Maturità 2019, appello ai docenti: boicottiamo simulazioni prove esame. Lettera

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Prof.ssa Marcella Raiola – Il testo che segue è redatto e diffuso dalla sottoscritta a titolo personale, per suggerire ai docenti una efficace forma di protesta contro l’imposizione, fuori tempo massimo, di prove d’esame banalizzanti e raffazzonate. L’indisponibilità al dialogo del Miur lede la libertà di insegnamento e la dignità professionale della categoria, i cui sforzi vengono arrogantemente vanificati e il cui parere tecnico, che dovrebbe essere vincolante e dirimente, viene deliberatamente ignorato.

La Scuola è stata trasformata in un laboratorio permanente di alchimie docimologiche e pedagogiche da sperimentare sugli studenti, usati come cavie, e sui docenti, trattati da servi sciocchi.

Il processo di adeguamento della Scuola alle pretese del sempre più pervasivo Mercato, culminato nel varo della contestatissima legge 107, infatti, ha obbligato i docenti ad estenuanti  e non condivise ridefinizioni di obiettivi, metodi e finalità di un apprendimento sempre più burocratizzato e sacrificato sull’altare di quelle nebulose “competenze” il cui statuto scientifico  è stato autorevolmente dichiarato inconsistente o inesistente, e che pure i docenti sono paradossalmente tenuti a certificare.

L’emergere delle innumerevoli criticità operative della “Buona Scuola” renziana non ha indotto  il governo attuale ad intraprendere politiche diametralmente opposte, né a porre un argine all’ossessione riformistica.

Il ministro Bussetti, infatti, invece di espellere il costoso, mortificante
ed autoreferenziale carrozzone Invalsi dalla Scuola e di eliminare la regressiva “alternanza scuola-lavoro”, ha emanato, in perfetta continuità con il governo precedente, e con la stessa intempestività, nuove direttive sull’esame di maturità.

Il fatto che le modifiche fossero anticipate nel decreto attuativo 62 del 13/04/2017, non deresponsabilizza il ministro, perché lo stesso decreto demanda esclusivamente al titolare del dicastero la facoltà di predisporre l’articolazione delle prove d’esame (art. 12, comma 4).

Non sono più contemplati né il tema di storia né la terza prova; sconvolto anche il format della seconda prova, che ora può integrare due materie, giustapposte in modo specioso e fuorviante; vanificato, infine, il contributo personale e critico degli studenti al colloquio, strutturato in modo grottesco, che prevede un lavoro preparatorio impossibile a svolgersi nel corso dell’esame e che finisce con il mettere al centro dell’orale l’esperienza di alternanza scuola-lavoro, che finora ha fatto peraltro registrare numerosi casi di abuso o di mancata attivazione.

Gli “esperti” che hanno stravolto la formula dell’esame, decidendo per tutta la categoria cosa è meglio testare e come, e stabilendo che è sufficiente fare un paio di simulazioni affrettate per indirizzare maturandi che da quattro anni stanno lavorando su diversi paradigmi compositivi e analitici, hanno candidamente ammesso che l’imposizione di un modello di esame differente serve  a retroagire sulla programmazione e sulle pratiche didattiche individuali, a costringere gli insegnanti, cioè, ad appiattirsi sull’ideologia (liberista) sottesa al modello di formazione disegnato dall’imprenditoria, e ad adottare i metodi pretesi dal suo prepotente dispiegarsi olistico.

Non solo! Gli stessi “esperti” hanno anche dichiarato che le griglie di valutazione che verranno imposte per uniformare i giudizi su tutto il territorio nazionale (altro schiaffo alla libertà di insegnamento) sono state approntate per impedire che gli studenti del Sud conseguano voti più
alti, cosa ritenuta disdicevole e sospetta.

Insomma: il vieto pregiudizio antimeridionalista, che il leghista Bussetti ha livorosamente mostrato di condividere e di voler alimentare, si è fatto legge!

E’ necessario esprimere la più ferma opposizione rispetto a un modus operandi che calpesta la nostra dignità professionale. L’esame nuovo, disancorato dalle discipline e quindi prodromo della regionalizzazione, sigilla e legittima una Scuola che “fa il dispari dentro le sue mura” (Erri De Luca), oltre a sdoganare il pensiero unico. Non è più il momento delle richieste di confronto. Da troppi anni il ministero intende il “confronto” come mera esposizione/imposizione dei suoi aut-aut.

La scrivente invita i colleghi e le colleghe a boicottare le già fissate simulazioni nazionali (la prima è prevista per il 19 febbraio), per dare un segnale forte e concreto della nostra indisponibilità a lasciarci asservire e a renderci complici dell’asservimento del paese a logiche e pratiche divisive che la Scuola è da sempre chiamata a contrastare.

Solo la disubbedienza civile unitaria può fermare i distruttori della storia unitaria di questo paese, che ci appartiene tutta intera, nel male e nel bene, e che trova nello sforzo perequativo profuso  dagli insegnanti la sua pagina più commovente e bella.

Il rifiuto di offrire collaborazione a un potere dimentico delle regole democratiche non determinerà un cambiamento immediato dello scenario politico, è ovvio, né un dietro-front sulla L. 107, ma potrebbe almeno approdare a una moratoria su questo esame passivante e depauperante. Sarebbe una prima vittoria, dopo tante sconfitte amarissime, una vittoria della nostra categoria e della dignità del Lavoro, che ispira la prima parte della nostra vilipesa Costituzione.

Non bisogna farsi inchiodare al “cosa fatta capo ha”, né soccombere alla ferale impotenza espressa dall’avverbio “ormai”, riflesso di una resa deontologica ed etica che è sempre deplorevole, ma che, quando riguarda gli operatori della Scuola, ha drammatiche ricadute sulla tenuta democratica di tutto il paese.

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