Mobilità, Ghizzoni (PD): “Occorre superare il vincolo quinquennale. Il Ministro Bianchi convochi un tavolo tecnico” [INTERVISTA]

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Manuela Ghizzoni è la nuova responsabile scuola del Partito Democratico. L’esponente dem, in un’intervista a Orizzonte Scuola, fa il punto della situazione sull’attualità scolastica.

Il tema della riapertura delle scuole è al centro del dibattito politico. Ritiene corretta la posizione assunta fin qui dal governo Draghi soprattutto nel contenere lo “strapotere” delle Regioni nella chiusura delle scuole?

“La scelta del Governo ha una ragione di fondo, condivisibile: assicurare, a livello nazionale, il diritto all’educazione e all’istruzione alla più ampia parte di studenti e studentesse, nonostante la pandemia. Una scelta non facile, ovviamente, che riguarda il rapporto di leale collaborazione tra i diversi livelli istituzionali della Repubblica per dare risposte efficaci alle istanze di cittadine e cittadini. La norma del recente decreto legge n. 44, che ha significato il ritorno in classe per circa 6 milioni di ragazze e ragazzi indipendentemente dal colore della regione di residenza (rosso o arancione) è, di fatto, una scelta coraggiosa che va oltre l’equilibrio di quel rapporto. Ma si tratta di una scelta politica assunta per dare un indirizzo unitario alle diverse decisioni prese da Regioni e Sindaci e che hanno determinato un quadro molto disomogeneo rispetto alla possibilità, per alunne e alunni, di frequentare la scuola in presenza. Ora è responsabilità del Governo – proprio in virtù della leale collaborazione che ho già richiamato – mettere in campo idonee misure affinché il rientro a scuola per tutti e tutte avvenga nel pieno rispetto della tutela della salute e quindi possano essere superate, nei fatti, le obiezioni avanzate dalle Regioni. Alla Camera è stata votata ieri una mozione delle forze di maggioranza che – grazie anche allo sforzo del Partito Democratico – indica chiaramente gli impegni, in termini di risorse aggiuntive e di azioni da adottare, che il Governo deve assumere affinché l’intera comunità scolastica possa riprendere le lezioni in aula in un clima di sicurezza e di benessere. Mi permetta una sottolineatura ulteriore: la pandemia ha dimostrato, una volta di più e con maggior forza, che la scuola è presidio educativo, formativo e civico, pertanto deve avere l’opportunità reale di essere connessa alla propria comunità di riferimento”.

Siamo ad aprile, ma occorre pensare già a settembre. Quali sono gli errori da non ripetere per un efficace ritorno in classe?

“Questo è il tempo per pianificare il rientro a scuola di settembre, senza indugi. Ovviamente non sappiamo come evolverà la situazione sotto il profilo epidemiologico e, quindi, quali saranno le condizioni a settembre: a maggior ragione occorre mettere in atto tutte quelle strategie che consentiranno di fare scuola in sicurezza. Due sono gli ambiti di intervento rispetto ai quali dare priorità: la tutela della salute e il versante dell’apprendimento e della socialità. Sul primo aspetto, stante le difficoltà di questi giorni, non è superfluo insistere sulla necessità di accelerare sul piano vaccinale per raggiungere l’immunità di gregge. Inoltre, per quanto riguarda i dispositivi di protezione, credo sia opportuno utilizzare parte dei finanziamenti del decreto legge Sostegni, in arrivo alle scuole, per l’acquisto di apparecchiature per una adeguata ventilazione delle aule: una nota del ministero dell’Istruzione in questo senso sarebbe utile per indirizzare la scelta dei dirigenti scolastici. Ma, più in generale, occorre incalzare l’aggiornamento delle precedenti raccomandazioni tecniche per la riapertura delle scuole, alla luce delle nuove evidenze scientifiche e delle esperienze acquisite durante l’anno. L’estate scorsa, i soggetti coinvolti dal precedente Piano scuola 2020-21, in particolare dirigenti e rappresentanti degli enti territoriali, furono costretti a lavorare in tempi ridottissimi per ri-organizzare l’avvio del nuovo anno: una esperienza “titanica”, velocemente obliterata da precoci chiusure delle scuole, soprattutto per l’incapacità del sistema Paese di mantenere attivo il sistema di tracciamento dei contagi. È evidente, poi, che il Governo deve mettere le conferenze dei servizi locali nelle condizioni materiali – e di risorse – per rendere realmente operative le strategie assunte su trasporti scolastici, orari di ingresso e uscita, conciliazione dei tempi di scuola e di lavoro. Per affrontare il secondo versante – apprendimenti e socialità – ci sono specifici finanziamenti destinati dal decreto legge Sostegni, rispetto ai quali le scuole possono candidare i propri interventi, alla luce delle esperienze maturate e delle necessità specifiche. Forse non sarà sufficiente, ma l’offerta formativa extracurricolare, il recupero della socialità, della proattività e della vita di gruppo potranno trovare risposte anche nei patti educativi territoriali, che nell’estate scorsa hanno dato vita a significative e diffuse occasioni di attività per ragazze e ragazzi: attività che si devono mettere a sistema e rispetto ai quali lo sforzo degli EELL va sostenuto dal Governo, soprattutto se si vogliono dare reali opportunità di partecipazione alle famiglie in condizioni disagiate, cresciute con la pandemia”.

