Mobilità 2021, appello docenti ai Governatori delle regioni del sud: siamo immobilizzati da più di cinque anni fuori provincia

Inviata da Olga Villani – Appello urgentissimo dei Docenti di ruolo di ogni ordine, grado e disciplina, titolari di cattedra fuori provincia e regione, immobilizzati da oltre cinque anni per inique procedure di mobilità territoriale.
Egregi Sig.ri Presidenti, siamo un folto gruppo di docenti di ruolo di ogni ordine e grado (dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado), titolari di cattedra in regioni o province diverse da quelle di residenza e impossibilitati a rientrare nelle proprie province del Sud con le ordinarie procedure di mobilità, e per questa ragione definiti “immobilizzati” ante L. 107/2015 o “esiliati” post L. 107/2015.
Abbiamo notato come, nel corso del Vostro mandato, abbiate prestato particolare attenzione alle problematiche relative al mondo del lavoro e, in particolare, abbiamo apprezzato la Vostra vicinanza ai lavoratori e alle lavoratrici in difficoltà, per la tutela dei quali avete sollecitato l’intervento del Governo.
Forti di questa Vostra giusta e comprovata sensibilità, abbiamo ritenuto opportuno metterVi a conoscenza di un’annosa vicenda, conseguenza dell’attuale sistema della mobilità dei docenti.
Una mobilità iniqua che continua a trattenere in regioni lontane dalle proprie famiglie, residenze e case migliaia di docenti, devastando irrimediabilmente la loro vita privata e professionale.
Signori Presidenti, siamo docenti e, in quanto tali, conosciamo bene, prima ancora che i nostri diritti, i nostri doveri.
Il nostro dovere di prestare servizio nella sede assegnata è sacrosanto! Ma quando tale dovere viene snaturato fino al punto di divenire una condanna al confino per il lavoratore, in quanto basato su ingiustizie manifeste elevate al rango di legge, allora crediamo sia il caso di fare appello alla tutela dei diritti umani e civili che deve essere garantita da ogni democrazia.
Facendo appello al diritto di petizione (art. 50 della Costituzione) noi docenti abbiamo chiesto l’intervento del Governo per un provvedimento d’urgenza (tra l’altro a costo zero, essendo già titolari di cattedra, e senza alterare il numero complessivo delle immissioni in ruolo, stante il fatto che i movimenti interprovinciali occupano delle cattedre liberandone delle altre) che garantisca il trasferimento straordinario interprovinciale su tutti i posti disponibili prima di nuove call veloci o immissioni in ruolo nel rispetto della normativa vigente che prevede la priorità del trasferimento sulle nuove procedure assunzionali (“Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione” n. 297 del 1994 all’articolo 470 comma 1).
Lo abbiamo chiesto:
– in nome del diritto costituzionale e umano alla famiglia, per noi e le nostre famiglie a cui abbiamo diritto di ricongiungerci;
– in nome del diritto costituzionale alla salute per il nostro benessere psicofisico e psicoaffettivo;- in nome del diritto alla salute e alla sicurezza che è fondamentale in tempo di epidemia, sollecitando un provvedimento d’urgenza (come da art. 3 del Contratto Collettivo Nazionale Integrativo concernente la mobilità del personale docente, educativo ed A.T.A. per gli anni scolastici relativi al triennio 2019/20, 2020/21, 2021/22 sottoscritto a Roma il giorno 6/3/2019);
– in nome del diritto a un’equa retribuzione economica, che ci è negata insieme al diniego di avvicinarci alle nostre residenze.
Nonostante le ragioni sopra esposte e benché sia stata consegnata brevi manu anche all’allora Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, al Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale Beppe Provenzano e al Ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia, tale petizione, la n. 628/2020 XVIII Legislatura e n. 594 alla Camera recante 2001 firme di cittadine e cittadini italiani, giace inascoltata da oltre 7 mesi.
Riteniamo pertanto giusto segnalare le ragioni che hanno portato al mancato trasferimento, a domanda, dei Docenti immobilizzati fuori sede.
