Oltre il burnout, la meditazione per ritrovare la gioia di insegnare. Il pedagogista Migliorati: “La nostra benzina è l’emozione. Meno stress, più apprendimento” [INTERVISTA]
“Il gioco del Benessere. Teoria e pratica della meditazione fisiologica emotiva per i bambini” è un manuale semplice da comprendere e soprattutto applicabile da subito nel lavoro con i bimbi e le bimbe, che integra conoscenze teoriche ad aspetti pratici, fornendo anche moltissimi spunti operativi.
Lo ha scritto Simone Migliorati, pedagogista che opera attraverso consulenze in scuole di ogni ordine e grado che in ambito privato, con incontri individuali o in piccolo gruppo di bimbi con difficoltà, disagi o con disabilità, oltre che nel supporto alla genitorialità. Si occupa di supervisione professionale e di formazione per gli insegnanti e di formazione anche in ambito sanitario. A Orizzonte Scuola interviene l’autore.
Come può un insegnante integrare efficacemente la meditazione fisiologica emotiva nella routine quotidiana della classe, considerando i vincoli di tempo e le diverse esigenze degli studenti?
“Partiamo da una premessa forse scontata ma fondamentale. Fare l’insegnante oggi è un compito complesso, che riguarda non solo aspetti culturali e nozionistici ma anche e soprattutto aspetti educativi e civici. Non dobbiamo dimenticare che a scuola oggi troviamo tra i banchi gli adulti di domani, per questo è fondamentale investire tempo in pratiche anche di consapevolezza emotiva e corporea. Il punto è proprio questo. Il primo aspetto da tenere in considerazione e da avere ben presente è che dedicare tempo ad un progetto di meditazione fisiologica emotiva o ritagliare del tempo nell’ora di lezione ad esercizi specifici di consapevolezza ed autoconsapevolezza NON è una perdita di tempo, tutt’altro. E’ un vero e proprio investimento che vale tanto quanto la lezione didattica e nozionistica alla quale certamente non possiamo e non dobbiamo sottrarci. Ecco, se la predisposizione interiore è legata al pensiero che si sta facendo qualcosa di buono ecco che il tempo si trova, pur se già molto risicato dai numerosi obblighi a cui gli insegnanti devono assolvere. Rispetto alle diverse esigenze degli studenti, permettersi di dedicare tempo a pratiche di questo tipo ci permetterà di scoprire aspetti dei nostri studenti anche inaspettati. Mi capita spesso che gli insegnanti si stupiscano del fatto che Daniele (nome di fantasia), ragazzo di solito così agitato, dimostri una grande capacità di concentrazione e di consapevolezza emotiva, così come Michela (sempre nome di fantasia) riesca ad aprirsi quando in classe è così restia alla relazione. Ecco, l’efficacia dell’intervento si verifica anche nella misura in cui permettiamo ai nostri studenti di giocarsi con strumenti e possibilità diverse rispetto a quelle convenzionali”.
Quali strategie può adottare un educatore per adattare le attività di meditazione fisiologica emotiva a situazioni impreviste o cambiamenti emotivi improvvisi nella classe?
“Ecco il punto fondamentale. Benché si pensi che il centro motivazionale e di azione della Persona sia la testa, la mente per esattezza, le neuroscienze hanno ormai dimostrato sul piano scientifico che la nostra benzina è l’emozione. La professoressa Daniela Lucangeli, luminare della neuropsicologia ha proprio affermato che “è l’emozione il grande decisore”. Ecco perché due minuti di contatto con il proprio respiro con una mano sulla pancia da seduti al banco piuttosto che un gioco di movimento veloce da in piedi a seduti possono “smuovere l’energia” (intesa come fisiologia delle emozioni). “Perdere” due minuti di tempo, ma anche cinque, per due giochi di questo tipo in un’ora di lezione permette agli studenti di concentrarsi per il tempo restante rendendo il triplo rispetto a quanto avrebbero fatto senza il “gioco” o attivazione”.
In che modo la pratica regolare della meditazione fisiologica emotiva potrebbe influenzare il clima emotivo della classe e le dinamiche di gruppo tra gli studenti?
“Mi permetto di cambiare il verbo della domanda. Il clima emotivo della classe e, conseguentemente, le dinamiche di gruppo non “potrebbero” cambiare ma cambiano, migliorano. La prova la si ottiene ovviamente solo con l’esperienza pratica e concreta ma è evidente che se in un gruppo di persone si incontrano soggetti consapevoli di sé e centrati, le relazioni saranno meno soggette ai giochi di proiezione che spesso sono alla base dei conflitti ma non solo, il conflitto (che è sano che avvenga!) si gestirà in maniera molto meno complessa perché se sono appagato e visto per chi realmente sento di essere, allora non ho bisogno di mettere in atto pratiche egoiche per essere viste. Nel conflitto non mi interesserà quindi avere ragione, quanto piuttosto sentirmi accolto. Attenzione, questo non funziona solo nel gruppo di studenti, ma anche nei consigli di classe e nei team in generale, per questo spesso accompagno proprio i team di lavoro alla creazione di relazioni ecologiche, partendo proprio dalla centratura e dalla conoscenza di sé”.
