Mobilità: perchè non valutare anni di servizio e titoli universitari? Lettera

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Gent.mo Ministro Fedeli, sono una giovane docente di sostegno, entrata in ruolo in seguito all’entrata in vigore della tanto discussa legge 107, in assegnazione provvisoria presso la città di residenza.

Non voglio spendere in questo momento altre parole per criticare o demonizzare questa legge, lo ritengo superfluo viste le ultime novità. Le scrivo perché, prima di essere docente, ho trascorso molti anni all’università, prima come dottoranda, poi come assegnista di ricerca.L’amore e la passione che mi muovevano nelle mie attività di ricerca mi hanno spinto a trascurare la scuola per dedicarmi con impegno alle mie ricerche. Ho scritto articoli, pubblicato un libro e collaborato con centri di ricerca di rilevanza  internazionale.

Come spesso accade in ambito universitario, la mia esperienza è finita per mancanza di fondi e per tanti altri motivi che non voglio qui elencare. Non rinnego nulla del mio passato perché sono stata sempre mossa da una grande passione, ma mi duole constatare che tanti anni di lavoro non vengano riconosciuti come titoli nella tabella di valutazione relativamente al discorso della mobilità.

Infatti, se il dottorato è riconosciuto come titolo, nessun valore viene attribuito agli assegni di ricerca e alle pubblicazioni. Un altro aspetto che non mi è chiaro è il motivo per il quale gli assegni di ricerca e le pubblicazioni sono stati valutati come titoli nel concorso per il personale docente (2016) e non nella domanda di mobilità. Vorrei inoltre precisare che, quando ero assegnista di ricerca, oltre a non poter lavorare a scuola, non potevo iscrivermi a master e corsi di perfezionamento, non maturando quindi punteggi per i titoli da inserire in eventuali concorsi, graduatorie o altro. Mi auguro quindi che una particolare attenzione venga posta su questo problema in vista della nuova domanda di mobilità.

Colgo l’occasione per augurarLe  buon anno.
Cordiali saluti,
Valeria Miceli

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