“Mio figlio? Mai fatto nulla!”, il muro dei genitori che negano ogni colpa. Dalla solidarietà allo scontro: perché mamma e papà oggi difendono i figli contro la scuola?

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Quando un insegnante segnala un comportamento scorretto, le risposte dei genitori seguono spesso tre schemi ricorrenti. Secondo un’analisi diffusa sui social, il 60% nega categoricamente la responsabilità del figlio, sostenendo che “non può essere stato lui”.

Un altro 38% ammette il fatto ma lo giustifica, citando provocazioni o comportamenti simili da parte di altri alunni. Solo una minima parte (2%) riconosce l’errore, pur difendendo il proprio figlio. I dati, seppur non scientifici, riflettono una tendenza sempre più evidente: la difesa a oltranza prevale sulla collaborazione con la scuola.

Il divario tra casa e aula

Molti insegnanti sottolineano che i bambini agiscono in modo diverso a scuola e in famiglia. Alcuni genitori rimangono stupiti nello scoprire che i figli, modelli di disciplina in classe, sono ingestibili a casa. Altri, invece, contestano apertamente i docenti, accusandoli di metodi obsoleti: “Dà gli stessi compiti da trent’anni, e prima nessuno si lamentava”. La sfiducia verso la scuola si unisce a una crescente deresponsabilizzazione delle famiglie, che spesso delegano agli insegnanti il compito di educare, anziché affiancarli.

La crisi dell’autorità e le conseguenze

In passato, le famiglie tendevano a sostenere gli insegnanti; oggi, molti genitori difendono i figli a priori, anche di fronte a episodi gravi. Un caso emblematico: una madre giustifica il figlio che ha aggredito un compagno perché “l’altro gli aveva lanciato palline di carta”. La mancanza di coerenza educativa e la scarsa collaborazione creano un circolo vizioso, in cui il problema del comportamento in classe peggiora. Alcuni propongono corsi di sostegno alla genitorialità, ma mancano investimenti concreti. Intanto, il clima nelle scuole diventa sempre più conflittuale, con insegnanti frustrati e alunni che percepiscono l’assenza di regole condivise.

Verso una soluzione

Servirebbe un patto educativo più solido, dove scuola e famiglia lavorino insieme, senza pregiudizi. Ma finché prevarrà la logica dello “scontro” invece che del dialogo, il problema resterà irrisolto.

La psicologia del diniego genitoriale: perché alcuni genitori rifiutano ogni critica

Il rifiuto categorico di alcuni genitori di accettare osservazioni sugli atteggiamenti scorretti dei figli rappresenta un fenomeno complesso, radicato in meccanismi psicologici e sociali. Quando un insegnante segnala un problema, la reazione immediata di molti è quella di negare l’evidenza, sostenendo che il proprio figlio “non potrebbe mai comportarsi così”. L’atteggiamento non è solo una questione di orgoglio ferito, ma spesso nasconde meccanismi di difesa inconsci, come la proiezione o la razionalizzazione. Per alcuni genitori, ammettere che il figlio ha commesso un errore equivale a un fallimento personale, come se il comportamento del bambino riflettesse direttamente la loro capacità educativa.

Un altro fattore cruciale è il bias cognitivo noto come “effetto alone genitoriale”: la tendenza a vedere il proprio figlio come fondamentalmente buono, indipendentemente dalle circostanze. Tale pregiudizio, unito alla crescente cultura dell’iperprotezione, porta molti adulti a minimizzare o giustificare azioni oggettivamente scorrette, trasformando ogni critica in un attacco personale. Non è raro sentire risposte come: “A casa è un angelo, deve essere colpa dell’ambiente scolastico”, oppure “Gli altri bambini lo provocano”.

Il confronto con le generazioni precedenti è illuminante. Trent’anni fa, se un insegnante segnalava un problema, la maggior parte dei genitori partiva dal presupposto che la scuola avesse ragione, e la conseguenza a casa era spesso una punizione. Oggi, invece, molti genitori mettono in discussione l’autorità docente prima ancora di ascoltare la versione del figlio. Questo cambiamento epocale riflette una società in cui l’individualismo e la sfiducia nelle istituzioni hanno eroso il patto educativo un tempo implicito.

Le conseguenze di questo diniego sono tangibili: bambini che imparano a non assumersi responsabilità, insegnanti demotivati e un clima scolastico sempre più conflittuale. Senza un’inversione di tendenza, che passi attraverso una maggiore consapevolezza psicologica e un dialogo più costruttivo, il rischio è che il muro tra scuola e famiglia continui a crescere, a discapito dell’educazione delle nuove generazioni.

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