Nuove Indicazioni Nazionali, Corsini: “Si rischia di premiare solo chi parte avvantaggiato, la scuola deve essere inclusiva e non un luogo di selezione sociale” INTERVISTA

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Il 17 aprile, alla Camera dei Deputati si è svolta una conferenza stampa che ha visto la partecipazione di rappresentanti di associazioni, sindacati e realtà del mondo dell’educazione, della scuola e della ricerca.

L’incontro aveva come obiettivo principale ribadire il “no” alle nuove indicazioni nazionali per la scuola primaria, presentate in bozza l’11 marzo scorso. Il dibattito si è concentrato sulle possibili conseguenze di un’impostazione che, secondo molti, rischia di riportare la scuola indietro, accentuando le disuguaglianze e riducendo la funzione inclusiva dell’istruzione.

“Attenzione a non legittimare le disuguaglianze di partenza”

Ai microfoni di Orizzonte Scuola è intervenuto Cristiano Corsini, professore ordinario di Pedagogia sperimentale all’Università Roma Tre, che ha messo in guardia dai rischi di un uso improprio delle discipline scolastiche.

“Ogni sapere disciplinare ha un valore, ma è importante non usare le discipline come elemento di selezione o di classificazione sociale”, ha spiegato Corsini. Il timore, secondo il docente, è che alcune materie possano essere impiegate con una funzione meritocratica che finisce per legittimare le disuguaglianze di partenza tra gli studenti.

In particolare, Corsini ha sottolineato come la popolazione scolastica sia caratterizzata da forti differenze, già all’ingresso nella scuola, per quanto riguarda la lingua parlata e la cultura familiare. Se le discipline vengono utilizzate per premiare chi parte avvantaggiato, senza un lavoro didattico mirato a colmare i divari, il rischio è quello di trasformare le differenze in veri e propri svantaggi strutturali.

Inclusione e didattica: la sfida della scuola di oggi

Il messaggio lanciato durante la conferenza stampa è chiaro: la scuola deve essere uno strumento di inclusione e non di selezione. Premiare esclusivamente l’uso corretto della lingua, senza investire in una didattica che aiuti tutti gli studenti a migliorare, significa penalizzare chi proviene da contesti meno favoriti, come i bambini con retroterra migratorio. Le nuove indicazioni nazionali vengono così criticate per il rischio di accentuare le distanze sociali, invece di ridurle. Il dibattito resta aperto, ma il mondo della scuola chiede con forza che ogni riforma tenga conto della complessità e della diversità degli alunni, per garantire pari opportunità e una reale crescita collettiva.

Video intervista a cura di Patrizia Montesanti

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