Ora di religione, per gli atei e agnostici si fa “solo propaganda”: “Spacciano l’insegnamento come fosse un’attività culturale, ma così è un imbroglio lessicale”
L’insegnamento della religione cattolica continua a suscitare intense discussioni. Roberto Grendene, segretario nazionale dell’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (UAAR), ha espresso un forte dissenso sulle pagine de La Repubblica, mettendo in luce una serie di criticità legate a questa pratica.
Secondo Grendene, ciò che viene presentato come un’attività culturale non è altro che un “imbroglio lessicale”, una forma di propaganda ben camuffata dietro la facciata dell’educazione.
La legge italiana, infatti, stabilisce che l’insegnamento religioso nelle scuole deve essere “impartito in conformità con la dottrina della Chiesa”. Gli insegnanti, selezionati direttamente dal vescovo ma retribuiti dallo Stato, devono avere un background formativo approvato dalla Santa Sede e ottenere un’idoneità diocesana basata su principi quali retta dottrina, abilità pedagogica e una vita privata in linea con i valori cristiani.
Tale meccanismo pone non poche questioni etiche e professionali. Grendene sottolinea come tale sistema escluda a priori tutti quei potenziali insegnanti che, pur avendo le competenze pedagogiche e culturali necessarie, non si allineano completamente con la morale cattolica su temi quali l’aborto, la contraccezione e l’eutanasia. Di fatto, questo criterio di selezione rischia di trasformare l’insegnamento religioso in un canale per la diffusione di una specifica visione del mondo, finanziato con fondi pubblici ma non aperto a una pluralità di vedute.
La questione solleva importanti riflessioni sulla libertà di insegnamento e sulla neutralità dello Stato in ambito educativo. Mentre alcuni difendono l’importanza dell’insegnamento religioso come veicolo di valori e tradizioni, altri lo percepiscono come un residuo di tempi passati, non più in linea con una società moderna e pluralista.