Niente voti e libri di testo. In aula non c’è la cattedra e si lavora in gruppo. Ecco le scuole medie che adottano il metodo Montessori

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Va forte la sperimentazione avviata nel 2021/2022 delle scuole secondarie di primo grado che adottano il metodo Montessori. E a giugno si dovrà decidere se inserire l’indirizzo nell’ordinamento oppure no.

Il metodo Montessori nelle scuole medie prevede aule dove manca la cattedra e i banchi sono a isole per lavorare in gruppi. Non ci sono libri di testo né voti numerici.

Sta andando bene, auspichiamo che il riconoscimento arrivi“, dice a La Repubblica Milena Piscozzo, preside del comprensivo Riccardo Massa di Milano, istituto capofila della Rete nazionale, e ideatrice del metodo: “Maria Montessori non ha fatto sperimentazioni sistematiche sui preadolescenti, ma ha lasciato indicazioni, che noi abbiamo usato insieme alle esperienze presenti all’estero“.

Nella preadolescenza, infatti, “le connessioni del cervello crescono in modo esponenziale — spiega — . E poiché l’apprendimento significativo avviene attraverso l’esperienza è chiaro che il metodo Montessori, che la mette al centro, è un valore aggiunto”.

Secondo Stefania Marra, insegnante di spagnolo del comprensivo 20 di Bologna, con questa metodologia didattica, i “ragazzi hanno una marcia in più, imparano a gestire tempi e spazi e apprendono un metodo di studio che gli permette di adattarsi a ogni situazione“, racconta.

Fra le varie attività svolte si segnala la scoperta dell’America, che in questi istituti si studia mettendosi nei panni di Cristoforo Colombo e lavorando anche in spagnolo e in inglese. Quindi si tratta di un approccio che parte dalla pratica e che si applica a tutte le materie, matematica compresa.

“Agli studenti Montessori, abituati a un ambiente che prevede grande autonomia, servirà un periodo di adattamento ad un approccio — abbastanza diffuso nella secondaria — passivizzante e nozionistico, che li lascia un po’ disorientati. Però, avendo imparato ad autovalutarsi e a correggere i propri errori, sanno capire come adattare i comportamenti e il metodo alle nuove richieste”, spiega Elisabetta Nigris, docente di Progettazione didattica e valutazione all’Università Bicocca di Milano e referente del monitoraggio sulla prima sperimentazione che nel 2016 coinvolse 4 scuole milanesi.

La preadolescenza, poi, porta con sé maggiori capacità dialettiche e di ragionamento metacognitivo rispetto ai bambini della primaria — aggiunge — , che consentono agli studenti di calarsi con più facilità nel nuovo contesto”.

Un metodo che piace sempre più alle famiglie e che, a quanto pare, porterebbe anche risultati positivi nelle prove Invalsi: “Grazie alla valutazione qualitativa — aggiunge Marra — imparano che il voto non giudica loro, ma la loro preparazione. L’errore è un’occasione per migliorare“.

E ancora: Alla base c’è la condivisione. I ragazzi lavorano in gruppi eterogenei e stringono rapporti forti”, dice Tatiana Giuranna, prof del comprensivo San Donato di Sassari, che sottolinea anche il legame con il territorio: “Molte attività si svolgono all’esterno, dalle esplorazioni della città alla scoperta della sua cultura“.

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