Ordini di servizio al personale ATA: requisiti, rifiuto, illegittimità

L’ordine di servizio è l’atto con il quale si impartiscono istruzioni e prescrizioni dettagliate che non lasciano margini di discrezionalità e autonomia al soggetto destinatario. Si inquadrano infatti nell’ambito di relazioni di subordinazione gerarchica.
Nelle scuole, tra il Direttore dei servizi generali e amministrativi e il personale A.T.A. (assistenti amministrativi, assistenti tecnici e collaboratori scolastici) intercorre appunto un rapporto di subordinazione, per il quale il DSGA è il soggetto gerarchicamente sovraordinato, a cui è riconosciuto il potere di direzione, organizzazione e vigilanza delle attività del personale sottoposto.
La tabella A, area D, allegata al CCNL Comparto Scuola 2006-2009 prevede infatti che il DSGA “cura l’organizzazione svolgendo funzioni di coordinamento, promozione delle attività e verifica dei risultati conseguiti, rispetto agli obiettivi assegnati ed agli indirizzi impartiti, al personale ATA, posto alle sue dirette dipendenze”.
L’ordine di servizio, meglio definibile “disposizione di servizio”, è appunto estrinsecazione di tale potere, per l’attribuzione di mansioni, incarichi, svolgimento di compiti, attribuzione della sede e dell’orario di servizio.
Obbligo di esecuzione dell’ordine di servizio.
In presenza in un ordine di servizio validamente formulato, il personale ATA deve eseguire quanto impartito, attenendosi scrupolosamente alle indicazioni fornite, sulla base del rapporto di subordinazione.
L’ottemperanza alle disposizioni di servizio è in generale rimarcata dall’art.11 del D.P.R. 62/2013 (Regolamento recante il codice di comportamento dei dipendenti pubblici): “il dipendente, salvo giustificato motivo, non ritarda ne’ adotta comportamenti tali da far ricadere su altri dipendenti il compimento di attività di propria spettanza”.
Inoltre, per il personale scolastico, l’art. 11 del CCNL Comparto Istruzione 2016-2018, prevede, tra gli obblighi di servizio, alla lettera H) “eseguire le disposizioni inerenti l’espletamento delle proprie funzioni o mansioni che gli siano impartite dai superiori”.
Requisiti dell’ordine di servizio.
La disposizione di servizio deve essere resa per iscritto, nel rispetto della tracciabilità dei processi decisionali adottati, garantita attraverso adeguato supporto documentale, che consenta in ogni momento la replicabilità, come previsto dall’art.9 del DPR 62/2013. Inoltre, per una adeguata formulazione, il documento deve riportare:
- Protocollo e data;
- Normativa a supporto e motivazioni di fatto;
- Indicazione chiara e puntuale delle disposizioni di servizio da eseguire;
- Firma del Dirigente scolastico o del D.S.G.A.
Da ultimo va portato all’attenzione del lavoratore nei modi ritenuti opportuni: brevi manu, per email, tramite registro elettronico in utilizzo presso la scuola, etc.
A margine dei requisiti illustrati, risulta chiaro che eventuali disposizioni impartite in via informale, specie attraverso sms o whatsapp, pur se di prassi comune, risultino palesemente illegittime.
Rifiutare un ordine di servizio.
Salvo i casi di forza maggiore o stato di necessità, qualora il dipendente non adempia un ordine di servizio, redatto in forma scritta e regolarmente notificato al destinatario, che non presenti profili di illiceità, il DSGA procede a relazionare per iscritto le circostanze dell’accaduto al Dirigente scolastico, titolare del potere disciplinare, ai fini dell’esercizio obbligatorio dell’azione disciplinare.
La violazione di una disposizione di servizio costituisce infrazione disciplinare, presupposto che legittima l’apertura di un procedimento disciplinare, nel rispetto delle norme previste dall’art.7 della L. n.300/1970 (Statuto dei lavoratori), del D.Lgs. 165/2001 e delle norme in materia previste dai CCNL.
Ove sia accertata la responsabilità disciplinare del dipendente, sarà possibile irrogare sanzioni disciplinari previste dall’art.12 del CCNL 2016-2018, nel rispetto dei principi di gradualità e proporzionalità della sanzione.
In particolare, la violazione di una disposizione di servizio comporta l’applicazione delle sanzioni del rimprovero verbale, o del rimprovero scritto, o della multa fino a 4 ore di retribuzione, ai sensi del Codice disciplinare previsto all’art. 13, comma 3, lettera a), CCNL 2016-2018. Nel caso di una eventuale recidiva, alla mancata ottemperanza a un ordine di servizio, si può arrivare alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione sino a un massimo di 10 giorni, come previsto dal successivo comma 4 dell’art.13.
Ordine di servizio illegittimo o illecito.
In presenza di un ordine di servizio impartito che presenti profili di manifesta illegittimità, intesa come disposizione contrastante con i regolamenti interni, la normativa e i CCNL, il dipendente deve fare rimostranza per iscritto al DSGA, indicando le motivazioni sottese alla volontà di non adempiere alla prescrizione (ad. es. ordine di servizio che imponga di eseguire lavoro straordinario).
Nel caso in cui l’ordine venga impartito nuovamente, per iscritto, il dipendente deve sottostante all’obbligo di darvi esecuzione. La tesi trova puntuale conferma anche nella giurisprudenza della Cassazione, come con la sentenza n. 9736 del 19 aprile 2018 che ha affermato che il lavoratore non può rifiutarsi di eseguire un ordine di servizio ove reiterato, specificando che tale principio trova applicazione anche al pubblico impiego privatizzato.
L’unico caso in cui è possibile rifiutare un ordine di servizio, pur se rinnovato in forma scritta, è previsto dall’art.11 lettera h del CCNL 2016-2018, che ne prevede la possibilità nei casi in cui la disposizione di servizio violi la legge penale o costituisca illecito amministrativo.
Ordini di servizio e mobbing.
Il mobbing è l’atteggiamento tenuto nei luoghi di lavoro dai superiori e/o dai colleghi per vessare il lavoratore, attraverso varie modalità esplicite o implicite e nell’ambito di un disegno vessatorio univoco, assumendo i caratteri della discriminazione, della persecuzione o addirittura della violenza psicologica.
Affinché gli ordini di servizio assumano caratteristiche, riconducibili a tale pratica, spetta al dipendente destinatario la prova:
- di atti e comportamenti persecutori, di per sé legittimi o illegittimi, contro il lavoratore;
- di un disegno vessatorio univoco, che leghi i singoli atti in maniera organica;
- dell’intento persecutorio del superiore;
- del danno psicofisico cagionato al lavoratore;
- del nesso di causa tra intento e danno psicofisico;
Possono essere caratteri sintomatici di mobbing l’utilizzo eccessivo di disposizioni di servizio, ripetute nel tempo in maniera sistematica, verso lo stesso dipendente, e l’utilizzo di motivazioni pretestuose.