Maturità 2021, dovrebbe “pesare” anche il parere degli insegnanti. Lettera

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inviata dal  Prof. Fabio D’Agati  – Qualche giorno fa, la nostra Ministra D.S. Azzolina su Repubblica, sull’esame di Stato diceva: “Abbiamo chiesto agli studenti di farci delle proposte: lo scorso anno ci hanno presentato proposte ragionevoli; una decisione la prenderemo a breve, i ragazzi a causa dell’incertezza assoluta per le date che slittano come la tela di Penelope, hanno bisogno di avere certezze che il ministero deve dare.” Questa apertura della Ministra è lodevole ma soffre della stessa miopia che ha colpito il rapporto tra gli inquilini o le inquiline di Viale Trastevere e il mondo dei docenti.

In qualità di insegnante della scuola secondaria di secondo grado mi chiedo: ma non sarebbe il caso di chiedere anche a noi docenti? A noi che lavoriamo in qualsiasi situazione, che cerchiamo di trasformare qualsiasi richiesta, anche assurda in realtà sensata? O forse siamo considerati solo degli esecutori passivi?

Il sospetto che ci assale è che per i nostri Dirigenti noi siamo solo dei jukebox della didattica, delle macchinette automatiche in cui pigi il tasto ‘dad’ e senti la canzone giusta: ‘la lontananza sai è come il vento’; pigi il tasto ‘50% in presenza e 50% a casa’ e noi pronti a comporre una melodia usando una partitura senza armonia già sullo spartito.
Qualcuno poi, però, vorrebbe ascoltare ‘ ‘Asl o Pcto’ e via il pezzo intonato che ricorda il Celentano di ‘chi non lavora non fa l’amore…’. Oppure, perché non pigiare su ‘didattica digitale, o CLIL’? Del resto un po’ di musica elettronica o del buon pop americano siamo sempre in grado di eseguirlo. Ovviamente qualcun altro preferisce sentir suonare il vecchio refrain ‘educazione civica’ e noi giù con Gaber o De André. Ma a qualcuno manca tanto il motivo dell’educazione all’impresa e noi già pronti con i vecchi Pink Floyd e la loro intramontabile ‘ Money’.

I docenti però non sono jukebox, ma artigiani che vogliono capire cosa fare, soppesarlo, adattarlo ai loro alunni, vagliarne la sensatezza, la fattibilità didattica, la coerenza con gli strumenti già in possesso e quanto già richiesto alla scuola.

La scuola non è un secchio in cui gettare a casaccio le pretese di ogni nuovo governo che vuole solo marchiare il territorio per lasciare la sua impronta nella storia della scuola italiana. La scuola è di tutti, degli alunni, delle famiglie, ma, anche dei docenti che ci lavorano con passione e dedizione. Un docente non è un semplice dipendente, ma anche autore del proprio fare e dunque si sente compartecipe ‘dell’azienda’ di cui fa parte, lo Stato. Non puoi educare un buon cittadino se anche tu non impari ad esserlo e non capisci come esserlo. Non puoi formare teste che partecipano alla vita politica se tu stesso sei trattato da suddito.

Sarebbe ora che la finissimo di trattare i docenti da meri esecutori passivi, ciechi, muti e acefali, pronti a suonare partiture distoniche e disarmoniche scritte da altri ma che, con la nostra capacità, abbiamo sinora trasformato in musica almeno passabile.

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