Pandemia e nuove opportunità: a colloquio con la professoressa Colucelli, responsabile della formazione della Fondazione Montessori

WhatsApp
Telegram

Pandemia e opportunità nella scuola, è un tema molto caldo che fa riflettere sulla possibilità che ha oggi il mondo della scuola di innovarsi in maniera forte e superare le difficoltà che l’hanno caratterizzata fino ad oggi. Ne abbiamo parlato con la Professoressa Sonia Coluccelli, Responsabile Formazione della Fondazione Montessori Italia e docente della scuola primaria.

Professoressa Coluccelli, lei è docente nella scuola Primaria, ci dice come è avvenuto il suo avvicinamento alla pedagogia montessoriana?

Da ventisei anni sono docente della Scuola primaria, ma circa 8 anni fa, quando è nata la mia seconda figlia, durante il periodo di maternità riflettevo su quale scuola avrei voluto sia per lei che per la sorella maggiore. Mi occupavo già di formazione e in quel periodo riflettevo su come la scuola avesse un approccio innovativo debole rispetto alle metodologie e alle idee che orientano il lavoro quotidiano di ogni insegnante. Mi rendevo conto che mancava una sorta di intenzionalità educativa, di capire come il bambino impara per poi orientare l’azione didattica quotidiana e individuare gli strumenti più adeguati per svolgere il lavoro. Ho iniziato a cercare all’interno della scuola pubblica quali metodologie potessero dare una risposta più organica alla domanda di come apprende un bambino. Fino a quel momento la Montessori la associavo alla fiction della Cortellesi o all’immagine sulla mille lire, poi, entrando nel merito delle sue idee, ho trovato in lei quella risposta organica che cercavo. Ovviamente non è l’unica risposta buona, ce ne sono diverse, ma il suo approccio verso i bambini mi ha interessato. Lei, che era un medico e non una pedagogista, ha iniziato ad osservare centinai di bambini, con un occhio scientifico, ed ha cercato di comprendere i meccanismi alla base dell’apprendimento. Prima che ad imparare le sue metodologie, ad usare i suoi materiali, la Montessori ci insegna ad osservare i bambini e questo credo sia uno stimolo importante per chi fa scuola secondo il modello Montessori, ma vorrei che lo fosse per tutti, anche per arrivare ad un modello di scuola attiva che sia un elemento indispensabile di innovazione.

L’inizio del ‘900 è stato un periodo di forte attivismo pedagogico, tra cui spicca il nome della Montessori. Oggi che viviamo un periodo di crisi legato alla pandemia si torna a parlare del metodo della Montessori e di come sarebbe importante introdurlo in maniera più efficace nella scuola italiana, ma non a tutti è chiaro in cosa consista. Lei che è esperta di questa metodologia ci aiuta a comprenderla meglio e soprattutto a quale fascia si rivolge?

Maria Montessori ha dedicato la gran parte dello studio e del suo lavoro ai bambini che abitavano e frequentavano le sue case dei bambini, così aveva chiamato i luoghi che accoglievano i bambini in una fascia d’età compresa tra i 3 e i 6 anni. Tuttora le scuole dell’infanzia Montessori si chiamano case dei bambini. La maggior produzione pedagogico-didattica che la Montessori ci lascia riguarda questa fascia d’età, ovvero quella 3-6, anche se oggi abbiamo molta formazione ad ispirazione montessoriana sulla fascia 0-3. E’ evidente che nel periodo in cui è vissuta la Montessori gli asili nido non fossero diffusi, per questo la sua riflessione sul bambino che va dai 0 ai 3 anni è una riflessione che non va tanto nel dettaglio di una struttura educativa come la conosciamo oggi. Per quanto riguarda la fascia che copre la scuola Primaria, quella dai 6 agli 11 anni, la Montessori ha lavorato in particolare sui bambini dei primi anni di questo ciclo di studi. Ovviamente questo materiale va integrato ed adattato con quelle che sono oggi le esigenze educative. Sull’adolescenza la Montessori ci lascia una sua visione che oggi non è facilmente inseribile in quella che è la scuola secondaria di secondo grado. Il metodo Montessori ha un’articolazione complessa e non è semplice descriverlo in poche battute. La formazione per i docenti è una formazione impegnativa che richiede diverso tempo. Credo che potremmo provare a sintetizzare questa metodologia in un principio fondamentale che è l’idea di un bambino costruttore. Attualmente ho una classe che è all’ultimo hanno della scuola primaria, quindi sta concludendo un ciclo di studi importante, e ai miei ragazzi dico sempre che loro hanno una casa da costruire, che loro sono dei muratori a cui metto a disposizione un cantiere attrezzato. Questa mi sembra l’immagine più efficace, quella del cantiere, dove da una parte i ragazzi trovano strumenti di lavoro che sono i materiali di sviluppo, che sono delle astrazioni materializzate dove i ragazzi toccano con mano i concetti. La Montessori aveva provato a vincere questa sfida a trasformare i concetti astratti in oggetti di lavoro, quindi il migliaio, l’aggettivo, il complemento oggetto diventano una cosa che io posso toccare. In pratica i ragazzi manipolano dei materiali scientifici studiati a questo scopo per comprendere prima attraverso la mano, che è lo strumento dell’intelligenza, qualcosa che poi passa in maniera efficace all’astrazione. Questo avviene in questo cantiere, dove i bambini trovano questi materiali, ma i costruttori sono loro. C’è quindi tutto un discorso sulla motivazione ad apprendere, della libera scelta dei materiali, che caratterizza fortemente il metodo, ovvero la spinta del bambino a costruire se stesso e il proprio sapere, cioè la sua casa. In pratica il bambino unisce due elementi fondamentali per la sua crescita che consistono nell’unire quello che so con quello che so fare. La responsabilità di questa costruzione dipende prevalentemente dalla volontà del bambino. E’ un cambio di prospettiva fondamentale che mette al centro l’attività del bambino che spesso nella metodologia d’insegnamento classico si tende a soffocare convinti che tutto dipenda da noi. Il docente ha il compito di preparare i materiali e l’ambiente di lavoro, di mostrare come utilizzare questi materiali che siano di supporto e stimolo alla motivazione.

