Mobilità, il punteggio nei trasferimenti annullato da criteri territoriali. Lettera
Inviato da Sara Boncompagni – Quando il trasferimento non è più un diritto…. A seguito della pubblicazione degli esiti della mobilità il 17 maggio scorso, vorrei condividere con queste redazione alcune riflessioni. Sono una docente di ruolo della scuola secondaria superiore, insegno ormai da quasi quindici anni a Modena, ma vivo e risiedo con la mia famiglia a Bologna.
A seguito della mia domanda di mobilità sul Comune e sulle scuole di Bologna, che reitero invano da qualche anno, mi trovo sempre nella condizione di chi vede soddisfatto il movimento, su sedi da me richieste, a colleghi che hanno per la maggior parte, se non del tutto, un punteggio considerevolmente inferiore al mio.
Rendo nota la situazione di questo anno: per la mia classe di concorso, nel comune di Bologna, in sedi da me indicate, sono stati trasferiti colleghi che avevano i seguenti punteggi (tali dati sono stati resi noti e pubblicati dall’Usr dell’Emilia Romagna nel relativo sito, chiunque può visionarli): 100, 83,100, 87, 67; di questi trasferimenti nessuno è legato a domanda condizionata o a precedenze previste dal CCNL.
II mio punteggio quest’ anno era pari a 122 punti.
La ragione di questo apparente squilibrio è presto detta: il decreto sulla mobilità, oramai da molti anni, prevede che godano del diritto della precedenza quanti richiedono la mobilità nel comune di insegnamento, a seguire quanti insegnano nella provincia, infine coloro che fanno richiesta tra una provincia e l’altra.
Ritengo che il punteggio di ogni docente indichi, oltre che l’ esperienza professionale, determinata dall’anzianità di servizio, il profilo culturale espresso dai titoli di studio. Mi chiedo però quale sia l’utilità di questo criterio se nella formazione di una graduatoria di mobilità questo stesso viene sistematicamente scavalcato da un diritto di precedenza legato all’insegnamento in un territorio piuttosto che in un altro. Per quali ragioni chi insegna già nel comune di Bologna può avere maggior diritto ad essere trasferito in altra scuola di Bologna, rispetto a chi fa la stessa richiesta, ma insegna nella città di Modena?
Forse che la professionalità di un docente la definisce il territorio di insegnamento? Esiste una sorta di “genius loci” che rende alcuni docenti “più uguali di altri”?
Alla soglia dei cinquanta anni non sono più disposta ad accettare in silenzio un criterio che ritengo apprezzabilmente discriminatorio e che difficilmente trovo coerente con il dettato costituzionale riguardante l’insegnamento pubblico: l’art. 33 del Secondo Titolo della prima parte della Carta Costituzionale recita al secondo comma che “La Repubblica- [non quindi la Provincia o il Comune]- detta le norme generali dell’istruzione” .