Mobbing e bossing a scuola: combatterlo, prevenirlo, sradicarlo
Dato che, in Italia, il mobbing è una pratica ancora poco riconosciuta – almeno dal codice penale – è bene mettere in atto delle strategie perché essa non si presenti affatto.
La prevenzione, in tal senso, è fatta di strumenti per arginare la pratica del mobbing e limitarne i danni (psicologici, economici, sociali ecc). Ma quali sono questi strumenti?
Informare e formare a scuola
Innanzitutto, è bene ricordare che la prima arma contro ogni fenomeno sociale dannoso è l’informazione, che spesso – e soprattutto in ambito scolastico – parte dalla formazione.
Formare e informare alunni e docenti (in classe i primi, e con corsi di aggiornamento appositi i secondi) è il modo migliore per far capire l’entità del terrore psicologico che provoca il mobbing sul posto di lavoro.
Strumenti didattici volti a suscitare nei discenti dell’empatia nei confronti del mobbizzato sono auspicabili perché il disagio provato da quest’ultimo penetri profondamente in chi non lo ha mai conosciuto. In tal modo, questo disagio si demonizza, così da essere considerato alla stregua di un reato vero e proprio – quale è in molti casi.
Ricerca e divulgazione
Tuttavia, lo scopo degli interventi di formazione sul mobbing non deve e non può essere quello (ideale) di estirpare il fenomeno, bensì quello (realistico) di controllarlo. Tutto questo, per prevenire il verificarsi di situazioni che possono essere terreno fertile per il mobbing, e limitare i danni a carico di eventuali mobbizzati, cercando di creare in loro un senso di empowerment.
A tal fine, è importante che scienza e ricerca collaborino – anche in un’ottica interdisciplinare – per avanzare la conoscenza comune del mobbing in tutti i suoi aspetti.
Università pubblica e centri privati dovrebbero impegnarsi anche a divulgare il più possibile i risultati della ricerca, chiamando a supporto psicologi del lavoro e medici (per spiegare i danni fisici e psicologici), avvocati (per capire come avanzare nella tutela del mobbizzato), nonché sociologi ed economisti, per evidenziare i danni del fenomeno a scapito dell’economia italiana e della società tutta.
Organizzazioni ad hoc
Inoltre, ci sono anche associazioni e centri specializzati che si occupano specificatamente del mobbing, e a cui le vittime di questo fenomeno possono rivolgersi.
Tra questi, vale la pena menzionare l’Associazione Italiana contro il Mobbing e lo Stress Psico-sociale, chiamata anche “Prima” poiché è stata appunto la prima nel suo campo.
I suoi scopi sono:
– promozione, sostegno e coordinamento di ricerche scientifiche sul tema, che portino a significative pubblicazioni e seminari dove si divulghino gli effetti del mobbing;
– sensibilizzazione, informazione, consulenza e assistenza sullo sviluppo post-formativo riguardo il tema del mobbing;
– prevenzione, cura e riabilitazione delle vittime del mobbing.
In particolare, a soci mobbizzati l’associazione offre anche un corso di autodifesa verbale (per rispondere agli attacchi del mobber) e un sensibility group, ovvero un secondo corso di formazione effettuato in gruppo, per allenarsi al conflitto e gestirlo al meglio.
Centri di disadattamento lavorativo
Più improntati alla riabilitazione e alla prevenzione medica in tema di mobbing sono invece i Centri di Disadattamento Lavorativo (CDL), che ormai sono fioriti in diverse parti d’Italia (normalmente in strutture ospedaliere).
Essi offrono assistenza specialistica a tutti i mobbizzati che abbiano subiti più o meno gravi danni psico-fisici in seguito a un trauma di mobbing, attraverso:
- prevenzione (valutazione socio-ambientale del posto di lavoro e prevenzione di condizioni di mobbing),
- diagnosi (visite e accertamenti mirati),
- terapia (farmacologica e non),
- riabilitazione (reinserimento del lavoratore mobbizzato nel suo ambiente di lavoro),
- didattica (brevi corsi e seminari per la prevenzione del disadattamento lavorativo).
In conclusione
In definitiva, si può dire che il fenomeno del mobbing sia talmente vario e complesso da richiedere una figura professionale specializzata (ibrida, a metà tra uno psicologo del lavoro e un legale) che svolga, all’interno dei vari istituti scolastici e nei diversi luoghi di lavoro, tutte le attività di monitoraggio, formazione e informazione succitate.