La didattica a distanza, per tanti versi demonizzata, ha tenuto a galla il sistema nei momenti più difficili. Quando la situazione tornerà alla normalità, la Dad potrà essere riproposta? Se sì, come?

“La pandemia ci ha costretti ad un esercizio “strong” ma formativo, perché ci ha indotto a familiarizzare con piattaforme e strumentazioni che hanno stimolato la nostra capacità di reinventare, riprogettare, ridefinire i contenuti e le modalità dell’attività didattica, al pari di quelle della valutazione, al fine di permettere a studentesse e studenti di non ritardare la loro istruzione e formazione. Nonostante il Piano Nazionale Scuola Digitale, forse non eravamo adeguatamente preparati ad affrontare una sfida così improvvisa e diffusa. Tuttavia, penso che l’esperienza vissuta possa tradursi in una grande, prima lezione: l’aggiornamento costante su questi temi – in ogni grado di scuola – è necessario per la professionalità del docente. Nell’esperienza personale, limitata all’ambito universitario, l’innovazione tecnologica ha mostrato la possibilità di usare nuovi ambienti di condivisione, collaborazione, interazione con la classe e/o piccoli gruppi, particolarmente apprezzati dagli studenti ma difficilmente realizzabili nella tradizionale aula in presenza. Si è trattato di una opportunità di didattica partecipativa e di apprendimento trasformativo che, personalmente, non vorrei disperdere nell’esperienza in presenza, quando si potrà tornare a farla. Anticipo una obiezione: all’università si lavora con adulti, mentre il percorso scolastico parte da bambine e bambini con necessità didattiche specifiche. Ma su questi aspetti lascio la parola agli esperti, per ascoltarla con attenzione: è molto proficua la riflessione in corso sulla didattica, nel suo significato ampio (di saperi, per competenze, come modalità di mediazione e processo della valutazione), e sull’apprendimento nel rapporto con le tecnologie, affinché si possano generare buone pratiche per “accorciare le distanze” tra docente e discente. Ovvio che occorre impegnarci per rimuovere realmente il divario digitale, che ha agito come una scure sull’opportunità di apprendere per tanti studenti e studentesse”.

Sulla mobilità, invece, pende la spada di Damocle del vincolo quinquennale. La volontà politica per cancellarlo c’è, ma allora cosa manca davvero per eliminarlo? Solo una questione di “strumento” parlamentare? O c’è altro?

“Alla luce della mia precedente esperienza parlamentare, ritengo che la cancellazione di una norma vigente non sia mai un intervento operativamente facile… Non si dimentichi, ad esempio, che un emendamento di materia non strettamente connesso all’argomento di un testo legislativo è sottoposto al vaglio dell’inammissibilità per “estraneità per materia”. Nello specifico, non mi pare che i decreti in conversione ora in discussione tra Camera e Senato (i decreti legge nn. 30, 41 e 44) contengano già norme relative allo stato giuridico dei docenti e quindi modificabili con l’approvazione di emendamenti relativi, ad esempio, al cosiddetto vincolo quinquennale. Nel merito, credo che la norma possa essere superata. Ritengo che la permanenza di un docente neoassunto nella prima sede di servizio sia materia da includere nel contratto sulla mobilità: il Ministro convochi un tavolo con le organizzazioni sindacali che possa lavorare, con tempi distesi, al rinnovo complessivo della materia, per trovare il miglior equilibrio possibile tra i diritti dei docenti alla mobilità, i diritti di ragazze e ragazzi alla continuità didattica e i tempi organizzativi della scuola e del suo avvio al 1 di settembre”.

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