Nuovo reclutamento, Bianchi contro tutti: blocco unico dei sindacati per dire no alla riforma. Forze politiche preparano le modifiche per il passaggio in Parlamento

Anche Patrizio Bianchi potrà essere ricordato per una riforma del reclutamento insegnanti. Purtroppo, come molti predecessori, pare che il ricordo potrebbe essere negativo da parte del popolo della scuola e degli addetti ai lavori.
Per quanto riguarda il piano Bianchi per diventare insegnante, le critiche sono dirette tanto ai contenuti quanto al metodo utilizzato dal Ministro dell’Istruzione e dal Governo per cambiare le regole di un aspetto fondamentale del mondo scolastico.
Infatti, una delle domande che si sono posti in molti è la seguente: perchè inserire in un decreto legge una riforma così importante? Lo strumento ideale per un provvedimento del genere è il disegno di legge, che avendo tempi più distesi avrebbe potuto garantire quel percorso di condivisione parlamentare chiesto dalle forze politiche.
Tuttavia, non bisogna scordare che la riforma del reclutamento si inserisce all’interno di quella più massiccia legata al Pnrr e dunque, da palazzo Chigi, avranno puntato su questa strada per tale motivazione.
Ad ogni modo, una volta pubblicato il testo in Gazzetta Ufficiale, il decreto passerà in Parlamento, dove le forze politiche promettono interventi più o meno massicci: “Si lavora agli emendamenti per correggere il ‘pacchetto’ sul reclutamento dei docenti legato al decreto sul Pnrr, che ha avuto il via libera del Consiglio dei ministri”, dice il senatore Mario Pittoni, responsabile del Dipartimento Istruzione della Lega e vicepresidente della commissione Cultura a Palazzo Madama, spiegando che “il documento è deficitario in particolare su punti fondamentali quali abilitazione e stabilizzazione, di fatto ignorati”.
“L’impressione è che si cerchi di imporne definitivamente l’utilizzo con il ‘miraggio’ dei concorsi a cadenza annuale, che però, come ben sanno gli addetti ai lavori, nella scuola sono tecnicamente impraticabili. Servirebbero solo a giustificare un impianto sicuramente più veloce ed economico (che certamente piace al Mef), ma che, com’è largamente riconosciuto, comporterebbe uno scadimento senza precedenti nella qualità del corpo docente” , continua il parlamentare.
“Il Partito Democratico agirà perché il provvedimento sulla formazione degli insegnanti, previsto dal PNRR, sia realmente all’altezza delle esigenze di miglioramento qualitativo della scuola italiana attraverso la formazione degli insegnanti e la valorizzazione delle professionalità dei docenti. Si tratta di una riforma attesa da quando il ministro leghista Bussetti cancellò con un tratto di penna il percorso di formazione introdotto nel 2017, che per l’esigenza di rispettare la tabella di marcia prevista dal PNRR non è stata preceduta da una adeguata condivisione con le forze di maggioranza”, commenta Manuela Ghizzoni, responsabile scuola del Pd.
Testo da correggere anche per la capogruppo di LeU al Senato Loredana De Petris: “Il Decreto approvato dal Governo sulla Riforma per abilitazione e assunzioni docenti, incentivi di stipendio legati alla formazione presenta numerose criticità e va assolutamente corretto”, afferma.
“Il decreto – spiega la presidente De Petris – non risolve l’annoso problema del precariato e costringe i vincitori di concorso a una condizione paradossale: sino all’entrata in vigore fissata per il primo gennaio 2025 non potranno entrare in ruolo ma, in attesa di conseguire i 30 CFU, resteranno part-time e le ore restanti saranno coperte da neolaureati. Per quanto riguarda la formazione in servizio e la carriera, la proposta va molto oltre quanto previsto dal PNRR. Vista l’importanza della formazione continua, ma considerata la delicatezza in materia salariale, si ritiene che debba essere oggetto di contrattazione sindacale”.
C’è qualcuno della maggioranza, ad ogni modo, che plaude al piano Bianchi: “Il decreto Scuola appena approvato in Consiglio dei Ministri contiene il positivo principio del modello integrato tra formazione e abilitazione, attraverso le lauree abilitanti con 60 crediti aggiuntivi, fortemente voluto e sostenuto da Forza Italia”, dichiara in una nota la deputata di Forza Italia Valentina Aprea, responsabile del Dipartimento Istruzione del partito azzurro e capogruppo in commissione Cultura alla Camera.
Non negativo nemmeno il commento di Gabriele Toccafondi, deputato di Italia viva: “È importante che formazione e merito tornino centrali nella scuola italiana – ha affermato -. L’esperienza della legge 107 viene sostanzialmente ripresa. Certo, ora occorre che la formazione sia davvero di qualità e gli aumenti retributivi arrivino a chi li merita realmente”.
Sindacati di nuovo uniti
Quello che appare chiaro, invece, è il blocco unico che i sindacati della scuola hanno costruito su questa questione, avvicinandoli dopo mesi di frizioni.
