Paolo Fallai: “La diffidenza? Non fidarsi ciecamente e chiedere sempre perché è il gioco più serio, dovrebbe essere insegnata a scuola”

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La parola “diffidenza”, attestata in italiano fin dal 1342, deriva dal latino diffidentia, e significa “mancanza di fiducia negli altri per paura o sospetto di venire ingannati”.

Come spiega Paolo Fallai sul Corriere della Sera, il termine, composto dal prefisso dis- (che indica negazione) e da fidare, invita ad un atteggiamento di prudente sospetto, fondamentale per non “fidarsi ciecamente”. Fallai sottolinea anche l’importanza di distinguere tra “diffidenza” e “diffida“, termine giuridico che indica un’intimazione formale a fare o non fare qualcosa.

L’autore suggerisce che la “diffidenza”, con le sue sfumature di prudenza e scetticismo, dovrebbe essere materia di studio a scuola, per aiutare i giovani a gestire delusioni e rapporti interpersonali.

Il ruolo cruciale della diffidenza nel giornalismo moderno

Fallai evidenzia l’importanza della diffidenza nel giornalismo, soprattutto nell’era dell’informazione digitale. Citando Sergio Lepri, ex direttore dell’Ansa, ricorda che “la notizia è un fatto che produce un cambiamento”. Aggiunge, poi, una considerazione attuale: “La notizia è un fatto che produce un cambiamento e che non conviene in modo esagerato a qualcuno”. Quando una notizia avvantaggia eccessivamente una parte, il giornalista deve adottare un atteggiamento di scetticismo e diffidenza, chiedere chiarimenti, consultare più fonti e non accontentarsi di una sola risposta.

Come Lorenzo Valla, che smascherò la falsa “Donazione di Costantino” grazie alla sua acuta osservazione e al suo spirito critico, anche i giornalisti devono coltivare la diffidenza come strumento essenziale per distinguere la verità dalla menzogna.

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