Parigi 2024, il dibattito sulla “cultura della sconfitta”. Il tennista Vavassori: “Non si bada più alla persona, al percorso, ai sacrifici fatti per arrivare a certi livelli”

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Le Olimpiadi, si sa, sono un crogiolo di emozioni intense, dove la gioia sfrenata per la vittoria si intreccia con la cocente delusione per la sconfitta. E sono proprio le lacrime di Andrea Vavassori, inconsolabile dopo il ko nel torneo di doppio misto, a ricordarci che lo sport, come la vita, non è solo bianco o nero, medaglia d’oro o fallimento.

Vavassori, con gli occhi lucidi e la voce rotta dall’emozione, ha denunciato la mancanza di una “cultura della sconfitta” nel mondo dello sport e non solo. “Non si bada più alla persona, al percorso, ai sacrifici fatti per arrivare a certi livelli”, ha protestato il tennista azzurro, facendo eco alle parole di Benedetta Pilato, anche lei finita nella bufera per aver difeso il suo quarto posto nei 100 rana.

Le parole di Vavassori sono un monito per tutti, ma soprattutto per la scuola, chiamata a formare non solo atleti vincenti, ma soprattutto individui consapevoli, capaci di affrontare le sfide della vita con spirito critico e resilienza.

In un’epoca dominata dalla ricerca del successo a tutti i costi, la scuola ha il dovere di trasmettere ai giovani il valore del sacrificio, della dedizione, della perseveranza, insegnando loro che la sconfitta non è la fine di un percorso, ma un’occasione di crescita e di apprendimento.

Bisogna insegnare ai ragazzi che il vero successo non si misura solo in medaglie o riconoscimenti, ma nella capacità di dare il massimo, di superare i propri limiti, di rialzarsi dopo una caduta, con la consapevolezza che il valore di un individuo non dipende solo dai risultati ottenuti, ma anche dal percorso fatto e dalle sfide affrontate.

Le lacrime di Vavassori, dunque, non sono solo lacrime di delusione, ma un grido di dolore per una cultura che spesso dimentica il valore educativo dello sport, trasformandolo in un’arena spietata dove conta solo vincere. Un grido che la scuola, con il suo ruolo fondamentale nella formazione delle nuove generazioni, non può permettersi di ignorare.

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