discussione tra Governo e Sindacati sulla riforma delle pensioni che si vorrebbe introdurre dal 2023 e vorrei chiederVi qualche chiarimento.
Sono un ex lavoratore dipendente (ramo Banca) ora lavoratore autonomo.
Ho 61 anni e raggiungerò i fatidici 42 anni e 10 mesi di contribuzione previsti per la pensione ordinaria “Fornero” a giugno del 2023.
Negli articoli che leggo in questo periodo trovo sempre scritto che le nuove misure di flessibilità servirebbero a mitigare i requisiti pensionistici ordinari previsti dalla Legge Fornero fissati a 67 anni (quindi facendo riferimento a quelli di vecchiaia).
Ciò che non mi è chiaro è se le nuove forme di flessibilità in fase di studio servirebbero ad anticipare i tempi rispetto alla pensione di vecchiaia ordinaria o se è anche in discussione quella anticipata ordinaria a cui dovrei accedere l’anno prossimo e sulla quale ultimamente non trovo più riferimenti negli articoli che leggo.
Inoltre ho letto più volte che l’orientamento del Governo sarebbe quello di passare al calcolo contributivo per tutti eliminando quindi il sistema misto.
Ritenete possibile che con effetto retroattivo possa essere eliminata la parte retributiva della pensione (rientro nel sistema misto con circa 15 anni di lavoro maturati nel 1996) anche a coloro che accedono al pensionamento ordinario secondo i requisiti previsti dalla Legge Fornero senza fruire di agevolazione alcuna?
Mi pare di aver sempre letto che le penalizzazioni andrebbero a riguardare solo coloro che usufruiscono di pensionamenti anticipati rispetto ai requisiti ordinari.
Con l’introduzione della Legge Fornero l’età di pensionamento mi è stata aumentata già di 3 anni (se consideriamo anche i 3 mesi di finestra mobile successivi ai 42 anni e 10 mesi) e francamente non sarebbe piacevole al 1/1/2023, dopo 42 anni e 4 mesi di contribuzione effettiva, e a 6 mesi di distanza dal raggiungimento dei requisiti, trovarmi con la vita pensionistica stravolta da un ulteriore peggioramento del peggioramento!
La ringrazio sin da ora per l’attenzione e nel rinnovarLe i complimenti per i Suoi articoli, La saluto cordialmente.
Pensione con 42 anni e 10 mesi di contributi, che fine farà nel 2023?
E’ bene premettere fin da subito che, non avendo la sfera di cristallo e non potendo prevedere il futuro, non so con certezza quelle che saranno le decisioni del governo in ambito previdenziale. Tutto quello che posso scrivere sono considerazioni personali rispetto a quello che emerge dai tavoli di confronto già avviati e rispetto a quello che la normativa attuale prevede.
La legge Fornero prevede due specifiche misure: la pensione di vecchiaia a 67 anni con 20 anni di contributi minimi e la pensione anticipata ordinaria che richiede 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini ed un anno in meno per le donne. Per eliminare anche una sola di queste due misure è necessario modificare o abolire l’attuale legge previdenziale.
Mitigare i requisiti rigidi della legge Fornero, quindi, si riferisce sia ai 67 anni delle pensione di vecchiaia sia ai quasi 43 anni di contributi della pensione anticipata. Con la scadenza della quota 100, infatti, si sarebbe dovuti tornare bruscamente alla Fornero con uno scalone di 5 anni (dai 62 anni della quota 100 ai 67 anni della pensione di vecchiaia, ma anche dai 38 anni di contributi ai 42 anni di contributi dell’anticipata ordinaria).
Qualsiasi forma di flessibilità verrà inserita, quindi, servirà a rendere più agevole l’accesso alla pensione. Ma anche rispetto all’anticipata, visto che non tutti i lavoratori riescono a superare i 40 anni di contributi versati per accedervi prima dei 67 anni. Quindi, ogni volta che legge riferimenti alla Legge Fornero sappia che ci si riferisce sia alla pensione di vecchiaia che a quella anticipata che la legge previdenziale prevede (anche se non viene specificato che ci si riferisce alla pensione con 42 anni e 10 mesi di contributi).
Passiamo al suo secondo interrogativo:il passaggio al calcolo contributivo. In questo caso, a mio avviso, le parole di Draghi sono state fraintese. Quando il premier parla di un ritorno al contributivo (ritorno e non passaggio…e non abbiamo mai avuto un sistema di calcolo interamente contributivo se non per coloro che hanno iniziato a versare contributi dal 1996) intende un ritorno alla Legge Fornero.
L’attuale legge previdenziale, infatti, ha previsto l’introduzione del calcolo contributivo, lasciando il sistema retributivo solo per i contributi versati prima del 1996 (o del 2012 nel caso al 1995 si possedevano già almeno 18 anni di contributi). E la legge in questione porterà. prima o poi, ad un sistema contributivo per tutti, quando tutti coloro che hanno iniziato a lavorare prima del 1996 saranno andati tutti in pensione.
Difficilmente si potrà introdurre una norma retroattiva che preveda un calcolo interamente contributivo anche per chi, pur avendo versato contributi prima del 1996, sceglie di pensionarsi con una della due misure previste dalla legge Fornero. Molto probabilmente le penalizzazioni saranno introdotte solo per coloro che accederanno alla pensione flessibile che sarà introdotta.
Perchè, poi, diciamocelo chiaramente: i requisiti della legge Fornero sono già abbastanza rigidi senza doverli anche appesantire con delle penalizzazioni. Ridurre la spesa pensionistica in Italia, significa limitare le uscite con misure come la quota 100 (che ha un costo molto alto per le casse dello Stato) ma non andare a penalizzare i lavoratori che dopo 43 anni di contributi agognano al meritato riposo.
Poi, ovviamente, siamo in Italia e tutto può accadere.
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