Nove italiani su dieci sono preoccupati per il declino cognitivo e la demenza. L’esperto: “Più siamo istruiti, maggiore sarà la nostra riserva cognitiva da anziani”
Nove italiani su dieci sono preoccupati per il declino cognitivo e la demenza, patologie che interessano 2 milioni di pazienti e 4 milioni di caregiver nel nostro Paese. A preoccupare maggiormente sono la perdita di autonomia, l’isolamento e il carico emotivo ed economico che gravano sulle famiglie, anche a causa della carenza di servizi socio-assistenziali.
È quanto emerge da un’indagine dell’istituto ‘Emg Different’, presentata a Milano durante l’evento “Declino cognitivo e demenza: quanto ne sappiamo, cosa stiamo facendo e quale impatto sulla società e sul Servizio Sanitario Nazionale”, promosso da Neopharmed Gentili in occasione del mese dedicato all’Alzheimer.
“Con l’aumento dell’aspettativa di vita, la demenza è destinata a diventare un problema sempre più rilevante”, afferma Camillo Marra, presidente SINDem. “Intervenire preventivamente è cruciale per contrastarne la progressione. Agire sui fattori di rischio modificabili tra i 40 e i 60 anni, come fumo, alcol, sedentarietà, diabete e ipertensione, potrebbe ridurre del 40% l’evoluzione del declino cognitivo lieve in demenza”.
L’indagine rivela però una scarsa consapevolezza sulla prevenzione: quasi 1 italiano su 2 ignora che si può agire precocemente e solo il 29% sa che è possibile intervenire sul decorso della malattia. “Il declino cognitivo lieve è un campanello d’allarme da non sottovalutare”, spiega Alessandro Pirani, rappresentante Simg. “Il disturbo della memoria, spesso liquidato come un normale segno dell’età, è il segnale più evidente”.
Per questo è fondamentale promuovere la conoscenza e combattere lo stigma sociale, investendo in informazione e sensibilizzazione. La prevenzione, come sottolinea Marra, inizia già tra i banchi di scuola: “Più siamo istruiti, maggiore sarà la nostra riserva cognitiva da anziani”.