Ministero dell’Istruzione perde troppi ricorsi e non ha soldi per risarcire docenti e personale. Scarsità di risorse economiche

Ennesimo caso di ricorso per ottemperanza avverso un provvedimento favorevole per il lavoratore. Nello specifico il caso riguarda la mancata adozione di un decreto di ricostruzione di carriera con riconoscimento integrale del servizio svolto nel ruolo di provenienza, al conseguente pagamento degli arretrati dovuti ed alla regolarizzazione contributiva. Si pronuncia il TAR, sottolineando però una questione particolare, che ora commentiamo e sui è il caso di riflettere.
Il fatto
Il ricorrente ha chiesto per il tramite del proprio legale l’esecuzione della sentenza con la quale veniva disposta la nuova ricostruzione di carriera. A fronte del provato inadempimento di parte resistente, l’amministrazione non forniva chiarimenti o indicazione in relazione alla mancata ottemperanza della sentenza in questione, con la conseguenza che sussistono tutti i requisiti per l’azione in ottemperanza, ai sensi degli artt. 112 ss. del c.p.a. Il TAR nella sua sentenza del 25/3/22 n° 3414, dichiara l’obbligo dell’amministrazione convenuta di dare esecuzione al giudicato mediante la ricostruzione della carriera della ricorrente, tenendo conto di quanto statuito nella sentenza di cui si chiede l’ottemperanza.
Troppi contenziosi con il MIUR soccombente, e carenza di risorse, costringono al giudizio di ottemperanza e alla compensazione delle spese
Sulla questione relativa alla condanna alle spese per la pacifica giurisprudenza, il TAR ha ampi poteri discrezionali in ordine alla statuizione sulle spese e, se del caso, al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali, ovvero per escluderla (Cons. Stato, Ad. Plen., 24 maggio 2007, n. 8), con il solo limite, in pratica, che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio o disporre statuizioni abnormi (per tutte, Consiglio Stato, Consiglio Stato, Sez. IV, 9 ottobre 2019, n. 6887; Sez. IV, 8 ottobre 2019, n. 6797; Sez. IV, 23 settembre 2019, n. 6352; Sez. V, 28 ottobre 2015, n. 4936; Sez. III, 9 novembre 2016, 4655; Sez. IV, 3 novembre 2015, n. 5012; Sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 891; Sez. IV, 22 giugno 2004, n. 4471; Sez. IV, 27 settembre 1993, n. 798). Anche in considerazione dei principi enunciati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 77 del 2018, il giudice ben può tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto, tra cui possono avere rilievo la natura del credito insoddisfatto (ad esempio, la sua natura alimentare), la durata dell’inadempimento, la ricerca di soluzioni extragiudiziarie per evitare la pendenza del contenzioso, la mancata esecuzione di precedenti sentenze già rese in sede di esecuzione, le questioni di carattere organizzativo quando si tratti di giudizi sostanzialmente di carattere seriale, l’esistenza di un diffuso contenzioso in materia, l’assenza delle risorse nell’attuale congiuntura economica e la difficoltà di disporre tempestivamente delle risorse necessarie per disporre i pagamenti. Il TAR può dunque anche tener conto del fatto che sia stata chiesta l’ottemperanza ad un giudicato basato sulla violazione della legge n. 89 del 2001, che notoriamente ha comportato l’insorgenza di un notevole contenzioso basato su ricorsi che per la loro semplicità possono essere presentati sulla base di schemi precostituiti, anche in assenza di particolari considerazioni di carattere giuridico. Alla stregua dei principi enunciati, in considerazione delle peculiarità della questione di lite, della serialità della controversia, delle difficoltà di carattere organizzativo connesse all’adempimento di un elevatissimo numero di controversie in relazione alle quali sono pendenti numerosi procedimenti giurisdizionali, l’esistenza di un diffuso contenzioso in materia, l’assenza delle risorse nell’attuale congiuntura e la difficoltà di disporre tempestivamente dell’adempimento di tutte le richieste delle parti (si veda tra le altre Cons. Stato 30.12.2020, n. 8517), ha concluso, che devono ritenersi sussistenti eccezionali motivi per compensare le spese di lite tra le parti.
Verrebbe da chiedersi, perché costringere il personale scolastico a ricorrere in Tribunale avverso questioni oramai pacifiche in giurisprudenza che vedono i lavoratori avere ragione in via assoluta? Perché non intervenire a monte, in via legislativa, evitando costi tanto per i lavoratori che per l’Amministrazione? Perchè non siamo un Paese civile e rispettoso dei diritti dei lavoratori. Questo è più che assodato.