Lei ci ha spiegato per grandi linee, ovviamente per motivi di tempo, in cosa consiste il metodo della Montessori, ma quali consigli si sente di dare ad un docente che volesse approfondire la conoscenza di questo metodo.

Esistono dei corsi per approfondire la conoscenza del metodo Montessori. Sono corsi abbastanza impegnativi e articolati, soprattutto per la scuola primaria che vede una vera e propria rivoluzione metodologica. Nei corsi si impara ad utilizzare i materiali, a come preparare gli ambienti, ma in particolare si approfondisce il ruolo che l’insegnante deve assumere per ottimizzare questa metodologia didattica. Ci sono corsi di diversa durata che permettono di acquisire un titolo di specializzazione o di differenziazione didattica. Parliamo di corsi che vanno grossomodo da 300 a 500 ore di attività articolate tra attività di formazione in aula, esercitazioni e osservazioni in scuole Montessori. Sono corsi che vengono erogati da enti diversi tra cui rientra la Fondazione Montessori Italia. In questo periodo particolare, dovuto all’emergenza pandemica, anche i corsi hanno subito delle modifiche. Non potendo avviare corsi in presenza, per quest’anno sono stati predisposti dei corsi di formazione a distanza che se da un lato hanno dei limiti dovuti proprio al fatto di non poter avere un rapporto diretto con il formatore, dall’altro permette di allargare la platea dei beneficiari in quanto fruibile anche da chi in precedenza aveva problemi legati alla distanza dal luogo di formazione o difficoltà familiari a spostarsi. La formazione al metodo Montessori, in generale, prevede una fase teorica alla quale segue una pratica dove il docente tocca con mano i materiali di apprendimento. Questa seconda fase è importante perché è fondamentale che il docente abbia consapevolezza dei materiali che successivamente proporrà ai propri alunni. E’ importante presentare correttamente ai bambini il materiale per avere un risultato migliore in termini di apprendimento. Partecipare a questi corsi va un po’ oltre il normale aggiornamento a cui i docenti normalmente partecipano, si tratta di una scelta. Voglio precisare che la partecipazione a questi corsi non comporta alcun obbligo, il docente è libero di adottare la metodologia che ritiene più opportuna all’azione didattica che intende adottare.

Parlavamo di pandemia, un elemento che ha caratterizzato la scuola in questo periodo è stata l’introduzione della didattica a distanza, totale nella prima fase e che ha coinvolto principalmente le scuole secondarie di secondo grado in questo momento. In periodo di DAD come si può mantenere la relazione educativa ed in particolare l’approccio della pedagogia montessoriana?

