Minacce agli studenti inerenti vita scolastica e personale: la docente dovrà risarcire il danno all’immagine della pubblica amministrazione?

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Una docente veniva condannata penalmente e veniva richiesto il danno all’immagine della Pubblica Amministrazione di appartenenza, quale conseguenza, come si legge testo della sentenza in commento, della “biasimevole condotta concretizzata in molteplici episodi di abuso della posizione dominante in qualità di docente nei confronti di alunni minorenni, pertanto in condizione di particolare soggezione morale e psichica, attraverso minacce, dirette e indirette, sia inerenti alla vita scolastica che alla sfera eminentemente personale degli studenti, oltre che con atti di vera e propria violenza fisica e psicologica”. Il caso in commento è tratto dalla Corte dei Conti del FVG, sentenza 8/2024.

La questione

L’Ufficio requirente, ha evidenziato da un lato, che i comportamenti antigiuridici posti in essere dalla prof.ssa – oggetto del giudizio e del procedimento penale – hanno, altresì, dato impulso al procedimento disciplinare conclusosi con la irrogazione della “sanzione disciplinare della sospensione dall’insegnamento per n. 6 mesi  e utilizzazione in compiti diversi, dall’altro, che “- sempre per analoghe e reiterate condotte di aggressività, offesa e mortificazione nei confronti dei propri alunni – erano già state comminate sanzioni disciplinari nei precedenti anni scolastici”.

La Procura – nell’esporre ampiamente le ragioni di fatto e di diritto, si legge nella sentenza,  a sostegno della domanda – riferisce, inoltre, che “la prof.ssa ha ammesso il compimento delle condotte così come attribuitele, pur se riferendole ad un periodo nella quale sarebbe stata gravata da pesanti e serie preoccupazioni”. La docente, nel costituirsi con memoria ha formulato istanza di ammissione al rito abbreviato di cui all’articolo 130, comma 1 c.g.c., chiedendo la definizione alternativa del giudizio, “mediante il pagamento della somma di euro 3.000,00  importo non superiore al 50 per cento della pretesa risarcitoria azionata in citazione”, “in ragione del concorde parere del Pubblico Ministero”.

A sostegno della richiesta nei predetti termini, la difesa della docente ha valorizzato, tra l’altro, “la resipiscenza manifestata dall’interessata nonché il significativo periodo di tempo trascorso dalle condotte a suo tempo contestate, cui ha fatto seguito, da ormai oltre tre anni, un ininterrotto servizio sempre alle dipendenze del MIUR senza criticità di sorta”.

Danno all’immagine della PA , si può chiedere dimezzamento con rito abbreviato

La Corte giuliana afferma che l’articolo 130, comma 1 c.g.c. prevede che “In alternativa al rito ordinario, con funzione deflattiva della giurisdizione di responsabilità e allo scopo di garantire l’incameramento certo e immediato di somme risarcitorie all’erario, il convenuto in primo grado, acquisito il previo e concorde parere del pubblico ministero, può presentare, a pena di decadenza nella comparsa di risposta, richiesta di rito abbreviato alla sezione giurisdizionale per la definizione alternativa del giudizio mediante il pagamento di una somma non superiore al 50 per cento della pretesa risarcitoria azionata in citazione”.

Secondo il comma 6, primo periodo dello stesso articolo 130 c.g.c., “Il collegio, con decreto in camera di consiglio, sentite le parti, delibera in merito alla richiesta, motivando in ordine alla congruità della somma proposta, in ragione della gravità della condotta tenuta dal convenuto e della entità del danno”.

Il successivo comma 7 prevede, poi, che “In caso di accoglimento della richiesta, il collegio determina la somma dovuta e stabilisce un termine perentorio non superiore a trenta giorni per il versamento. Ove non già fissata, stabilisce l’udienza in camera di consiglio nella quale, sentite le parti, accerta l’avvenuto tempestivo e regolare versamento, in unica soluzione, della somma determinata”. Ai sensi del comma 8, infine, “Il collegio definisce il giudizio con sentenza, provvedendo sulle spese”. Orbene, rilevano i giudici, dalla documentazione depositata dalla difesa, la convenuta ha correttamente e tempestivamente eseguito il decreto adottato ai sensi dei citati comma 6 e 7 dello stesso articolo 130 c.g.c. Così concludendo: “Conseguentemente, va dichiarata, nei confronti della convenuta medesima, l’intervenuta definizione alternativa del giudizio mediante l’avvenuto pagamento dell’importo di euro 3.000,00 (tremila)”.

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