Per Francesco Sinopoli, segretario generale FLC CGIL, si parla di “metodo inaccettabile merito altrettanto. È evidente che il ministero dell’Istruzione è stato commissariato da qualcuno a palazzo Chigi e al Mef che della scuola non ha capito nulla. Non ne conosce le priorità e i bisogni. Spicca l’assenza totale di un collegamento tra formazione e accesso all’assunzione a tempo indeterminato. Una questione che nel caso dei precari è cogente, tanto che l’unica strada che gli si prospetta è il concorso a quiz”.
E ancora: “Sulla base degli sviluppi di carriera prefigurati nella bozza del decreto, evidenziamo da un lato l’assenza delle elevate professionalità, dall’altro un ancoraggio della valutazione e della valorizzazione dei docenti ai soli percorsi formativi. Il provvedimento, dunque, non fa riferimento alcuno alle funzioni di sistema che costituiscono, nei fatti, la struttura del middle management e riduce il processo di empowerment del personale docente a una mera incentivazione salariale agganciata a percorsi formativi almeno triennali”.
“Si fa fatica a comprendere, e figuriamoci a condividerle, le ragioni che hanno indotto il Governo a varare un provvedimento che tocca temi di importanza fondamentale per la scuola senza il minimo confronto con le forze sociali e – lo apprendiamo da uno dei maggiori partiti di maggioranza – nemmeno con le forze politiche e parlamentari che sostengono l’attuale Esecutivo“, commenta la segretaria generale Cisl Scuola Ivana Barbacci, che fa notare come “agendo in questo modo il Governo non solo fa carta straccia degli impegni sottoscritti nel Patto per la scuola, ma pregiudica fortemente le stesse possibilità di un rinnovo del contratto, vanificando oltre tutto gli sforzi fatti per reperire faticosamente per la scuola risorse aggiuntive a quelle contenute nella legge di bilancio e poter delineare un livello decente di incremento retributivo, possibilità che rischia oggi di essere del tutto compromessa“.
“Il giudizio non può che essere molto negativo. Un provvedimento ‘insalata’ quello licenziato dal Cdm che ha una sua doppiezza. Parte con l’intento di disciplinare il reclutamento, che è materia riservata alla legge, e finisce con l’invadere pesantemente l’ambito della contrattazione che è una invasione inaccettabile della legge sulle materie contrattuali”, tuona anche il segretario generale UIL Scuola Pino Turi.
“Il Governo dimostra ancora una volta di non tenere in alcuna considerazione i risultati fallimentari di procedure concorsuali basate sulla valutazione delle nozioni possedute e non sulla capacità di saper insegnare e, soprattutto, di stabilire una corretta relazione educativa. Mentre il PNRR definisce prioritario il contrasto alla povertà educativa, il Governo propone, smentendo sé stesso, un reclutamento che non è coerente con le sue stesse intenzioni”, commenta invece Elvira Serafini, segretaria dello Snals.
Insoddisfatto del decreto sul reclutamento anche Rino Di Meglio, leader della Gilda: “Buttato giù all’ultimo momento senza confronto democratico e senza approfondire i problemi. La struttura del Ministero sembra proprio alla frutta”.
“Va bene un concorso all’anno, ma se non intervieni sui problemi che li hanno rallentati e reso complicato il percorso dei bandi hai solo scritto una guida. – conclude Di Meglio – Dopo anni di parole e promesse i diritti dei precari storici sono semplicemente ignorati”.
Netto il presidente nazionale Anief, Marcello Pacifico, “la riforma sul reclutamento, la formazione e la valutazione degli insegnanti approvata dal Governo rende più difficile e lungo il percorso della docenza, allontana i precari dalla stabilizzazione perché i concorsi semplificati porteranno in cattedra pochi candidati. Inoltre, questo genere di percorso a ostacoli mortifica ancora una volta il lavoro svolto in classe. A questo punto è evidente che il Parlamento debba modificare il testo, proprio per rispettare la dignità di un milione di insegnanti italiani”, conclude il sindacalista Anief.
Eppure, il Ministro Bianchi ha difeso la sua riforma: “È un percorso chiarissimo – ha detto Bianchi a proposito del nuovo reclutamento – in cui si dovranno avere, in quei 60 crediti, la competenze specifiche della pedagogia, cioè del come si insegna quella materia specifica e vi sarà anche una parte dedicata al tirocinio in classe accompagnati da dei tutor. La seconda cosa importantissima – ha aggiunto –abbiamo messo una grandissima enfasi sulla formazione degli insegnanti, che già sono in aula, su tutta la parte digitale, che non vuol dire solo saper usare gli strumenti digitali ma anche educare i nostri ragazzi a un uso responsabile e critico degli strumenti digitali. E tanta formazione incentivata per quanto riguarda la capacità di progettare la nuova didattica”.
Bianchi ci ha messo anche la faccia per quanto riguarda il concorso a quiz: “Mi assumo io tutte le mie responsabilità. La verità è che questo governo, con un decreto, che abbiamo votato tutti, ha deciso di usare per i concorsi strumenti computer-based, che vuol dire oggettività, vuol togliere tutte le discrezionalità da parte delle commissioni”, ha aggiunto il Ministro.
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