Pensione di vecchiaia: perchè non spetta l’integrazione al minimo?
Non sempre la pensione di 525 euro spetta in presenza di 20 anni di contributi versati. L’integrazione al trattamento minimo dipende dai redditi personali e coniugali. Perchè è un’assistenza dello Stato.
Uno dei problemi principali di chi accede alla pensione è l’importo che verrà a prendere. Ed il punto dolente tocca, in modo particolare, coloro che hanno versato la propria contribuzione nella cassa degli artigiani e dei commercianti. Rispondiamo alla domanda di una nostra lettrice che ci scrive:
Buongiorno
Stavo leggendo il vostro articolo su una domanda posta da un utente
Simile più o meno al mio caso
Ho 25 anni di contributi versati , iniziati prima del 1996
Il calcolo della mia pensione è di 350 euro al mese E non come leggevo nel vostro sito che ora ho messo in allegato
Certo voi non toccate il problema di altri redditi che sicuramente fanno abbassare la pensione …ma mi pare un ragionamento ingiusto
Se 20 anni di contributi valgono tot lo devono valere per tutti !
Anche perché poi io che ho un affitto che percepisco del mio negozio dove svolgevo la mia attività chiusa in perdita tra l altro ….ci pago IRPEF più Imu quindi prendo circa la metà di quell affitto !! Ora ci si aggiunge pure la pensione che si accumula e pago più Irpef magari ..roba da matti
Ma davvero funziona così ??
La domanda in sintesi è
Voi scrivete che 20 anni di contributi commercianti equivalgono a circa 500 euro al mese , se iniziati a versare prima del 1996 , ma a me hanno fatto il calcolo che prendo circa 350 euro al mese
Grazie mille
Perchè la pensione dei commercianti è bassa?
Partiamo subito col chiarire una cosa: la pensione diretta, quella calcolata sui contributi versati, non è influenzata da altri redditi. La pensione è calcolata solo e soltanto sui contributi versati ed eventuali altri redditi che il pensionato ha influiscono solo e soltanto sull’eventuale integrazione al trattamento minimo. Se un lavoratore ha diritto ad una pensione di 1.000 euro, ad esempio, ed ha altri 2.000 euro che gli provengono dalla locazione di immobili e terreni, la sua pensione resterà di 1.000 euro.
Quello che può essere influenzato, invece, è l’integrazione al trattamento minimo. Se un lavoratore arriva alla pensione con diritto ad un assegno di 420 euro, ad esempio, e non ha altri redditi, lo Stato integra la sua pensione portandola al cosiddetto trattamento minimo che è di 525 euro al mese. Per il soggetto non coniugato il limite di reddito annuo per avere diritto all’integrazione in forma intera e pari a 6816,42 euro annui (ovvero l’importo annuale del trattamento minimo stesso); per averne diritto in forma parziale deve avere un reddito che non superi di 2 volte il trattamento minimo stesso ( 13632,84 euro l’anno). Per quello coniugato, invece, il reddito da non superare tra redditi propri e quelli del coniuge è di 27265,68 euro annui. Ovviamente se un pensionato ha redditi più alti di quelli elencati, sicuramente non necessita dell’assistenza dello Stato per poter avere una vita dignitosa.
La pensione di 500 euro al mese, integrata al minimo, quindi, spetta solo in presenza di redditi ben definiti a chi ha versato contributi prima del 1996. Per chi ha redditi propri che superano i limiti di redditi previsti, la pensione resta quella risultate dal calcolo dei contributi versati. Che purtroppo nel caso dei commercianti e degli artigiani hanno un importo molto più basso rispetto a quelli che sono tenuti a versare, ad esempio, i lavoratori dipendenti.
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