Passata emergenza Coronavirus, si torni a programmare futuro scuola italiana. Lettera

inviata da Francesco Cutolo – È inutile dire che quest’emergenza sta facendo emergere tutte le contraddizioni di una globalizzazione spinta ma zoppa, dove regionalismi imbevuti di provincialismo culturale stanno emergendo in tutta la loro evidenza.
Circa il sistema formativo italiano sarà DAD obbligatoria, si ma anche forse no; tutti avranno strumenti tecnologici con i fondi dell’emergenza ma anche no; tutti formati per fare tutto salvo poi ribadire che non si può obbligare nessuno se non moralmente; nessuno sarà lasciato da solo soprattutto i più “deboli” salvo comprendere poi che sono quelli che al di là dei proclami sono i primi a risentire e acuire il loro disagio.
La ministra della Pubblica Istruzione ringrazia i docenti per il loro impegno anche oltre ogni ragionevole sforzo. Ringrazia? È di cosa? Un esercito nel tempo depotenziato, dequalificato, demotivato, reiteratamentete passato e messo alla gogna delle “forche caudine” dei tagli lineari e dei sistemi di reclutamento troppe volte basati su astrusi criteri di compromesso politico-sindacale, che ha marciato con i riservisti di un precariato sfruttato e mandato in prima linea salvo poi lasciarlo lì come bacino di consenso politico, lamentoso ma ossequiante. Cosa ci sarà mai da ringraziare?
Evidentemente si ringrazia quella che doveva essere la normalità di uno status professionale nel tempo marginalizzato e vessato in ogni modo.
Come dimenticare le spiegazioni fatte con la lavagnetta sui media nazionali su come sarebbe dovuta essere la magnifica scuola italiana, salvo poi disfare quella legge fortemente voluta contro ogni logica nell’arco di un biennio?
Se abbiamo memoria di tutto questo, se usciamo dalla logica provinciale di un sistema formativo poco attento al merito, poco propenso ad aprirsi alla globalizzazione dei sistemi, aimè, nel frattempo divenuti più efficienti, almeno dal punto di vista degli indicatori statistici, ci sta pure il grazie.
Ci sta perché i docenti e il personale della scuola tutto, stanno dando fondo alla loro buona volontà, al loro senso di responsabilità al loro senso dell’istituzione, reinventando la scuola italiana e competenze che non si ottengono iniettando spiccioli alla rinfusa bensì con impegno, disciplina e spirito di sacrificio che la categoria ben conosce.
Tutto questo sciagurato frangente, serva a deprovincializzare il sistema formativo italiano, passata l’emergenza si ritorni a PROGRAMMARE, il futuro che si vuole per la scuola italiana, scientemente e con l’umiltà, questa volta vera, di ascoltare tutti, partendo perché no, dall’ascolto della base, dalla “frontiera”, perché il Progetto scuola è progetto società.