Neolaureati, il 60% ha subito contratto a tempo indeterminato. Dopo il Covid, smart working in aumento

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Tra i laureati occupati a un anno dal conseguimento del titolo, secondo quanto riportato dal report AlmaLaurea 2024, si osservano diverse forme contrattuali prevalenti. I contratti a tempo indeterminato rappresentano la modalità di impiego più comune, coinvolgendo il 34,9% dei laureati di primo livello e il 26,5% di quelli di secondo livello. I contratti a tempo determinato seguono da vicino, con il 30,0% e il 25,1%, rispettivamente. I contratti formativi costituiscono il 17,5% degli impieghi tra i laureati di primo livello e il 25,0% tra quelli di secondo livello. Infine, l’attività in proprio è scelta dal 10,1% dei laureati di primo livello e dall’8,4% di quelli di secondo livello.

Variazioni rispetto agli anni precedenti

Confrontando i dati attuali con quelli degli anni precedenti, emerge un incremento dei contratti a tempo indeterminato per entrambi i gruppi: +3,0 punti percentuali per i laureati di primo livello e +3,3 punti per quelli di secondo livello rispetto alla rilevazione del 2022. Al contrario, si nota una riduzione dei contratti formativi, in particolare tra i laureati di secondo livello (-2,7 punti percentuali).

I contratti a tempo determinato sono in leggero calo tra i laureati di primo livello (-1,1 punti percentuali) mentre rimangono stabili per quelli di secondo livello. Le attività in proprio mostrano stabilità per entrambe le categorie di laureati.

Situazione a cinque anni dalla laurea

A cinque anni dal conseguimento del titolo, la prevalenza dei contratti a tempo indeterminato aumenta significativamente. Il 72,7% dei laureati di primo livello e il 52,6% di quelli di secondo livello sono impiegati con questa tipologia contrattuale. I contratti a tempo determinato coinvolgono l’8,8% dei laureati di primo livello e il 13,9% di quelli di secondo livello.

I contratti formativi riguardano rispettivamente il 4,1% e il 9,0% degli occupati. Le attività in proprio sono scelte dall’8,9% dei laureati di primo livello e dal 17,3% di quelli di secondo livello. Rispetto al 2022, si osserva un aumento delle assunzioni a tempo indeterminato (+4,5 punti percentuali per i laureati di primo livello e +1,5 per quelli di secondo livello) e delle attività in proprio (+1,0 e +0,6 punti percentuali, rispettivamente). I contratti a tempo determinato sono in diminuzione, mentre i contratti formativi mostrano stabilità tra i laureati di primo livello e un lieve aumento tra quelli di secondo livello.

Lo Smart Working tra i laureati

Secondo la rilevazione AlmaLaurea del 2023, lo smart working è una modalità di lavoro adottata dal 15,7% dei laureati di primo livello e dal 24,9% di quelli di secondo livello a un anno dal titolo. Sebbene queste percentuali siano in calo rispetto al 2022 (-1,3 punti percentuali per i laureati di primo livello e -2,7 punti per quelli di secondo livello), lo smart working rimane più diffuso rispetto ai periodi precedenti la pandemia. A cinque anni dalla laurea, le percentuali di adozione dello smart working sono leggermente superiori, con il 17,6% dei laureati di primo livello e il 27,1% di quelli di secondo livello che lavorano da remoto.

Settori e tipologie di contratto nello Smart Working

I lavoratori in smart working tendono a ricoprire professioni intellettuali o altamente specializzate, operando prevalentemente nel settore privato. I settori più comuni includono l’informatica, le consulenze professionali, la comunicazione e il settore del credito e delle assicurazioni. I laureati che lavorano in smart working sono per lo più impiegati con contratti a tempo indeterminato. Queste tendenze sono confermate sia tra i laureati di primo livello sia tra quelli di secondo livello, a uno e cinque anni dal conseguimento del titolo.

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