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Pensione quota 100, 102 e 103 e lavoro occasionale: l’INPS perde in tribunale e deve restituire i soldi

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Pensione Quota 100

Una sentenza che crea un precedente quella del tribunale di Vicenza: l’Inps non può chiedere la restituzione di un anno di pensione a fronte di guadagni irrisori. Vediamo cosa cambia per il divieto di cumulo.

La sentenza del tribunale di Vicenza sul cumulo di redditi da lavoro con quelli di pensione quota 100, 102 e 103, crea un importante precedente e va a modificare l’applicazione di norme che fino ad ora hanno impedito di cumulare redditi da lavoro con quelli da pensione.

La regola generale di queste tre tipologie di pensione prevede che coloro che escono anticipatamente dal lavoro non possano cumulare, fino al compimento dei 67 anni, redditi da lavoro con quelli da pensione, con la sola esclusione dei redditi da lavoro autonomo occasionale entro i 5.000 euro. Per chi viola o ha violato questo divieto la pena è quella di restituire la pensione di tutto l’anno solare in cui il divieto non è stato rispettato.

Il caso che porta alla sentenza

L’Inps dal 2019 a oggi non ha mai fatto distinzione sui redditi percepiti dai pensionati e non ci sono state differenze tra chi ha veramente lavorato e chi ha fato qualche lavoretto ricavandone redditi irrisori. Il caso emblematico, di cui si è parlato moltissimo al tempo nel 2020, è quello del pensionato che per colpa di un ruolo di comparsa che gli è fruttato 78 euro, ha dovuto restituire decine di migliaia di euro di pensione percepita in quell’anno. Il compenso, dichiarato, infatti, si è configurato come reddito da lavoro subordinato e l’Inps gli ha chiesto indietro 24.000 euro procedendo alle trattenute mensili sulla pensione per recuperare la cifra.

Questo è solo uno dei casi in cui un pensionato si è visto costretto a restituire un anno di pensione percepita per colpa di un giorno di lavoro. C’è da dire, poi, che la norma non è chiarissima al riguardo e che molti pensionati hanno agito anche in buona fede, vedendosi poi richiedere la pensione indietro dall’Inps.

La sentenza che fa storia

L’uomo, ritenendo la richiesta ingiusta, ha provveduto a fare ricorso all’INPS assistito dai legali Paola Piccoli e Alberto Righi che hanno spiegato al Corriere della Sera: “Abbiamo sostenuto che tale esperienza di certo non può essere considerata un’attività di lavoro subordinato in senso stretto e non può essere considerata idonea, come invece sosteneva l’Inps, a violare il divieto di cumulo di pensione e reddito da lavoro dipendente imposto dal legislatore per i pensionati con Quota 100. È quindi evidente che l’esperienza di comparire in una serie tv, come passante, in un’unica scena, un solo giorno non determina, a nostro avviso, né un reinserimento del ricorrente nel mondo del lavoro, né crea un pregiudizio al sistema di ricambio generazionale, con conseguente illegittimità del provvedimento dell’Inps”.

Proprio per questi motivi il Giudice del Lavoro che ha presieduto l’udienza ha dato ragione al pensionato perché “un’interpretazione conforme alla ratio della norma impone di considerare compatibili con l’erogazione della pensione ‘Quota 100’ redditi di irrisorio importo derivanti da prestazioni del tutto isolate, aventi carattere di specialità tali da differenziarle sostanzialmente dal tipico rapporto di lavoro subordinato”.

A far la differenza, secondo il giudice, non è la tipologia di contratto, ma il compenso irrisorio che non permette di essere considerato non compatibile al cumulo di una pensione ottenuta con la flessibilità.

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