“Non si può bocciare, usare la penna rossa, non si può sgridare. Solo lodare, anche quando non c’è da lodare. Il mondo è fatto così?” Il punto di vista di Filippo Caccamo

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Riproponiamo un articolo del luglio 2024, che riteniamo ancora di interesse su un argomento fortemente dibattuto. Non fiori, ma opere di bene. Dove le opere di bene sarebbero costituite da una scuola che prepara alla vita e una famiglia che fa tre passi indietro di fronte a figli che hanno appena raggiunto il traguardo di quel che un tempo di chiamava maturità. E dove i fiori sono i mazzi di rose e di gladioli con cui i genitori accolgono l’entusiasmo dei figli neodiplomati davanti a scuola o addirittura nel corridoio antistante l’aula dell’esame.

Sullo sfondo, la puntuale polemica scolastica estiva. In attesa delle solite diatribe agostane sulle troppe lodi ammannite dalle commissioni degli esami di Stato nelle scuole superiori del Sud e dal presunto maggior rigore delle scuole settentrionali, il tormentone attuale riguarda la presenza dei genitori agli esami di maturità dei propri figli, accompagnata dai mazzi di fiori, dallo champagne, dai petali di rosa, in qualche caso anche dai fuochi d’artificio confezionati durante la notte prima degli esami dagli amici più affezionati.

Il tutto come premio per un evento che secondo i più critici evento non è, trattandosi semplicemente di una delle normalissime fasi del percorso scolastico di uno studente ma che secondo altri rappresenta un momento in cui l’amore familiare giustifica manifestazioni di vicinanza anche estremi.

E se ad alcuni piace ricordare i tempi in cui si andava a scuola in autobus oppure con la macchina dei genitori grazie alla patente appena conseguita, ma rigorosamente soli perché la maturità era una cosa intima – salvo poi sbizzarrirsi in futuro con fotografi e bomboniere di laurea – ad altri la polemica appare del tutto immotivata tanto sentirsi in dovere di chiedere di vivere e di lasciar vivere ché altri sono i problemi della vita.

Ma a lanciare il classico sasso nello stagno ci ha pensato Filippo Caccamo, il docente di lettere prestato al palcoscenico, reduce da pochi giorni dall’ennesima tournée da tutto esaurito nei teatri con lo spettacolo “Le Filippiche”. Caccamo ha redatto e pubblicato un post su Facebook, che in poche ore ha raggiunto centinaia di migliaia di utenti provocando una valanga di commenti con reazioni che in gran parte sostengono la sua dura presa di posizione contro la tendenza, tuttavia non mancano le prese di distanza.

Ma che cos’ha scritto Filippo Caccamo? “Il tema dei mazzi di fiori, rose, e feste enormi per l’esame di maturità – osserva il giovane insegnante – è solo la punta dell’iceberg di un processo. Un processo iniziato con ‘non si possono dare note, non si può bocciare, non si può usare la penna rossa, non si può sgridare’. Si deve sempre premiare, prosegue Caccamo, “sempre. Anche quando da premiare non c’è nulla. Si deve far credere ai ragazzi che il mondo reale è proprio fatto così.

Che all’università il professore ti capirà, sul lavoro il capo ti coccolerà, nessuno userà mai la penna rossa, anzi, al tuo minimo successo lavorativo premi e promozioni saranno lì, pronti per te.

La scuola, tanto colpevole quanto innocente, ha concesso il via libera a questo processo.

E i mazzi di fiori, per un orale preparato a metà, sono solo la punta dell’iceberg. Auguri”.

Le reazioni non si sono fatte attendere. In men che non si dica il post è stato rilanciato nelle pagine personali di tanti insegnanti e in quelli dei gruppi, con un moltiplicarsi di commenti. La professoressa Tarcisia di Raimondo scrive: “Ci pensavo in questi giorni, sono d’accordo. La penso esattamente così. Siamo ciechi davanti a certe storture, è incredibile. Alle mie figlie ho detto che finito l’orale, mentre tornano a casa a piedi, lascino qualche curriculum in giro, che non si sa mai. I ragazzi in tutto questo sono quelli che hanno meno colpe, sia chiaro”.