Come si può valutare l’efficacia di un programma di meditazione fisiologica emotiva in ambito scolastico, oltre la semplice percezione soggettiva dell’insegnante?
“L’efficacia di ogni intervento educativo e pedagogico, ma anche di consapevolezza corporea ed emotiva dovrebbe essere valutata attraverso item che siano misurabili, affinché la valutazione sia il più possibile oggettiva. L’indicazione che do sempre è dare un proprio punto di vista per ogni incontro, che sia sintetico. La domanda deve essere “è stato efficace o no?”, non va bene chiedersi “è andata male o è andata bene?”. Accanto a queste osservazioni soggettive sarebbe utile comprendere quale è l’obiettivo del percorso di meditazione fisiologica emotiva, ad esempio “ridurre le situazioni conflittuali nel gruppo classe” o ancora “migliorare la situazione dell’ansia da prestazione prima delle interrogazioni e dei compiti in classe” e, a seconda dell’obiettivo o degli obiettivi, che devono comunque essere pochissimi, darsi un valore misurabile, nel primo caso per esempio tenere traccia del numero di situazioni conflittuali prima dell’inizio del percorso e a conclusione dello stesso. Nel secondo caso, per esempio verificare se la valutazione media della classe all’inizio e alla fine del percorso hanno subito variazioni”.
Quali potrebbero essere le potenziali resistenze o sfide nell’implementare queste pratiche in un contesto scolastico tradizionale, e come potrebbero essere superate?
““Si è sempre fatto così” e “gli studenti di oggi sono demotivati e se ne fregano di queste cose, preferiscono stare al telefono a guardare TikTok piuttosto che pensare a percorsi di consapevolezza corporea ed emotiva”. Questi sono solo due esempi. La prima frase in particolare la riscontro in ogni settore in cui opero anche come formatore in ambito sanitario sul team di lavoro, oltre che nei miei interventi di supervisione in scuole di ogni ordine e grado. C’è sempre resistenza al cambiamento ma non perché siamo cattivi, semplicemente perché la mente è strutturata per portarci a continuare a “navigare in acque conosciute” piuttosto che osare cambiare e cambiare rotta o semplicemente portarsi più al largo del solito. L’unico modo per superare le resistenze è agire. Iniziare. Bastano veramente pochi minuti su un’ora di lezione, neanche a tutte le lezioni, ma soprattutto per praticare la meditazione fisiologica emotiva che non è solo un protocollo operativo, ma è una vera e propria “filosofia di educazione” serve cambiare il paradigma. Serve comprendere che per insegnare serve emozionare, serve comprendere che l’emozione associata all’apprendimento condiziona inequivocabilmente la prestazione perché essa emerge al manifestarsi della competenza cognitiva. Serve Vedere i nostri studenti nei loro punti di forza e nei loro punti di debolezza. Serve tornare ad innamorarsi del proprio lavoro e comprendere che davvero l’insegnante può essere e fare la differenza nel mondo”.
In che modo la formazione degli insegnanti sulla meditazione fisiologica emotiva potrebbe migliorare non solo il benessere degli studenti, ma anche quello degli educatori stessi?
“Nel momento in cui accompagno le Persone ad incontrare nuove parti di Sé, ad avere consapevolezza delle proprie potenzialità e dei propri talenti scopro qualcosa di nuovo anche di me. E’ realmente un viaggio in cui non si è mai giunti a destinazione quello dell’accompagnamento dell’altro (e quindi di sé) nel mondo della conoscenza. Aumentando le consapevolezze personali miglioro la qualità della mia vita. Se in classe circolano emozioni potenzianti, queste continueranno ad accompagnarmi anche fuori, certamente nel rapporto con i colleghi, ma anche nella vita personale. Provate a pensare a quando tornate a casa dopo una giornata a scuola meravigliosa e come ci tornate dopo giornate faticose e pesanti. Non voglio dire che tutte devono essere meravigliose e leggere, sarei mendace, voglio piuttosto dire che l’abilità dell’adulto deve essere quello di accogliere sempre il lato evolutivo delle situazioni, anche nella fatica che comunque va sempre ascoltata e lasciata sedimentare. Se migliora il clima di lavoro con i propri studenti, allora migliora con i propri colleghi, allora migliora nella nostra vita personale e credetemi, si propaga nel mondo, un sorriso davvero cambia la vita. Sta quindi a noi da oggi, da ora, scegliere di essere Pandemia di Consapevolezza”