Oltre l’80% dei docenti è sotto stress estremo, sui social è dibattito: “Altri lavorano sotto il sole a 40 gradi”, “lo Squid Game italiano”, “ma chi si preoccupa degli ATA? Siamo collassati”

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L’insegnamento in Italia è una professione ad alta intensità emotiva e organizzativa, come conferma uno studio del Centro Studi Erickson e dell’Università di Padova, pubblicato sull’International Journal of Educational Research.

Su un campione di 1.904 docenti, l’85% ha dichiarato un livello di stress pari o superiore a 7 su 10, mentre solo l’1,4% si colloca su valori bassi (≤ 3/10). La ricerca evidenzia come la complessità gestionale, il carico burocratico e le relazioni con studenti e famiglie siano tra i principali fattori di pressione.

Le reazioni sui social: tra denigrazione e richiesta di riconoscimento

Le reazioni alla pubblicazione dello studio hanno acceso un dibattito acceso soprattutto sulla pagina Instagram di Orizzonte Scuola.

Tra i commenti più ricorrenti, emerge una svalutazione del lavoro docente, con paragoni ad altre professioni fisicamente più usuranti. “Ci sono persone che lavorano sotto il sole a 40 gradi, rischiando la vita per uno stipendio misero”, scrive un utente, sottolineando una percezione diffusa che sminuisce le difficoltà degli insegnanti. Altri aggiungono: “Voi vi stressate? E chi è in permesso 104 o malattia?”, evidenziando un pregiudizio verso chi usufruisce di congedi per motivi di salute. La risposta di alcuni docenti è netta: “Chi critica provi a fare le nostre 4 ore in classe, più correzioni, PCTO e burocrazia”.

Mentre l’indagine si concentra sui docenti, il personale ATA protesta per la mancanza di attenzione. “Ma cavoli, del personale ATA nessuno ne parla? Siamo scoppiati, stiamo collassando”, scrive un assistente amministrativo. Altri sottolineano le condizioni lavorative critiche: stipendi bassi, carichi eccessivi e scarsa considerazione. “Per gli assistenti amministrativi è una passeggiata? Provate a gestire la mole di lavoro che abbiamo”, ribatte un altro commento, denunciando una gerarchia dello stress che spesso esclude chi lavora “dietro le quinte”.

Alcuni insegnanti rispondono alle critiche con un’analisi economica e motivazionale. “Spiego ai miei alunni i concetti di spesa, ricavo e perdita: per noi, economicamente, è una perdita netta”, scrive una docente, riferendosi agli anni di formazione costosa (lauree, master, abilitazioni) e agli stipendi non sempre proporzionali. Eppure, molti continuano per passione: “Se tolleriamo tutto questo, è per il valore umano del nostro lavoro”. Altri lanciano una sfida: “Denigratori dei prof, il prossimo concorso è aperto anche a voi”, evidenziando come la professione richieda competenza e resilienza, nonostante lo scarsissimo riconoscimento sociale.

Tra sacrifici e passione: perché si resiste?

Nonostante le difficoltà, molti docenti continuano a svolgere il loro lavoro con dedizione, sostenuti dalla soddisfazione educativa. “Dal punto di vista economico siamo in perdita, ma umanamente è diverso”, osserva un’insegnante, ricordando gli anni di formazione e gli investimenti personali necessari per entrare nel mondo della scuola. La discussione rimane aperta: se da un lato c’è chi invita a valorizzare la professione, dall’altro persistono pregiudizi e una mancanza di riconoscimento sociale, che rischiano di aggravare la crisi del settore.

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