Innanzitutto, un meccanismo illogico e contraddittorio di fasi e di aliquote di mobilità frutto di contrattazioni palesemente ingiuste e certamente rivedibili. La mobilità dei docenti, inclusa quella avvenuta per l’a.s. 2020/2021, si sviluppa in tre fasi:
– la prima fase è quella comunale (trasferimenti tra scuole dello stesso comune di titolarità);
– la seconda fase è detta provinciale (trasferimenti tra comuni diversi della provincia di titolarità;
– la terza fase è quella interprovinciale (trasferimenti tra scuole di due diverse province o regioni) e passaggi di cattedra e di ruolo (mobilità professionale).
Il contratto prevede che i movimenti vengano disposti seguendo l’ordine di queste fasi, dando inspiegabilmente precedenza alla mobilità comunale su quella provinciale e interprovinciale e alla mobilità provinciale su quella interprovinciale e, all’interno di ogni provincia, accogliendo prima i trasferimenti rispetto ai passaggi di cattedra e ai passaggi di ruolo.
Inspiegabilmente perché ne deriva che il docente titolare della scuola X di Napoli (regione Campania) ha diritto a trasferirsi alla scuola Y sempre di Napoli prima di un docente che abbia necessità di spostarsi e rientrare dopo anni e reiterati tentativi di avvicinamento da una scuola della provincia di Torino (regione Piemonte) a una della provincia di Napoli (Campania), dove risiede e dove spesso ha figli e coniuge vincolato dalla propria attività lavorativa a restare al Sud.
Per quel che riguarda invece le aliquote, va detto che la terza fase comprende, nell’ordine la mobilità territoriale interprovinciale e la mobilità professionale.
Le operazioni di mobilità del personale docente, relative alla terza fase, sul 50% dei posti disponibili dopo le prime due fasi (l’altro 50% va alle immissioni in ruolo) sono state previste e si realizzano nel triennio di validità del vigente contratto secondo le seguenti aliquote progressivamente decrescenti:a.s. 2019/20 il 40% delle disponibilità è destinato alla mobilità territoriale interprovinciale e il 10% alla mobilità professionale;a.s. 2020/21 il 30% delle disponibilità è destinato alla mobilità territoriale interprovinciale e il 20% alla mobilità professionale;a.s. 2021/22 il 25% delle disponibilità è destinato alla mobilità territoriale interprovinciale e il 25% alla mobilità professionale.
Risulta pertanto evidente che tale sistema dispone deliberatamente (1) una riduzione delle possibilità, (2) una diminuzione di trasparenza sul bacino delle disponibilità di cattedre e si traduce nei fatti in (3) una preclusione del diritto e della libertà di mobilità.
Inoltre, (4) l’aliquota del 50% dei posti disponibili dopo le prime due fasi da destinare alle immissioni in ruolo è un capolavoro di iniquità ovvero sembra giusto senza esserlo, in quanto fa appello a una equità, fra mobilità e immissioni, che non viene invece prevista per la mobilità di prima e seconda fase, laddove la mobilità senza distinzioni di fasi resterebbe comunque prodromica rispetto alle assunzioni secondo quanto disposto dal “Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione” n. 297 del 1994 (legge mai abrogata).
Le stesse contrattazioni, poi, abusando della rappresentatività di cui le OO.SS. sono state costituzionalmente investite, hanno dato il via a situazioni privilegiate per alcuni docenti (vedasi i docenti abilitati nel 2012) che, a fronte di un punteggio minimo o addirittura pari a 0, sono rimasti nella provincia di residenza rispetto a chi aveva maturato al momento dell’assunzione anni di precariato nelle scuole pubbliche e/o paritarie, generando il paradosso di docenti, come i sottoscritti, che pur avendo un punteggio più alto si trovano in Regioni lontane da casa e docenti che con un punteggio inferiore o senza alcun punteggio lavorano nella loro stessa provincia!
Tale meccanismo tuttora ostacola e in alcuni casi impedisce, di fatto, il trasferimento interprovinciale richiesto dai sottoscritti: si concede il diritto alla mobilità ma ne si preclude il godimento, privilegiando come si è visto addirittura la mobilità intra o sub comunale o nella provincia sopra tutte le altre e lasciando quote irrisorie ai docenti che lavorano fuori provincia e regione.
