Pensione anticipata ordinaria: quali rischi si corrono a rimandare l’uscita di un anno?
I lavoratori hanno il timore che la prossima riforma previdenziale possa abolire o modificare i diritti previsti dalla legge Fornero.
Anche se la riforma pensioni 2023 è ancora ad uno stato embrionale spaventa. Spaventa per quello che potrebbe cambiare il prossimo anno per le misure strutturali, spaventa perchè con i continui cambiamenti cui siamo abituati vengono messi in discussione diritto che sembrerebbero acquisiti ma che, in un Paese come l’Italia (soprattutto dopo gli esodi dovuti all’ultima riforma previdenziale) tutto potrebbe accadere.
Rispondiamo alla domanda di una nostra lettrice che ci scrive:
Gentile redazione sono una dirigente scolastica che al 31 12 2022 avrà 41 anni 10 mesi di servizio e compirò 62 anni a maggio. Entro febbraio potrei presentare domanda per uscire con pensionamento anticipato ( Legge Fornero) con calcolo dell’assegno con il metodo misto, avendo 11 anni di servizio al 31 dicembre 1995.
La mia domanda è questa: Se volessi restare in servizio ancora un anno ( uscita al 1 settembre 2023 con 42 anni e 10 mesi) e cristallizzazione del diritto alla pensione anticipata, quali rischi ci sarebbero per il calcolo dell’assegno visto che per il 2023 si parla di possibile calcolo delle pensioni con il metodo contributivo? Potrebbero rientrare anche coloro che hanno cristallizzato il diritto al misto al 2022? Inoltre quali rischi si corre di perdere il diritto alla pensione anticipata ordinaria con Legge Fornero? Ringrazio per l’attenzione . Cordiali saluti.
Pensione nel 2023?
Ovviamente io, come nessun altro in questo momento, non posso prevedere quelle che saranno le decisioni del governo in ambito pensioni per il prossimo anno. Ma posso basarmi su un pò di logica e su qualche considerazione.
Non credo sia nelle intenzioni del governo modificare o sconvolgere la legge Fornero. Non credo che si voglia inasprire ancora di più una legge previdenziale che, quando è stata introdotta, è stata definita una delle più rigide e severe. Il problema che il governo sta tentando di risolvere con i tavoli di confronto con i sindacati che si stanno tenendo, infatti, non riguarda la legge Fornero ma trovare forme di flessibilità in uscita che permettano ai lavoratori di non dover, per forza accettare i requisiti imposti dalla legge previdenziale in vigore.
Si parla infatti, di pensione a 62 anni, di pensione quota 41 per tutti, ma sarebbero solo delle misure che affiancherebbero la Fornero per permettere uscite dal mondo del lavoro prima di quanto quest’ultima preveda. E anche lo spauracchio del ricalcolo contributivo non penso sarà applicato a chi sceglie le due misure che la legge Fornero prevede (anticipata ordinaria e di vecchiaia), ma solo chi sceglierà di pensionarsi in deroga alla legge in questione.
Poi, ovviamente, tutto può essere ma per rendere l’assegno liquidato con la Fornero tutto contributivo andrebbe rimodulata tutta la legge previdenziale attualmente in vigore e non mi sembra che l’esecutivo voglia percorrere questa strada.
In ogni caso, se anche dovesse accadere, lei avrebbe cristallizzato il diritto alla pensione nel 2022 e questo la metterebbe al riparo da eventuali modifiche che potrebbero essere fatte. Secondo il principio della cristallizzazione, infatti, il lavoratore che raggiunge i requisiti di pensionamento con una determinata misura può esercitarli in qualsiasi momento, anche successivo, immutati anche se intervengono abolizioni della misura o modifiche.
Ma anche il diritto alla cristallizzazione, se vogliamo essere pignoli, potrebbe essere stravolto da una nuova normativa. Nessuno può darle la certezza che nel 2023 le cose non cambieranno, ovviamente. Ma ritengo assai improbabile che si possa intervenire ad apportare modifiche ad una legge previdenziale che, attuata in un momento di crisi per inasprire i requisiti di pensionamento, ha fatto bene il suo dovere, soprattutto considerando che dalla crisi che ha portato all’entrata in vigore della legge Fornero non solo non siamo mai usciti del tutto ma anche che,dopo la pandemia di COVID, le condizioni economiche dell’Italia sono, addirittura peggiorate.
A mio avviso, ma le ripeto, è solo la mia opinione, rischi non se ne corrono nè a vedersi impedito l’accesso alla pensione anticipata dopo aver versato 42 anni e 10 mesi di contributi nè a vedersi imporre un ricalcolo interamente contributivo dell’assegno scegliendo il pensionamento in questione.
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