Il professor Giuseppe Vollono è più possibilista e liberale: “Mah, certo enfatizzare troppo può essere nocivo, ma è pur sempre un passaggio importante. Diciamo che ci vorrebbe solo moderazione”. Andrea Meloni, prof di geografia “I traguardi vanno premiati – scrive – ma non si può festeggiare una maturità come se fosse una laurea. Si è perso il senso della misura”.

Rita Traina sottolinea come “i festeggiamenti con spumante e fiori ci sono anche per gli esami di terza media… È giusto condividere il momento, che è sempre un traguardo, ma le esagerazioni lasciamole da parte”.

Altro che terza media, sembra dire Sarah Auci: “Ultimo giorno di 5 elementare, ripeto, ultimo giorno di 5 elementare – scrive – Ho assistito a orde di genitori con festoni, musica cori da stadio corredati da fumogeni colorati e il tutto per solennizzare l’uscita da scuola dei loro piccoli ancieli che portavano a termine (senza nemmeno l’espletamento degli esami, dal momento che sono stati aboliti da tempo) un ciclo (il primo) scolastico. Io sono disgustata di far parte di questa generazione di genitori pronti a fare la ola ogni volta che il figlioletto starnutisce. Così si perde il valore reale che ha sui nostri ragazzi e futuri donne e uomini per la costruzione del loro potenziale di celebrare i reali traguardi che vale di pena di lodare”.

Francesca Calzolari: “I miei genitori – rammenta la professoressa e genitrice – lavoravano a tempo pieno. Andai alla maturità in autobus, come un normale giorno di scuola, all’uscita solo i compagni. Come ti è andata? Cosa ti ha chiesto? E quella voglia di andare al mare. Per i miei la scuola era il mio dovere e diplomarmi in maniera decorosa solo il giusto epilogo. E ora da mamma la penso esattamente come loro”.

Simona Silvestri, docente appena pensionata, ricorda come su padre, “operaio, mia madre maestra comunale nella sperimentalissima scuola a tempo pieno prima che diventasse legge. Il pomeriggio ero a casa con mio fratello piccolo. Studiare era mio dovere. Alla maturità andai da sola, come tutti gli altri. Ora sono un’insegnante in pensione da un paio d’anni. Ho amato tanto il mio lavoro e i miei alunni. Credo che il rispetto per i ragazzi sia anche metterli davanti agli ostacoli da superare, fornendo loro gli strumenti per farlo. Accettare le sconfitte, provare le prime frustrazioni, trovare le motivazioni e le soluzioni per superarle e prepararli alla vita adulta passando per la scuola dove puoi trovare il supporto e la collaborazione di compagni di classe e di docenti. È più faticoso per tutti, ma i risultati a lungo termine sono apprezzabili”.

Monica Piaran, come tanti altri colleghi docenti, si dissocia dalle proteste. “Trovo questa polemica inutile e qualunquista – osserva – Sono ragazzi che concludono un ciclo di studi e le famiglie siano libere di stare vicine ai loro figli con un mazzo di fiori, una bottiglia o la semplice presenza. Ci lamentiamo di vivere in una società dove non c’è tempo per nulla, nemmeno per guardarsi in faccia. Che ci siano genitori che scelgono di esserci, anche solo per un come è andata? Mi sembra solo una cosa positiva”. Caterina Altamore è d’altro avviso: “Viva I genitori che ‘accompagnano’ i figli. Viva i fiori che festeggiano un traguardo…Abbasso chi pur di apparire dice ” cavolate”

Da un’insegnante, mamma”. Le fa eco Simona Querci: “Condivido e rafforzo il tuo pensiero – insiste – Che astio gratuito in quel post. Che ingenerosità verso famiglie e studenti.

Anche io insegnante e mamma”. La dirigente scolastica Laura Biancato tuona: “Un giovane insegnante con un pensiero di scuola vecchio, negativo e devastante. Che peccato”.

Filippo Caccamo, come le è saltato in mente di fare quel post? Ha visto quanti commenti?

“Sono contento dei commenti. La mia è una riflessione. Ognuno esprime il proprio giudizio. Mi è uscito di getto. Va bene tutto, figurarsi. A me a scuola più volte dissero che i campi hanno sempre bisogno di braccianti, quindi non è che non mi avrebbe fatto piacere ricevere un premio. So che cosa significa prendere 1…”

Lei prese 1 al liceo?