A ciò si aggiunga il mancato riconoscimento dei punti derivanti da anni di servizio ed esperienza didattica in scuole paritarie, pienamente riconosciuto – nella sua totalità – dal Ministero fino al momento della permanenza delle GAE, falsa e di fatto, abbatte il punteggio “reale”, creando disparità e disuguaglianze.
Altro elemento che rende difficile, se non impossibile, il trasferimento è costituito dall’alea della procedura stessa che non consente di prevedere quali posti si libereranno a seguito degli incroci fra molteplici procedure di mobilità a domanda su scala comunale, provinciale e/o nazionale.
Inoltre, a differenza di altre aziende e ambiti lavorativi, non è previsto a domanda del docente il rientro in provincia dopo un certo numero massimo di anni, il che obbliga a restare lontani da casa senza data di ritorno e con aliquote progressivamente decrescenti, con grave pregiudizio per il benessere psicofisico, affettivo ed economico del docente stesso e della sua famiglia.
E questo nonostante le ampie disponibilità: 1 cattedra su 9 è rimasta vacante dopo le operazioni di mobilità per l’a.s. 2020/2021 e si prevedono oltre 9.000 pensionamenti per l’a.s. 2021/2022.
Per non parlare dei meccanismi assurdi e fuori di ogni logica, oltre che assai poco trasparenti, previsti per le assegnazioni provvisorie di competenza degli Uffici Scolastici Provinciali territoriali.
Questi meccanismi ripropongono la priorità di assegnazione ai docenti che la richiedono su base provinciale ovvero di coloro che sono già vicini alle proprie residenze e famiglie, tagliando fuori invece i docenti titolari fuori provincia anche a causa di cronoprogrammi sconsiderati che nell’a.s. 2020/2021 hanno impedito agli immobilizzati ed esiliati di godere del diritto di assegnazione provvisoria lasciando posti vacanti e disponibili alle nomine di supplenti.
Denunciamo poi il fatto che le assegnazioni provinciali vengono disposte nell’ultima settimana di agosto mentre quelle interprovinciali per ultime, spesso nella tarda sera del 31 agosto, senza previsione di preavviso per la presa di servizio ovvero senza tenere in considerazione il disagio enorme dei docenti che il 1° settembre ossia il giorno dopo devono prendere servizio nella sede di titolarità anche a oltre 1000 km da casa.
Inoltre, il sistema è oltremodo illogico se solo si consideri che l’ultima mobilità del 2020 non ha tenuto affatto in conto la situazione emergenziale derivante dalla pandemia da COVID-19, tant’è che il 1°settembre 2020 molti dei docenti scriventi si sono visti costretti a raggiungere le sedi lavorative anche fuori Regione, nonostante la difficoltà e pericolosità degli spostamenti aggravate a causa della situazione epidemiologica ancora in corso.
Tuttora, i sottoscritti sono obbligati a spostarsi da una Regione all’altra, mettendo a grave rischio di contagio se stessi, le loro famiglie, e tutti coloro con i quali vengono in contatto.
