Pasto domestico a scuola, sì del Consiglio di Stato. Evitare isolamento studenti

La VI Sezione del Consiglio di Stato (Sentenza 8 aprile 2021, n. 2851) ha rigettato il ricorso interposto dalla società appaltante del servizio mensa e dalla scuola interessata, contro la pronuncia del Tar che aveva riconosciuto il diritto all’autorefezione in capo a un’alunna, così annullando la Circolare che aveva imposto il divieto di consumare cibi domestici presso la mensa.
Il divieto di autorefezione
Un Istituto scolastico, con propria circolare del 2018, aveva disposto la fruizione obbligatoria del servizio mensa comunale, escludendo la possibilità di consumazione del pasto domestico mediante autorefezione. Tale divieto veniva confermato dalla delibera del consiglio di istituto.
Il ricorso dei genitori di un’alunna
I genitori di una studentessa di un Istituto comprensivo con frequentazione a tempo pieno, comprensivo del tempo mensa, impugnavano tali provvedimenti innanzi al TAR Lazio, invocando il diritto all’autorefezione. Il TAR, con sentenza n. 14368/2019, accoglieva il ricorso, annullando gli atti impugnati. La sentenza è stata appellata sia dall’impresa che gestisce il servizio di refezione scolastica, che dal Ministero dell’Istruzione, dall’Istituto scolastico interessato e dall’ufficio regionale per il Lazio.
Tra i motivi, gli appellanti hanno dedotto l’erroneità della sentenza del TAR nella parte in cui non ha rilevato che:
- come affermato dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione (Sentenza n. 20504/2019) non esiste un diritto soggettivo perfetto ed incondizionato all’autorefezione individuale, poiché la stessa si risolverebbe in una ingerenza dei privati nella gestione del servizio;
- non sarebbe possibile l’attività di vigilanza, che non avrebbe base normativa, inoltre, l’attività di insegnamento è una prestazione d’opera intellettuale e non potrebbe ricomprendere anche la vigilanza nella fase di preparazione dei pasti, che sarebbe riservata ad operatori che abbiamo sostenuto il corso per alimentarista a rischio.
Cosa dice la legge
La materia relativa alla possibilità per gli alunni di istituzioni scolastiche di consumare il cd. pasto domestico non risulta disciplinata, in modo espresso, dalla legge. Il d.lgs. n. 63/2017, nel regolare l’effettività del diritto allo studio, in relazione ai servizi alla persona, prevede che:
- laddove il tempo scuola lo renda necessario, alle alunne e agli alunni delle scuole pubbliche dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado sono erogati (…) servizi di mensa, attivabili a richiesta degli interessati;
- tali servizi sono erogati in forma gratuita ovvero con contribuzione delle famiglie a copertura dei costi.
Nel tempo scuola è compreso il servizio mensa
Il servizio mensa è ricompreso nel “tempo scuola”, “perché esso condivide le finalità educative proprie del progetto formativo scolastico di cui esso è parte, come evidenziato dalla ulteriore funzione cui detto servizio assolve, di educazione all’alimentazione” (Cass. civ., Sez. Un., n. 20504/2019). Detto servizio, inserendosi nell’ambito delle prestazioni scolastiche, costituisce un servizio pubblico reso agli utenti. Dal punto di vista dell’amministrazione, essa è titolare di un potere pubblico di rilevanza organizzativa afferente alle modalità di erogazione del servizio pubblico, comprensivo del servizio di mensa.
Sì al pasto domestico
Dal punto di vista degli alunni, essi sono titolari non di un “diritto soggettivo perfetto e incondizionato all’autorefezione, durante l’orario della mensa” (Cass. civ., Sez. Un., n. 20504/2019) ma di un interesse legittimo (Cons. Stato, n. 5839/2020) avente ad oggetto un comportamento dell’amministrazione che deve rispettare le condizioni e i limiti di esercizio del potere. Il bene della vita cui tende il privato è la possibilità di ricorrere al “pasto domestico”. La soluzione preclusiva al cd. pasto domestico non può derivare, come è stato sostenuto dagli appellanti, dall’impossibilità di effettuare una adeguata vigilanza per evitare contaminazione di cibi e rischi per la salute. Secondo il Consiglio di Stato, però, la vigilanza può essere svolta tramite il personale in servizio e il pasto domestico può essere consumato nella mensa, in quanto “l’autorefezione non comporta – di necessità – una modalità solitaria di consumazione del pasto, dovendosi, per quanto possibile, garantire, da parte dell’Amministrazione scolastica, la consumazione dei pasti degli studenti in un tempo condiviso che favorisca la loro socializzazione” (Cons. Stato, n. 6926/2020).