E’ stata la prima domanda che mi sono posta alla fine di febbraio. Come continuare ad essere coerenti e fedeli ad un modello didattico-educativo come quello della Montessori. La DAD è una modalità che prevede un approccio da schermo a schermo, ma non solo, cambiano anche gli ambienti, i bambini si collegano da casa e quindi la casa diventa quel cantiere di cui abbiamo parlato prima. A questo punto la difficoltà era quella di trovare gli strumenti da mettere a disposizione dei ragazzi, in pratica quei mattoni e attrezzi che servono al costruttore-bambino a tirare su la propria casa. La scelta che abbiamo fatto è stata quella di andare all’essenziale, al cuore del metodo pedagogico. Cioè cosa era importante salvaguardare a tutti i costi per continuare ad avere un approccio montessoriano. Sentivamo la necessità di cercare di mantenere gli alunni anche su un livello analogico e non solo digitale, quindi non solo utilizzare le risorse digitali. L’obiettivo era quello di mantenere il “cerchio”, più semplice in una didattica in presenza, complicato nella didattica a distanza. Ad esempio è possibile scrivere diari collettivi, storie staffette, è possibile predisporre un giornalino di classe ognuno da casa sua, progettare il ritorno a scuola con Google Maps, mettere insieme le idee componendole in un testo collettivo. Don Milani a proposito ci insegna molto su questa modalità di scrittura collettiva. Abbiamo cercato di fornire materiali che potessero mantenere l’approccio montessoriano pur ricorrendo a strumenti in formato digitale, che hanno un aspetto bidimensionali, al posto dei classici materiali in legno che hanno un aspetto tridimensionali. L’obiettivo era quello di continuare a utilizzare le mani come strumento principale di apprendimento. Un altro aspetto su cui riflettevo durante la prima fase era il fatto che la nostra scuola aveva in atto gemellaggi, adozioni a distanza, alunni stranieri che comunicavano abitualmente a distanza con i propri familiari. Quindi la distanza era un elemento già presenta nella nostra vita, anche scolastica, e ci siamo dotati nel tempo di strumenti idonei a superare quel muro rappresentato appunto dalla distanza fisica. A volte può rappresentare anche un valore il fatto di sentire vicino chi ci è lontano. Nella DAD l’aspetto che ritengo fondamentale è la radicalità nel senso etimologico del termine. Non come estremismo, ma come riconoscimento delle proprie radici nelle quali ritrovare poi la propria ispirazione.

La DAD ha messo a nudo tutte le criticità della scuola italiana di oggi, in particolare i limiti della lezione frontale e le modalità di reclutamento dei docenti incentrato sulla conoscenza della materia. Questo ha portato alla nascita di un dibattito sulla possibilità di ammodernamento della scuola. Potrebbe essere l’occasione per una maggiore diffusione del metodo Montessori tanto apprezzato all’estero e poco attuato in Italia?

Lo sarebbe. Credo che attualmente si stia allargando la forbice tra chi già da tempo si sia messo in discussione alla ricerca e alla sperimentazione di nuove metodologie pedagogiche e chi, proprio spaventato dall’accelerazione su una riflessione di questo tipo, va in difensiva. Noto inoltre una maggiore onda conservatrice che si sta sviluppando. Ad esempio da quest’anno il Ministero dell’Istruzione ha predisposto un cambiamento della valutazione nella scuola primaria sostituendo la valutazione decimale con quattro livelli di apprendimento. Quindi noi oggi abbiamo delle nuove linee guida che ci dicono che vale la pena fermarsi a riflettere su quali siano le modalità di valutazione e i relativi strumenti. Ma nella gran parte degli istituti scolastici d’Italia, per la scuola primaria, si sta facendo un’operazione di trasferimento speculare dal voto numerico ad uno dei quattro livelli di apprendimento individuati. In pratica il meccanismo di difesa al cambiamento è molto forte, come se si generassero degli anticorpi dentro il corpo docente, nel suo insieme, che tendono a prevalere rispetto alle spinte di cambiamento per quanto argomentate e per quanto riconosciute a livello del Ministero. Anche di fronte all’emergenza che stiamo vivendo sembra che si viva in una sorta di stan-by in attesa di rientro nella zona di comfort dentro cui si è sempre vissuti. Riesce ad innovare chi si mette in discussione ed è capace di uscire dalla zona di comfort. Avere l’onestà intellettuale di ammettere che il modello di scuola attuale non funziona permette di andare alla ricerca di soluzioni innovative. La dispersione scolastica, che ha avuto un forte incremento durante la crisi pandemica, aveva un trend di incremento già prima del Lockdown. Facciamo molta fatica a ragionare in termini di sistema e di innovazione generale. Nella mia scuola, e in quelle della nostra rete montessoriana, già da tempo stiamo cercando di restituire alle famiglie una valutazione basata su una relazione discorsiva, dettagliata, e soprattutto personalizzata, che permetta effettivamente di raccontare i diversi aspetti del percorso dei bambini non solo senza i voti e senza i livelli, ma soprattutto senza quelle terribili frasi standardizzate da copia e incolla che dovrebbero essere un giudizio sintetico ma che accorpano gruppi di bambini dentro la medesima fase, che è il fallimento di un’idea di valutazione formativa. La completa resa di professionisti del settore dell’educazione rispetto al tema della valutazione formativa che rappresenta uno dei pilastri della nostra professionalità.

Lei è responsabile della formazione della Fondazione Montessori. Nel paese dove la Montessori è nata ed ha avviato i primi passi nella costruzione del suo metodo, quanto è importante è perché nasce la fondazione Montessori.