Non va sottaciuta l’onerosità che comporta la vita fuori sede in un contesto di fragilità non solo sanitaria ma anche economica, tanto più che la categoria dei docenti immobilizzati non è contemplata da alcuna delle misure di sussidio economico previste dal Governo Italiano per l’emergenza che stiamo vivendo. Anzi: emendamenti a favore di un ristoro sono stati inspiegabilmente bocciati
.Pertanto ci rivolgiamo a voi, Egregi Presidenti delle Regioni del Mezzogiorno, portando alla vostra attenzione una questione, quella dei docenti immobilizzati ed esiliati che sono del Sud ma da anni lavorano al Nord, che è:
– prevalentemente MERIDIONALE e dovrebbe riguardare un patto tra comunità regionali;
– soffertamente FAMIGLIARE, perché questi docenti sono costretti a vivere lontano dai propri cari (coniugi, figli, genitori anziani) con stipendi al di sotto dei 1.500 euro mensili (doppie utenze, spese viaggi per poter rivedere le famiglie);
– annosamente FEMMINILE e con risvolti DEMOGRAFICI (si tratta di scegliere tra famiglia e lavoro e lo abbiamo ripetutamente sottolineato anche al Ministro per la Famiglia e le Pari Opportunità Elena Bonetti);
– INCOSTITUZIONALE (artt. 3 – diritti per tutti e 97 – principio di trasparenza e buon andamento della PA);
– ILLEGALE (priorità alla mobilità sulle assunzioni, cfr. “Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione” n. 297 del 1994 all’articolo 470 comma 1);
– pregiudizievolmente DISCRIMINATORIA (si consente ai provinciali di avvicinarsi un po’ di più a casa e si lasciano gli interprovinciali lontanissimo dalle famiglie);
– vergognosamente DISUMANA (per i silenzi e le lesioni dei diritti umani universali che stiamo subendo).
Alla luce di tutto quanto innanzi riferito, considerato: i gravissimi disagi che questa immobilizzazione ormai ultra quinquennale ci sta procurando; che tali disagi sono il frutto di scelte sbagliate e contraddittorie tradotte in leggi, circolari, contrattazioni collettive, in parte o in toto, compromesse da gravi profili di incostituzionalità; il diritto costituzionalmente garantito ad ottenere parità di trattamento con i lavoratori appartenenti alla medesima categoria; il diritto, ugualmente garantito dalla legge fondamentale dello Stato, a che la Repubblica rimuova gli ostacoli che, limitando di fatto l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana, che può realizzarsi solo attraverso un giusto equilibrio tra lo svolgimento del proprio lavoro e la cura della famiglia e dei propri cari; che l’immobilizzazione, rectius allontanamento forzoso e forzato dalla propria Regione, determina situazioni gravemente lesive per la dignità dei docenti cui essa si riferisce, considerato che tale situazione può essere assimilata, facendo leva sulla Vostra SENSIBILITÀ, in più occasioni dimostrata, verso i disagi dei lavoratori e delle lavoratrici del SudVi
CHIEDIAMO
di porre in essere qualsiasi intervento che possa consentire il rientro dei sottoscritti nei propri comuni di ricongiungimento e/o comuni limitrofi al di là di ogni vincolo e precedenza per salvaguardare responsabilmente la sicurezza, la salute e la cura della famiglia stessa: figli, coniugi, genitori e tutti gli affetti familiari, prevedendo, in via subordinata, una mobilità interprovinciale anche intercompartimentale ovvero verso altri ambiti della pubblica amministrazione (modalità prevista nel pubblico impiego) nel comune/provincia di residenza, al fine di consentire il rientro in famiglia e contribuire alla ripresa socio-economica dei territori del Sud sempre più “svuotati” e impoveriti.
Vi chiediamo, altresì, di intervenire sollecitando l’intervento del Governo, degli Uffici Scolastici Regionali e Provinciali e delle Organizzazioni Sindacali alle quali Vorrete rappresentare le nostre RAGIONI, onde sensibilizzare tutti sugli aspetti innanzi specificati relativamente alla mobilità e alle assegnazioni provvisorie, al fine di consentire una pronta risoluzione di questa tediosa situazione e consentire ai sottoscritti un giusto contemperamento tra le esigenze lavorative e quelle affettivo/familiari, fino ad oggi compromesse.
Certi di una Vostra fattiva collaborazione, attendiamo un positivo riscontro alla presente missiva che rappresenta un’àncora a cui aggrapparci e forse l’unico modo per vedere concretizzate le nostre aspettative.Nel ringraziarVi fin d’ora per l’attenzione che Vorrete riservarci, Vi porgiamo i più distinti saluti.
Nell’interesse di tutti i docenti di ruolo di ogni ordine e grado( dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado) titolari di cattedra in regioni o province diverse da quelle di residenza e impossibilitati a rientrare nelle proprie province del Sud con le ordinarie procedure di mobilità e per questa ragione definiti “immobilizzati” ante L107\2015 e “esiliati” post L 107\2015.