Ora di religione a scuola, se i genitori separati dell’alunno sono in disaccordo sulla frequenza a scegliere sarà il giudice

Ora di religione a scuola: se i genitori separati non trovano un accordo la decisione per il figlio spetta al giudice. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che è intervenuta in merito ad una vicenda che ha visto una bambina che, ad avviso del padre dovrebbe seguire l’ora di religione mentre la madre dice no.
La Cassazione, riporta Il Gazzettino, ha rinviato alla Corte d’Appello di Venezia il caso ed ha sottolineato che la scelta dovrà essere fatta “sulla base del preminente interesse del minore”, a prescindere dalle convinzioni di papà e mamma, anche perché non si tratta di catechismo, bensì di un’occasione di “multiculturalismo”, mirata per gli alunni “alla comune ricerca di premesse per una dimensione spirituale da coltivare nei modi che matureranno, singolarmente”.
I due genitori prima della separazione non avevano impartito alcuna educazione cattolica. In seguito alla rottura della loro relazione la bimba è stata collocata presso la madre. Poi il Tribunale nel 2021 aveva disposto che fosse proprio il padre a decidere sull’ora di religione a scuola.
Nel 2022 la Corte d’Appello aveva sancito “il diritto del padre di educare la figlia secondo le proprie convinzioni non prevale sul diritto della madre a non impartire un’educazione religiosa sino a quando la figlia non potrà compiere una propria scelta”.
In seguito, nel secondo grado, era stato infatti ritenuto che “non spetta a un giudice sostituirsi ai genitori nello stabilire se un’educazione religiosa possa garantire – come ritiene il padre secondo le sue convinzioni – una crescita “sana ed equilibrata”, in quanto le scelte in materia di religione sono insindacabili”.
Adesso la Cassazione ha ribaltato tale orientamento, ritenendo che il giudice, “come soggetto super partes, è chiamato espressamente, in via del tutto eccezionale, a ingerirsi nella vita privata della famiglia, adottando i provvedimenti relativi alla prole, in luogo dei genitori che non siano stati in grado di comporre i propri dissidi ideologici e le correlate convinzioni e di stabilire, di comune accordo, le linee educative”.
Agendo in tal senso la decisione non sarà arbitraria, “ma deve essere assunta secondo un criterio stabilito dalla legge, quello dell’esclusivo riferimento al superiore interesse, morale e materiale, del minore coinvolto, nel caso concreto in esame”.
A guidare nella scelta, infatti, dev’essere il “preminente interesse del minore ad una crescita sana ed equilibrata”.