Maturità negata a uno studente con DSA, il TAR respinge ricorso: “Il PDP non è pass automatico, non si garantisce il diploma senza adeguata preparazione”. SENTENZA

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Un caso complesso che mette in luce i limiti della normativa sulle difficoltà di apprendimento e il difficile equilibrio tra inclusione e valutazione. La bocciatura di uno studente con DSA all’esame di maturità, confermata dal TAR Piemonte (n.37/2025), apre, ancora una volta, una profonda riflessione sul ruolo del Piano Didattico Personalizzato e sulla discrezionalità delle commissioni d’esame.

Il ricorrente, che aveva contestato la valutazione ricevuta, si è visto negare il diploma nonostante l’applicazione delle misure compensative previste dal suo PDP.

Il caso

Il ricorrente, bocciato con un punteggio di 54/100, lamentava la mancata applicazione del suo PDP da parte della Commissione d’esame. Il nodo centrale della questione riguarda l’interpretazione della legge 170/2010 sui disturbi specifici dell’apprendimento: garantisce essa il diploma a prescindere dalla preparazione dello studente? Il TAR risponde negativamente, ribadendo il principio per cui il diritto allo studio non si traduce in un diritto al titolo di studio tout court. La legge prevede misure compensative e dispensative per consentire agli studenti con DSA di dimostrare il loro reale livello di apprendimento, non per abbassare gli standard richiesti per il superamento dell’esame.

Un altro aspetto degno di nota riguarda la discrezionalità della scuola nella valutazione. Il TAR conferma l’ampio margine di autonomia degli istituti, sottolineando che il giudice amministrativo può intervenire solo in caso di manifesta illogicità o contraddittorietà. Nel caso specifico, i giudici hanno ritenuto che la Commissione avesse correttamente applicato le misure compensative, senza la necessità di modificare le griglie di valutazione. Il punto è particolarmente delicato: quando è “necessario” adattare le griglie? La sentenza non fornisce una risposta univoca, lasciando intendere che la decisione spetti alla Commissione, caso per caso.

L’analisi delle singole prove rivela ulteriori dettagli. Nella prova scritta di italiano, la Commissione ha scelto di non penalizzare gli errori ortografici, concentrandosi sugli aspetti formali. La scelta, apparentemente a favore dello studente, potrebbe essere interpretata come una forma di “compensazione informale”, volta a valorizzare le competenze effettive al di là delle difficoltà specifiche. Tuttavia, la prova orale ha evidenziato carenze significative nella preparazione dello studente, nonostante l’utilizzo di mappe concettuali. Tale elemento ha probabilmente pesato sulla decisione finale della Commissione e del TAR.

Infine, la questione del secondo quesito della prova di indirizzo solleva il tema della coerenza tra programma ministeriale e contenuti delle prove d’esame. Il TAR ha ritenuto il quesito coerente con il programma, smentendo la contestazione del ricorrente. Pertanto, la sentenza del TAR Piemonte sembra suggerire un equilibrio tra l’esigenza di garantire pari opportunità agli studenti con DSA e la necessità di mantenere standard di valutazione adeguati per il conseguimento del diploma.

La personalizzazione dell’apprendimento, pertanto, non può prescindere dalla valutazione delle competenze effettivamente acquisite, che restano il parametro fondamentale per il superamento dell’esame.

SENTENZA

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