Parole tossiche in musica? La soluzione è a scuola. Chiara Gamberale: “Analizziamo i testi in classe per imparare a riconoscere l’amore vero”

Se l’educazione ai sentimenti diventasse materia scolastica, forse potremmo finalmente leggere insieme quei testi che oggi scandalizzano – non per esaltarli, ma per smontarli.
Alternarli a Dante e Philip Roth, al quinto canto dell’Inferno e a Il teatro di Sabbath, perché l’unico modo per amare senza ferirsi è conoscersi davvero, afferma la scrittrice Chiara Gamberale su Sky TG24 Insider.
Perché abbiamo bisogno di una scuola che parli di emozioni?
Perché nessuno ci insegna a gestire la rabbia che diventa ossessione, l’attrazione che sfocia in possesso, o il desiderio che si confonde con dolore. I ragazzi imparano l’amore dai social, dalle canzoni tossiche, dai film che romanticizzano il controllo. E poi si ritrovano senza strumenti per distinguere tra passione e autodistruzione.
“Non avere paura del buio che abbiamo dentro”
L’amore non è solo luce. Ha ombre, contraddizioni, lati che fanno paura. Ma è proprio lì che serve una guida: un insegnante che dica: «Sì, anche tu puoi provare questo. Ma ecco come non esserne travolto». Studiare i sentimenti non è debolezza – è l’unico modo per renderci liberi. Di fronte all’appello di Gino Cecchettin (padre di Giulia, uccisa dal femminicida Filippo Turetta) a bandire testi misogini,
Gamberale non offre risposte facili. Suggerisce invece una strada: leggere in classe quei brani “incriminati”, accanto a Dante e Philip Roth, per smontarne i meccanismi. Perché il problema non è ascoltare “odio chi altro ti ha avuta”, ma non avere gli anticorpi per capire che non è amore.
Dalla rete alle note
Il Manifesto della Comunicazione Non Ostile, nato nel 2017 per contrastare l’aggressività online, ha dimostrato che le parole possono educare o ferire, a seconda di come vengono usate. Ma mentre sui social si moltiplicano le campagne per un linguaggio rispettoso, nel mondo della musica – soprattutto in generi come trap e rap – testi espliciti che glorificano il possesso, la violenza o la misoginia spesso passano senza critiche, considerati “libera espressione artistica”. Eppure, se applicassimo alla musica gli stessi principi di responsabilità promossi da “Parole O_Stili”, forse potremmo trovare un equilibrio tra creatività e rispetto.
Alcuni artisti hanno già modificato i propri testi dopo aver riflettuto sul loro impatto sociale. Baby K, per esempio, ha rivisto il brano “Karma” (originariamente con versi come “Ti ammazzo come il Karma”) dopo averne discusso con il pubblico. Anche Ghali, in “Happy Days”, ha scelto toni più costruttivi, allontanandosi dagli stereotipi tossici. Piattaforme come Spotify, intanto, hanno introdotto filtri per contrassegnare contenuti sensibili, dimostrando che è possibile coniugare libertà artistica e sensibilità.
La sfida? Non si tratta di censurare, ma di responsabilizzare
Come scrive Gamberale, la musica è uno specchio: se impariamo a leggerla criticamente, può diventare uno strumento per capire chi siamo – e chi vogliamo essere. La vera educazione sentimentale non è un manuale del bravo innamorato, ma una mappa per esplorare chi siamo – e diventare adulti che sanno amare senza distruggere nessuno, soprattutto sé stessi. Compito della scuola è insegnare a riconoscerle, perché i ragazzi imparino a “puntare sulla luce” senza negare la complessità dei sentimenti.