“Non capisco perché adesso va bene tutto”, Paolo Crepet contro la deriva educativa, tra limiti scomparsi e desiderio spento: “Educare i giovani togliendo il superfluo”

Un tempo, il “no” era una parola che pesava come un macigno, capace di tracciare confini netti tra ciò che si poteva e ciò che restava proibito. Oggi, invece, sembra essersi dissolta tra le maglie larghe di un’educazione che, per paura di deludere, finisce per concedere tutto.
Paolo Crepet, psichiatra e sociologo, non usa mezzi termini: “Mi sembra una cretinata”. Dietro la solita dichiarazione senza fronzoli, affidata alle colonne della Gazzetta di Parma, si cela una riflessione profonda su come la società stia smarrendo il senso del limite, con conseguenze che si riflettono sulle cronache di violenza giovanile e su un futuro che rischia di essere popolato da “orfani sociali”.
La “cretinata” secondo Crepet
Per Crepet, la radice dei problemi che affliggono le nuove generazioni affonda in una educazione senza regole, dove la logica del “così fan tutti” ha sostituito il dialogo e la spiegazione dei divieti. “Anch’io avrei voluto uscire fino a tardi la sera, ma mi è stato proibito e spiegato il perché”, racconta lo psichiatra, sottolineando come il cervello degli adolescenti non sia cambiato rispetto a quarant’anni fa: il desiderio di trasgredire resta, ma è compito degli adulti porre limiti chiari.
L’assenza di regole, avverte Crepet, genera “effetti nefasti sotto gli occhi di tutti”, tra cui l’aumento di episodi di violenza e disagio. “Se va sempre bene tutto, allora bisogna aspettarsi di tutto”, ammonisce, evidenziando il rischio di una generazione abituata a ricevere senza comprendere il valore della conquista.
La ricetta educativa dello psichiatra
La risposta di Crepet a questa deriva è netta: serve il coraggio di dire no e adottare quella che definisce la “strategia del togliere”. Secondo lo psichiatra, è “indispensabile eliminare il superfluo” dalla vita dei ragazzi, perché la sovrabbondanza di oggetti e concessioni ha prodotto un “tragico calo delle ambizioni”.
I giovani, abituati a ricevere tutto e subito, perdono il senso dell’attesa e della mancanza, elementi fondamentali per la crescita personale. “Non è vero che quello che offriamo è sufficiente per vivere una vita vera”, afferma Crepet, invitando genitori e insegnanti a recuperare il valore della privazione temporanea e della costruzione graduale del desiderio.
Solo così, sostiene, si possono formare individui capaci di affrontare le sfide della vita con responsabilità e autonomia.
Guardare al passato per costruire il futuro
Per Crepet, la chiave per ricostruire relazioni autentiche e un tessuto sociale solido si trova nel passato, non per nostalgia, ma per riscoprire pratiche e valori che oggi sembrano smarriti. L’esempio della bottega, dove il rapporto umano supera la semplice transazione commerciale, diventa simbolo di una quotidianità fatta di dialogo e attenzione reciproca. Al contrario, l’acquisto online o nei grandi centri commerciali alimenta l’anonimato e la solitudine.
“Oggi puoi comprarti tutto con un telefonino, ma non ti puoi comprare niente di veramente importante”, osserva lo psichiatra. Il futuro, conclude Crepet, passa da un ritorno alla spontaneità e alla relazione: “Se non ridiamo spontaneità alla vita quotidiana, rimarremo tutti soli e connessi”.
Forse la vera rivoluzione educativa non sta nell’inseguire l’ultima moda pedagogica, ma nel riscoprire il coraggio di togliere, di aspettare, di dire no. La sfida più grande, dunque, è restituire ai giovani il gusto della conquista e il valore della relazione. Perché, come ricorda Crepet, “il futuro è anche un ritorno al passato”: solo così potremo evitare di crescere una generazione di “orfani sociali”, soli davanti a uno schermo, ma incapaci di vivere davvero.