La Fondazione Montessori nasce con la mission principale che è quella della diffusione del pensiero montessoriano. La principale caratteristica di questo ente è quello di considerare che la fedeltà maggiore al pensiero montessoriano la si ha rendendolo permeabile e attuale. Maria Montessori è morta nel 1952, diverse decine di anni fa, e nel frattempo sono accadute molte cose nella scuola e nella pedagogia. In molti hanno provato ad innovare, penso a don Milani, al maestro Manzi, a Mario Lodi, a Gianni Rodari, più recentemente pensiamo alle scuole senza zaino, alle pedagogie nel bosco e via dicendo. Questo per dire che come la Montessori ha dedicato tutta la sua vita osservando e confrontandosi con il lavoro degli altri, così chi adotta il pensiero montessoriano deve avere una visione permeabile ed essere capace di mantenere un dialogo aperto con tutto quello che lo circonda. La fondazione Montessori ha un approccio laico dal punto di vista pedagogico, che mi sembra il più scientifico possibile. Considerare immutabile un metodo pedagogico che fa riferimento alle scienze umane lo considero antiscientifico. Un metodo come il nostro non può restare immutabile per decenni, è contro l’approccio di innovazione e ricerca che era alla base dell’attività della Montessori. Maria Montessori diceva di seguire i bambini e non lei, chiedeva di continuare nell’osservazione dei bambini, di liberare l’educazione dai pregiudizi che la opprimono. La nostra Fondazione cerca di permettere quei dialoghi che per motivi storici non sono stati possibili. Evidentemente la Montessori non ha potuto incontrare e farsi una chiacchierata ad esempio con Gianni Rodari o con don Milani. E’ interessante, invece, che quel dialogo possa accadere nella nostra storia di insegnanti e di educatori. Partendo dalla conoscenza di Maria Montessori è possibile cogliere queste paternità pedagogiche che ci sono con altri grandi uomini e donne che hanno trovato delle risposte simili ma che magari hanno approfondito alcuni aspetti che Maria Montessori non ha potuto approfondire. Quindi Fondazione Montessori nasce non solo per diffondere quel pensiero ma per metterlo in dialogo e renderlo attuale oggi. Ad esempio ho scritto un libro sul metodo Montessori nelle classi multiculturali dove troviamo bambini che magari non parlano bene l’italiano perché, ad esempio, di nuovo arrivo nel nostro paese e quindi quanto i materiali Montessori possano essere utili in queste classi. E’ ovvio che non ci sia nessun testo di Maria Montessori che ne parli, non rappresentava un’esigenza pedagogica ai tempi della Montessori, è logico che non ne parli. Quindi essere montessoriani oggi significa prova a dire qualcosa che lei non ha detto ma che si ispira al suo modo di pensare e approcciare ai problemi.

Chiudiamo con un’ultima domanda, oltre alla formazione la vostra Fondazione rilascia delle certificazioni sul metodo montessoriano facendo una distinzione tra scuole ad ispirazione Montessori e scuole a metodo Montessori, ci spiega la differenza?

Ci sono scuole che non desiderano o non hanno insegnanti intenzionati a modificare in maniera strutturale la loro didattica ma trovano interesse in alcune pratiche o materiali di ispirazione montessoriano che integrano con altre pratiche e modalità di lavoro. Quindi possiamo dire che queste scuole hanno un indirizzo di quel tipo ma non assumono l’impalcatura essenziale del metodo come orientamento di tutte le azioni didattiche. Questo non vuol dire che una scuola a metodo Montessori sia una scuola dove si utilizzano solo i materiali Montessori, significherebbe non avere quella permeabilità di cui abbiamo parlato prima. Ad esempio io lavoro in una scuola a metodo Montessori ad Omegna, che è però la città di Gianni Rodari, e quindi non si può non tener conto degli spunti che arrivano da un personaggio della sua grandezza. Collaboriamo molto con il parco della fantasia Rodari perché le affinità sono molto forti tra le due visioni. Le diciture di cui stiamo parlando servono forse più per presentarsi all’esterno e magari dare un’informazione più chiara alle famiglie di come si lavora in queste scuole. Quello che volevo magari specificare meglio è che esiste una distinzione più significativa tra scuola a differenziazione didattica Montessori, che sono scuole che reclutano soltanto persone formate con quel metodo, e scuole a metodo Montessori che possono essere avviate senza il vincolo del titolo in possesso degli insegnanti. Concludendo possiamo affermare che qualsiasi scuola che si avvicini al metodo della Montessori è una scuola aperta e predisposta all’innovazione, che forse in questo momento è la soluzione migliore che ogni scuola possa adottare.

WhatsApp
Telegram

Abilitazione all’insegnamento 30 CFU. Corsi Abilitanti online attivi! Università Dante Alighieri