Pensionamento d’ufficio, la guida completa su come funziona

Quando la Pa può risolvere d’ufficio un rapporto di lavoro.
Il collocamento a riposo, detto anche collocamento in pensione è un istituto che sortisce i suoi effetti nel pubblico impiego. Tra obbligo o facoltà, le pubbliche amministrazioni possono collocare d’ufficio in pensione i lavoratori che raggiungono determinati requisiti anagrafici e determinati requisiti contributivi. Ma come funziona nello specifico questo pensionamento d’ufficio? Vediamo la guida dettagliata di questo importante strumento.
Pensionamento d’ufficio, le regole per le pubbliche amministrazioni
Oggi affrontiamo la particolare materia del pensionamento d’ufficio nella pubblica amministrazione. Una materia che è stata radicalmente cambiata da diversi interventi normativi degli ultimi anni. I più importanti senza dubbio il Decreto Legge 101/2013 e il Decreto Legge 90/2014.
Entrambi questi decreti hanno perseguito la linea che la politica ha inteso dare a questo istituto, che è quella del limitare il proseguimento delle carriere una volta raggiunti determinati requisiti. Si è deciso quindi, di abolire il trattenimento in servizio e quindi stop alla possibilità di rimanere in servizio per un altro biennio sul posto di lavoro dopo l’età per il pensionamento. Una decisione definitiva questa, perché con questo cambiamento è diventata strutturale la possibilità per gli enti di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro nei confronti dei lavoratori.
In buona sostanza, adesso la risoluzione del rapporto di lavoro, naturalmente decisa d’ufficio dalla Pa, scatta nel momento in cui si raggiungono i 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Va detto comunque che il limite ordinamentale per la permanenza in servizio, fissato a 65 anni in quasi tutte le Pa, può essere superato solo allo scopo di far perfezionare il diritto del lavoratore, ad una delle prestazioni pensionistiche previste.
Trattenimento in servizio e risoluzione obbligatoria
Per tutto quanto detto, nonostante la riforma Fornero e le prerogative del sistema contributivo spingono a restare al lavoro più tempo possibile per ottenere un assegno più cospicuo, nelle Pa sono state cristallizzate le regole del collocamento d’ufficio. E per via di queste regole le Pa devono collocare in pensione d’ufficio, tutti i lavoratori che hanno maturato un qualsiasi diritto alla pensione (per esempio la pensione anticipata, ma anche la vecchia quota 96) una volta raggiunto il limite ordinamentale per la permanenza in servizio (65 anni).
Se non sono stati maturati diritti ad un trattamento anticipato di pensione, il rapporto di lavoro può continuare dai 65 e fino al raggiungimento dell’età pensionabile di vecchiaia. Se nemmeno a quella età si è perfezionato il diritto alla pensione perché non sono stati completati i prescritti 20 anni di contributi versati, il rapporto di lavoro può proseguire fino ai 70 anni.
Occorre sottolineare che questo limite dei 70 anni di età non è fisso, perché è collegato ai dati Istat dell’aspettativa di vita.
Esiste pure la risoluzione facoltativa
Se fin qui abbiamo affrontato le tematiche della risoluzione unilaterale ed obbligatoria del rapporto di lavoro, resta in piedi anche un’altra possibilità di risoluzione del rapporto di lavoro. Si tratta della risoluzione facoltativa, istituto che permette ancora più anticipo nel pensionamento d’ufficio di un dipendente. Un anticipo ancora maggiore rispetto ai limiti ordinamentali.
In questo caso però occorre che l’ente motivi la risoluzione al dipendente interessato, magari sottolineando le impellenti prerogative dell’ente che lo spingono a tale unilaterale decisione.
La risoluzione facoltativa può essere esercitata solo nei confronti dei lavoratori in possesso della massima anzianità contributiva, ovvero 42 anni e 10 mesi di contributi se uomini, 41 anni e 10 mesi se donne. Inoltre questa facoltà è assoggettata anche al rispetto del vincolo di assenza di penalizzazione. Infatti la condizione “sine qua non” è che il trattamento previdenziale assegnato non sia interessato dalla penalizzazione e pertanto non può essere applicata la risoluzione facoltativa se il lavoratore non ha raggiunto i 62 anni di età.