“Sì, nei paradigmi di latino. Però i campi che avrei dovuto coltivare me li ricordo”.

Quindi… meglio un mazzo di fiori

“Meglio un mazzo di fiori, certo. Ma non ci si può fissare su uno scandalo che scandalo non è. Il fatto che sembra che sia una a cosa dell’altro mondo. Fai verifiche in bianco e sei promosso, ed è chiaro che una delle mille sfaccettature di questo andazzo è che la maturità diventa il trionfo del nulla. Ma io non ce l’ho con i ragazzi, sia chiaro. Il mio discorso è se la scuola deve realmente preparare al mondo che verrà e se deve fornire gli strumenti come può pensare che non esistano delle indicazioni non sempre positive e che ma la minima cosa sia premiata? Ad essere premiate dovrebbero essere le cose estreme. Va premiata qualcosa che è unica, non far sentire tutti che sono amati e coccolati. In ogni caso si tratta di un processo così ampio che non posso risolvere in un post, io sono un semplice giullare”.

Invece il mondo reale com’è?

“Il mondo reale prima o poi ti farà capire che devi passare dalla meritocrazia. Il mondo reale è molto meritocratico. Prendiamo l’università: se sai, bene, se non sai, male. Come sul lavoro. Il mondo del lavoro è una giungla e arrivare spogli non ha senso. Non dico che devi entrare con un carro armato ma il mondo è quello lì: o parti dal gradino più basso o non ce la fai. E secondo me tirar fuori i ragazzi da un percorso un po’ più realistico della scuola potrebbe aiutare”.

Una piccola digressione: il Pcto potrebbe essere utile da questo punto di vista?

“Quello del Pcto è un tema divisivo. Io onestamente l’ho toccato poco ma è un’esperienza da ritenere positiva. Chi ne sostiene l’inutilità avrà delle motivazioni valide, ma io nella mia ignoranza la giudico quale esperienza positiva”.

Torniamo al discorso principale. E’ la scuola che ha permesso tutto questo? O è un trend da divertirsi da morire, come scriveva Neil Postman?

“Non lo so, io vedo tutto piatto, la gente è triste e assopita, addormentata e almeno scolasticamente, c’è un addormentamento generale che è un peccato. Te lo aspetti dagli insegnanti ma non dai ragazzi. Io non faccio mai di tutta l’erba un fascio, ma vedo tanto piattume”.

I ragazzi festeggiano la maturità ma poi non protestano granché contro i tanti ostacoli disseminati sui loro percorsi di studio: dai tolc ai test d’ingresso, al caro affitti, alle tasse universitarie, proibitive per molte famiglie.

“Guarda le proteste delle tende. Ho scritto alla paladina di quella protesta. E’ un po’ quell’assopimento di cui parlavo prima. Occorre smettere di dare tante cose per scontate, occorrerebbe semmai conquistarsi le cose ma le conquiste devono partire dalla consapevolezza di avere un disagio”.

Una dirigente scolastica ha scritto questo del suo post: “Un giovane insegnante con un pensiero di scuola vecchio, negativo e devastante. Che peccato”. Cosa risponde?

“Quell’opinione è più che condivisibile. L’altra faccia della medaglia, altrettanto valida, è il nuovo modo di fare scuola. Questo nuovo modo di fare scuola è giusto, la dirigente ha molta più esperienza di me e sicuramente punti di vista diversi rispetto al mio, tuttavia il mio pensiero non è vecchio ma semplicemente diverso. Il nuovo potrebbe passare ancora una volta da una maggiore razionalizzazione dell’esame ma ringrazio la dirigente perché come sempre i presidi esprimono il proprio pensiero in maniera serena e non astiosa, come invece capita spesso sul web”.

Tra qualche giorno questa querelle lascerà il posto alla solita, puntuale contestazione collettiva delle lodi riconosciute ai diplomati delle scuole del Sud a svantaggio dei diplomati e delle diplomate del Nord. Che cosa pensa in merito?

“E’ un discorso ampio. Dalla matematica non scappi. E’ naturale se c’è una polemica sul numero eccessivo di lodi il problema c’è, non nasce dal nulla. Sicuramente a mio avviso ciò non corrisponde al sentimento dei ragazzi. Chi ha un’intelligenza e una sensibilità è al netto di questi risultati”.

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